Mostra fotografica “Figli di un dio minore”


La redazione


Le foto di Roberto Brancolini raccontano le storie di ragazze e ragazzi palestinesi arrestati dall’esercito israeliano. Inaugurazione della mostra a Padova il 3 luglio.


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FIGLI DI UN DIO MINORE

Storie di ragazze e ragazzi palestinesi arrestati dall’esercito israeliano

 

MOSTRA FOTOGRAFICA DI ROBERTO BRANCOLINI

 

Padova, Cortile Pensile Palazzo Moroni

3-18 luglio 2021 – ore 10-19

 ingresso libero

 

Inaugurazione sabato 3 luglio ore 18

 

Informazioni sull’evento

Le fotografie di Roberto Brancolini ci raccontano l’esperienza di adolescenti palestinesi arrestati dall’esercito israeliano nei Territori Occupati, nelle aree di Gerusalemme, Nablus e Hebron.

Ogni anno, Israele sottopone a processo tra i 500 e i 700 minori nei propri tribunali militari. I ragazzi sono arrestati, interrogati e detenuti dall’esercito israeliano. Si stima che dal 2000 a oggi, le autorità israeliane abbiano arrestato, processato e detenuto circa 13.000 minori palestinesi.

Secondo il diritto internazionale, la detenzione di minori dovrebbe essere una misura di ultima istanza e durare per il più breve tempo possibile. La legge civile protegge i minori arrestati in Israele, ma nei Territori Occupati della Cisgiordania si applica la legge di guerra e operano le corti militari. Oltre a ciò, secondo le denunce di molti osservatori, ragazzi e ragazze palestinesi subiscono spesso arresti e detenzioni arbitrarie.

Come documentato da DCI-Palestinee YMCA East Jerusalem,due organizzazioni che si occupano di diritti dell’infanzia, la maggioranza degli arresti segue uno schema che si ripete in maniera rituale, violando sistematicamente la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia delle Nazioni Unite, firmata da Israele.

Il rapporto “Senza Difesa” (2020) di Save The Childrensulla condizione dei minori palestinesi nelle carceri israeliane, raccoglie oltre 470 testimonianze di minori della Cisgiordania detenuti negli ultimi dieci anni. Dal rapporto emerge come, dopo l’arresto, vengano trasferiti in centri di detenzione per essere interrogati. Le testimonianze riportano di essere stati costretti a giacere a faccia in giù sul pavimento di veicoli militari, di non aver potuto usare il bagno, di essere stati bendati, privati di cibo e acqua e aggrediti fisicamente. I minori arrestati, inoltre, subiscono trattamenti disumani, come percosse, perquisizioni corporali, abusi psicologici, settimane in isolamento. Viene loro negata l’assistenza di un avvocato durante gli interrogatori.

Il momento più traumatico è quello dell’arresto che avviene generalmente in piena notte quando la famiglia dorme: è allora che i soldati dell’esercito israeliano fanno irruzione nella casa del minore, spesso in maniera violenta, sfondando la porta di casa e aggredendo i membri della famiglia. 

Eseguito l’ordine di arresto il minore viene portato in un insediamento o posto di polizia per essere interrogato, senza nemmeno avere il tempo di vestirsi adeguatamente. L’interrogatorio si svolge quasi sempre in assenza di un avvocato e della telecamera a garanzia dell’arrestato, che viene spenta durante le pressioni psicologiche o minacce, rivolte a lui o a alla sua famiglia, affinché rilasci informazioni su fatti e persone del suo quartiere o villaggio. Sebbene la Convenzione di Ginevra proibisca di trasferire un prigioniero all’esterno del paese occupato, spesso i minori condannati vengono condotti in una prigione in territorio israeliano.

Questi minori sono gli unici al mondo ad essere sistematicamente perseguiti attraverso un sistema giudiziario militare invece che civile. L’accusa più comune loro rivolta è quella di lancio di pietre. La pena per questo reato può arrivare fino a 20 anni di carcere.

Roberto Brancolini: fotografo freelance, si occupa di cronaca e reportage. Ha seguito lo sviluppo dei movimenti anti-globalizzazione in Italia, le vicende degli indigeni del Chiapas in Messico dopo la rivolta zapatista, le proteste di Gezi Park in Turchia. Più di recente ha svolto una ricerca fotografica sulle donne che migrano dall’Est Europa, conosciute come badanti, e da quando è stato costruito il muro di separazione in Cisgiordania segue il deterioramento delle condizioni di vita dei civili palestinesi. Collabora con la Tavola della Pace e con agenzie, riviste e quotidiani nazionali.

La mostra fotografica è organizzata da L’Osteria Volante APS, i gruppi InScialla e Labiba Network, l’Associazione per la Pace di Padova, in collaborazione con il Centro di Ateneo per i Diritti Umani “A. Papisca” dell’Università di Padova e con il Comune di Padova, Assessorato alla Cooperazione Internazionale, Diritti Umani e Pace.

L’iniziativa è promossa nell’ambito di Eventone 6 – Schiavitù moderne, ed è finanziata anche grazie al contributo dell’Università di Padova sui fondi previsti per le Iniziative culturali degli studenti.

 

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