Nato, patto strategico o licenza commerciale di armi?


il Manifesto


Spenderemo di più in armi, questo ha deciso il vertice Nato del 70° compleanno. E intanto si resta ostaggio di Erdogan.


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Nato heads of government (front row L-R): Belgium's Prime Minister Sophie Wilmes, Albania's Prime Minister Edi Rama, Britain's Prime Minister Boris Johnson, NATO Secretary General Jens Stoltenberg, US President Donald Trump, Turkey's President Recep Tayyip Erdogan, Spain's Prime Minister Pedro Sanchez, (middle row L-R) Denmark's Prime Minister Mette Frederiksen, Estonia's Prime Minister Juri Ratas, France's President Emmanuel Macron, German Chancellor Angela Merkel, Greek Prime Minister Kyriakos Mitsotakis, Hungary's Prime Minister Viktor Orban, Iceland's Prime Minister Katrin Jakobsdottir, Italy's Prime Minister Giuseppe Conte, (top row L-R) Montenegro's Prime Minister Dusko Markovic, Netherland's Prime Minister Mark Rutte, Norway's Prime Minister Erna Solberg, Lithuania's Prime Minister Saulius Skvernelis, Portugal's Prime Minister Antonio Costa, Romania's President Klaus Iohannis and Slovakia's President Zuzana Caputova gather for the family photo at the NATO summit at the Grove hotel in Watford, northeast of London on December 4, 2019. (Photo by Adrian DENNIS / AFP)

Più che un summit è sembrato un consesso di bottegai dove non sono mancati i pettegolezzi. Spenderemo di più in armi – e ne venderemo anche di più – questo ha deciso il vertice Nato del 70° compleanno.

Ma già lo sapevamo: essere membri dell’Alleanza, ormai più simile alla Compagnia delle Indie che a un patto strategico, equivale a intestarsi una licenza commerciale in armamenti. Non sapevamo però che l’ambita membership nel club atlantico significa possedere un sorta di licenza di uccidere fuori da ogni regola, anche dell’Alleanza. Come fa la Turchia di Erdogan nei confronti dei curdi siriani, con la complicità diretta degli Usa e quella sostanziale degli europei, vulnerabili al ricatto di Ankara sui profughi e i foreign fighters.

L’unico a opinare sulla situazione è stato Macron che ha assunto arie alla Charles de Gaulle, il quale nel 1966 uscì dal comando militare Nato dove la Francia è rientrata soltanto nel 2009. Reso baldanzoso dal fatto che la Merkel è un’anatra zoppa e la Gran Bretagna si dibatte tra elezioni e Brexit, aveva dichiarato che la Nato è in «coma cerebrale» ma è stato rimbeccato da un Trump che, come lui stesso ha detto qualche settimana fa alla Casa bianca, si sente un «fan del presidente turco sin dal primo momento». E per essere convincente il presidente Usa, già innervosito per l’impeachment, gli ha subito assestato una manata in faccia di dazi su champagne e formaggi come rappresaglia contro la web tax francese sui colossi Usa di Internet, come Google, Facebook, Amazon.

È con taglieggiatori come Trump che manteniamo i piedi un ménage di convenienza in cui a tavola si parla più di marketing che di strategie, visto che non si sa più bene chi sia il nemico perché la favoletta della seconda guerra fredda con Mosca funziona soprattutto per mantenere le sanzioni alla Russia sull’annessione della Crimea. Del resto ancora ai tempi della cortina di ferro l’Urss aveva un’economia che era appena il 40% di quella americana mentre ora nella classifica per fatturato le aziende cinesi tra le prime 500 sono ormai più di quelle americane. Per questo Trump ha fatto pressioni per il 5-G anche su «Giuseppi» che fa finta di non capire le minacce di nuovi dazi, ben sapendo come tutti che non ci potrà essere una Nato anti-Pechino.

In realtà si è parlato anche di Cina, di dazi e di Internet, soprattutto di quote per la difesa da aumentare per soddisfare gli Usa, il famoso 2% del Pil, ricordato nel comunicato finale insieme all’impegno, sancito dall’articolo 5 del Trattato, che «un attacco contro un alleato deve essere considerato un attacco contro tutti noi».
Insomma i bottegai della Nato tentano di mostrarsi solidali almeno nella facciata ma in un video «rubato» a Buckingham Palace il premier canadese Trudeau ironizzava su Trump assieme a Macron e Johnson. E poi Trump, piccatissimo, ha bollato Trudeau, come «un ragazzo simpatico ma con la doppia faccia».

Liti da bottegai appunto, mentre fuori dagli ovattati saloni del vertice continua a scorrere il sangue, in primo luogo quello dei curdi siriani. In Rojava l’esercito turco, affiancato dalle milizie di mercenari jihadisti uccide, bombarda, saccheggia e tortura. A Tel Rifat, nel Nord della Siria, i colpi di mortaio hanno ucciso lunedì 8 bambini e due adulti in un campo giochi. Le foto ne mostrano altri mutilati, in faccia, alle braccia, alle gambe, uno ha un piede tranciato di netto. A Tel Rifat non ci sono postazioni militari da colpire ma la città è affollata da 25mila profughi provenienti dal cantone di Afrin occupato nel gennaio scorso dai turchi. La Nato sta perdendo la faccia di fronte a un autocrate che ci ricatta costantemente sui profughi e i foreign fighters e massacra i curdi siriani, i nostri alleati nella guerra al Califfato. Altro che festeggiare i 70 anni dell’Alleanza Atlantica. Qui c’è solo da vergognarsi.

Noi permettiamo a un esercito della Nato di fare stragi di civili senza fare e dire nulla. L’Alleanza Atlantica se ha dei valori, come reclama a vanvera, li sta facendo calpestare dalla Turchia senza muovere un dito. Quando Macron afferma che la Nato è in stato di morte cerebrale dice la cruda verità.

Al vertice di Londra Erdogan, minacciando di mettere il veto al piano di difesa per Polonia e repubbliche baltiche, aveva persino chiesto di inserire nella lista delle organizzazioni «terroristiche» le forze curde che hanno avuto 10mila morti nella lotta all’Isis. Non solo Trump ha lasciato massacrare i curdi andandosene dal Rojava senza avvertire gli alleati Nato, ma ha attaccato pure con Macron perché ha criticato il ritiro Usa. Non contento Trump, dopo un incontro con Erdogan, ieri ha elogiato l’intervento turco in Siria. «Il confine e la zona di sicurezza stanno funzionando molto bene e va alla Turchia molto del merito», ha dichiarato. Ora giudicate voi chi sono i veri terroristi di cui siamo complici. Saluti atlantici.

Alberto Negri

Il Manifesto

5 dicembre 2019

 

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