Napolitano: "Ringrazio la società civile"
La redazione
"Ai rappresentanti della società civile desidero rivolgere il mio vivo apprezzamento per il loro encomiabile impegno in Africa e nelle aree più povere del pianeta e per aver testimoniato nel mondo i valori di solidarietà ed accoglienza nei quali l’Italia si riconosce".
DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
GIORGIO NAPOLITANO
IN OCCASIONE
DELLA GIORNATA PER L’AFRICA Palazzo del Quirinale, 28 maggio 2009
Mi è sembrato giusto ospitare quest’anno al Quirinale le celebrazioni della giornata per l’Africa, in coincidenza con la Presidenza italiana del G8, per dare il segno più solenne della vicinanza dell’Italia ai problemi del continente africano e il Ministro Frattini ci ha appena offerto una ricca ed esauriente sintesi dell’impegno del nostro Governo e del nostro Parlamento e per riflettere sul potenziale di crescita di questo grande continente. Ho chiesto ad alcuni illustri relatori, che ringrazio per aver accolto l’invito, di intervenire alla celebrazione odierna per illustrare i rispettivi punti di vista, alla luce del loro rilevante impegno politico e professionale, sulle sfide e le opportunità offerte dall’Africa. Occorre infatti modificare l’immagine del Continente africano, troppo spesso dominata dai dati più negativi e inquietanti, e porne in luce – come già hanno fatto gli oratori che mi hanno preceduto – i recenti successi e le grandi potenzialità.
Desidero in particolare ringraziare il Presidente della Commissione dell’Unione Africana, il Presidente dell’IFAD, il Ministro degli Esteri del Mozambico, e il rappresentante dell’Organizzazione dell’Unità Africana per aver accettato di essere presenti all’incontro di oggi.
L’Africa riunisce in sé le sfide e le opportunità della globalizzazione : basti pensare alla salvaguardia dell’ambiente e alla sicurezza alimentare. Se c’è un continente che vive con drammatica evidenza i gravissimi problemi causati dai cambiamenti climatici, dalla dissipazione di risorse preziose, dalla scarsità di acqua, pur essendo straordinariamente dotato di ricchezze naturali, questo è proprio l’Africa. Ma l’Africa è anche un continente abitato da una popolazione giovane, orgogliosa delle proprie origini, che ha in sé grandi potenzialità da mettere a frutto nella vita sociale e politica dei Paesi di appartenenza. Forte e fragile allo stesso tempo, l’Africa ha compiuto incoraggianti passi in avanti sotto il profilo della crescita economica e della stabilità politica : il tasso di crescita del Continente africano negli anni 2000-2007 ha conosciuto un andamento crescente, giungendo al 6% nel 2007. La crisi economica e finanziaria che ha successivamente colpito i Paesi industrializzati ha interrotto questo ciclo di crescita e tali effetti negativi potrebbero ampliarsi se la comunità internazionale non metterà in atto misure adeguate a contenere i rischi della recessione e ad aiutare l’Africa a rafforzarsi ulteriormente.
Auspico che l’Africa, con cui condividiamo la difficile missione del dare valide risposte ai maggiori problemi del pianeta, diventi sempre più cosciente del proprio potenziale e delle proprie responsabilità. Le gravi situazioni di crisi e anche di guerra che ancora oggi si registrano in varie aree del continente sono all’origine di emergenze umanitarie e di drammatici fenomeni migratori che intaccano la dignità delle popolazioni più svantaggiate costringendo troppi esseri umani a diventare vittime di reti criminali che approfittano della loro miseria e si arricchiscono alle loro spalle.
Abbiamo il dovere di avviare, anche in rapporto a una politica europea dei flussi migratori e di accoglienza, un partenariato con i Paesi africani che permetta di mettere in moto o consolidare lo sviluppo ed aggredire le cause profonde della povertà. Ciò anche attraverso programmi al livello locale che consentano ai giovani africani di contribuire alla crescita dei loro Paesi e di trovare soddisfacenti sbocchi professionali.
Sappiamo bene che si tratta di un compito non facile da assolvere per noi e per le giovani Istituzioni africane che mancano spesso delle risorse umane e materiali necessarie ad affrontare l’impegnativa sfida di uno sviluppo equo e sostenibile. Ma proprio su questo punto è importante cogliere la sostanziale convergenza tra i due principi informatori dei grandi processi di integrazione continentale condivisi dall’Unione Africana e dalle altre Organizzazioni regionali africane: ownership e partnership. Alla consapevolezza da parte africana della propria responsabilità primaria (ownership) nel gestire le sorti del Continente, ed al sincero rispetto di quest’ultima da parte dell’intera Comunità Internazionale, deve infatti affiancarsi il costante, attivo sostegno dei Paesi più ricchi per una crescita politica ed operativa delle istituzioni collettive africane, continentali e regionali. Una partnership dunque non più limitata al tradizionale settore della cooperazione allo sviluppo economico e sociale dei singoli Paesi, ma che si estenda a tutto campo per rafforzare l’operato dei soggetti istituzionali impegnati nel processo di integrazione del Continente africano.
La crisi che mette a repentaglio le economie più fragili e incide sulle possibilità di intervento dei paesi più forti con strumenti adeguati, non deve innescare una spirale perversa tale da mettere in discussione i valori di solidarietà ed accoglienza, nel rispetto della legge, cui si ispirano le nostre democrazie.
Al contrario, la crisi deve rappresentare un’occasione preziosa per rendere più efficaci e moderne le istituzioni internazionali e far partire il processo di sviluppo dell’Africa su nuove e più solide basi.
