Moderazione e dialogo: l’appello del Papa per Gerusalemme


Avvenire


Le parole del Pontefice dopo gli scontri con 50 feriti e le violenze del fine settimana, con l’uccisione di un manifestante palestinese di 24 anni


CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+
spianata_moschee_israele

“Seguo con trepidazione le gravi tensioni e le violenze di questi giorni a Gerusalemme. Sento il bisogno di esprimere un accorato appello alla moderazione e al dialogo. Vi invito ad unirvi a me nella preghiera, affinché il Signore ispiri a tutti propositi di riconciliazione e di pace”. Così il Papa all’Angelus di domenica 23 luglio in piazza San Pietro, dopo le violenze che durano da tre giorni, le proteste dei palestinesi e l’uccisione, sabato sera, di un manifestante palestinese di 24 anni, a al-Azaryeh, alla periferia di Gerusalemme. Il bilancio degli scontri di sabato a Gerusalemme Est registra inoltre una cinquantina di feriti, con anche contusi e intossicati da lacrimogeni. Il giorno prima invece erano morti in due differenti attacchi tre israeliani e tre palestinesi, e c’erano
stati circa 400 feriti.

L’appello di papa Francesco cerca di evitare che la religione venga usata per istigare al conflitto. Di fatto in questi giorni a Gerusalemme proteste e scontri nascono in reazione alla istallazione dei metal detector agli accessi della Spianata delle moschee. Israele dopo l’assalto terrorista del 14 luglio scorso ha disposto i controlli elettronici, che risultano però intollerabili per i palestinesi: il gran muftì di Gerusalemme ha vietato di entrare nella Spianata finché ci saranno i metal detector, e le preghiere si sono svolte nelle strade adiacenti.

I palestinesi affermano che eliminando i metal detector – sulla cui permanenza o meno discuterà questa sera il consiglio di gabinetto convocato dal premier Netanyhau – tornerà la calma. Più che un problema di diritto alla preghiera, sembra in questione il controllo della Spianata delle moschee. E già nei giorni scorsi, sia il vicario patriarcale per Gerusalemme e la Palestina, mons. Marcuzzo, che le altre chiese cristiane presenti a Gerusalemme, hanno espresso timore che le violenze portino a una qualsivoglia variazione dello statu quo sui luoghi santi.

Il Papa, che nella sua visita a Gerusalemme del maggio 2014 scese dalla Spianata al Muro del pianto, segue con attenzione l’evolvere della situazione. La pacificazione di questo pezzo di Medio oriente – cui rimane indispensabile la ripresa di negoziati diretti tra Israele e Palestina – è stata spesso evocata da papa Francesco, anche nel messaggio Urbi et Orbi di Capodanno 2017, e mentre non si può dimenticare l’invito rivolto da papa Bergoglio a Shimon Peres e Abu Mazen, a giugno 2014, a pregare insieme per la pace nei giardini vaticani.

Prima del suo appello per il dialogo e la moderazione a Gerusalemme, commentando la parabola del grano e della zizzania, papa Beroglio aveva spiegato che “il bene e il male non si possono identificare con territori definiti o con determinati gruppi umani, ‘questi sono i buoni, questi sono i cattivì, no”, e che “la linea di confine tra il bene e il male passa per il cuore di ogni persona”. Il Pontefice ha anche ricordato che è meglio “preferire la Chiesa, una Chiesa, che è lievito nella pasta, che non teme di sporcarsi le mani lavando i panni dei suoi figli, piuttosto che una Chiesa di ‘purì, che pretende di giudicare prima del tempo chi sta nel Regno di Dio e chi no”.

CondividiShare on FacebookTweet about this on TwitterEmail to someoneGoogle+

Lascia un commento