In un tale contesto, dobbiamo innanzitutto superare il concetto di aiuto allo sviluppo basato su una logica asfittica che conduce a identificarlo nella mera assistenza dei Paesi ricchi a quelli più sfortunati, e, in questa visione, a considerare il continente africano come l’esempio paradigmatico della povertà bisognosa di sostegno. L’Italia crede che l’Africa debba sempre più essere l’area nella quale finalizzare gli interventi dell’Unione Europea, che è già il primo donatore nel continente, verso una crescente integrazione del sistema economico africano con quello europeo tendendo a garantire sbocchi adeguati alle produzioni locali.
A questo proposito, desidero ricordare che il Parlamento Europeo ha adottato nel marzo scorso una risoluzione “Un anno dopo Lisbona” per mantenere viva l’attenzione sul continente africano.
Il Parlamento di Strasburgo ha sottolineato che la metà della popolazione africana vive ancora in povertà e che l'Africa è l'unico continente che, nonostante la sua crescita negli scorsi anni, non sta compiendo progressi apprezzabili verso gli obiettivi di sviluppo del millennio, soprattutto per quanto riguarda la riduzione della povertà, la mortalità infantile, la salute materna e la lotta contro le pandemie. A ciò si aggiunge che la fuga dei cervelli priva il continente di buona parte della capacità intellettuale essenziale per il suo sviluppo futuro. Dunque, il rischio tangibile è che le risorse dell’Africa servano alla globalizzazione economica e finanziaria, ma che le sue popolazioni non traggano sufficiente beneficio dall’inclusione nella globalizzazione. E’ pertanto essenziale adottare una strategia per l’Africa che tenga conto della complessità dei problemi ancora da risolvere e che consenta anche di affrontare le nuove sfide globali come quelle imposte dall’approvvigionamento di fonti energetiche, dai cambiamenti climatici, dalla salvaguardia dell’ambiente.
L’impegno per uno sviluppo congiunto è infatti non soltanto un primario dovere morale a difesa della dignità dell’uomo, umiliata dalla povertà, dalle pandemie, dalla negazione di servizi essenziali; ma anche un investimento sul futuro comune, a beneficio sia dei Paesi meno sviluppati sia di quelli industrializzati. Uno sviluppo equilibrato e sostenibile reca con sé pace e sicurezza, utilizzo razionale delle risorse del pianeta, governo e stabilizzazione di dinamiche, come quelle migratorie, potenzialmente dannose, se tumultuose, per l’armonica convivenza dei popoli.
Gli obiettivi del Millennium Development Goals sono resi ancor più attuali dalla crisi dell’economia mondiale e appaiono ineludibili per far fronte alle sfide attuali.
L’Italia sostiene attivamente, in ambito europeo e multilaterale, la riflessione internazionale sulle prospettive dello sviluppo mondiale. A tal fine, nell’agenda della Presidenza italiana del G8 figurano – come ha rilevato il Ministro degli esteri – importanti momenti di incontro con i Paesi africani per un confronto costruttivo e franco sul mantenimento degli impegni presi dal G8 per combattere la povertà e su alcuni temi di prioritario interesse: sicurezza alimentare, salute, risorse idriche, nonché sulle misure di sostegno per le economie più deboli.
Altrettanto importante è l’esercizio in atto per migliorare il coordinamento, la coerenza e l’efficacia degli aiuti, esercizio iniziato nel 2003 proprio a Roma, sviluppatosi a Parigi e consolidatosi lo scorso anno in Ghana. D’altra parte, mentre il continente africano si affaccia all’economia globale forte del suo patrimonio di risorse umane e materiali, del suo ruolo tendenziale, delle sue potenzialità di mercato, e reclama a giusto titolo un posto di protagonista nelle scelte di governo del pianeta, l’Italia non a caso ha attribuito carattere prioritario agli interventi di cooperazione governativa destinati all’Africa a sud del Sahara, dove si concentrano maggiori emergenze e criticità.
Ritengo tuttavia necessario mettere in evidenza come nessun Paese desideroso di assicurare credibilità e coerenza alla propria politica di sostegno ai Paesi più svantaggiati – tanto più nell’attuale congiuntura economica internazionale – possa fare affidamento solo sull’azione dello Stato. Occorre infatti mobilitare le risorse e le energie presenti nella società civile, nel mondo dell’associazionismo, e nelle Fondazioni private.
Sono convinto che il contributo della società civile, in coordinamento con l’intervento dello Stato, sia indispensabile per una più efficace azione a sostegno dei Paesi più fragili e possa rappresentare un modello di proficua integrazione fra pubblico e privato. Ai rappresentanti della società civile qui presenti oggi, delle Organizzazioni Non Governative e delle Fondazioni desidero rivolgere il mio vivo apprezzamento per il loro encomiabile impegno in Africa e nelle aree più povere del pianeta e per aver testimoniato nel mondo i valori di solidarietà ed accoglienza nei quali l’Italia si riconosce.
A tutti gli intervenuti di oggi giunga il mio ringraziamento per essere qui presenti ed il mio incoraggiamento a continuare ad credere nell’Africa, nel suo sviluppo e nella sua prosperità.
Vorrei chiudere queste brevi note auspicando che le relazioni tra l’Africa ed i Paesi industrializzati e, in particolare, tra l’Africa e l’Europa possano divenire sempre più strette.
Il Premio Nobel Amartya Sen ricorda che “la globalizzazione non va interpretata come un fenomeno di occidentalizzazione del mondo”. Ed è certamente possibile portare avanti un processo di sviluppo equilibrato, sostenibile e vantaggioso per tutti gli attori in gioco. Abbiamo ancora molta strada davanti a noi, mi sembra tuttavia che stiamo uscendo dalla disperata ineluttabilità di un recente passato per aprirci ad un presente certamente complesso ma colmo di opportunità per lo sviluppo politico, economico e sociale dell’Africa.
Palazzo del Quirinale, 28 maggio 2009