Miotto, La Russa vs le forze armate
Emanuele Giordana - Lettera22
Il titolare della Difesa contro i soldati italiani: lo avrebbero tenuto all’oscuro con mezze verità sul quadro che portò alla morte del caporalmaggiore nel Gulistan.
La morte di Matteo Miotto in Afghanistan, le polemiche seguite a una ricostruzione incompleta, i dubbie le ipotesi diventano uno scontro senza precedenti tra il ministro della Difesa Ignazio La Russa e i militari italiani: “È stata fotografata la fase finale e cioè che un cecchino ha ucciso Miotto che si trovava sulla garitta. Tutto vero – dice dal Gulistan, dove Miotto è morto, il titolare della Difesa – ma non era stata fornita neanche a me quella parte di notizia che inseriva questo evento nell'ambito di uno scambio di colpi durato diversi minuti. Poi magari ha sparato effettivamente un solo cecchino, ma certamente c'era la presenza con armi leggere, e quindi con gittata minore, di altre persone poi intercettate… 5, 6, 8 non è chiaro, certo più di quattro. L'ipotesi prevalente – aggiunge – è che abbia sparato una sola persona con il fucile di precisione…di sicuro c'è stato uno scambio di colpi durato diversi minuti, al quale gli italiani e lo stesso Miotto hanno preso parte, reagendo con prontezza». Poi l'affondo: “Non bisogna dimenticare che tutto è successo l'ultimo dell'anno in una base lontana, e che le notizie erano frammentarie: tutto ciò è una grandissima attenuante. In tutto questo, però, ho trovato un briciolo di quella vecchia impostazione di dire una verità che non allarmi. Io sono invece convinto che la verità non allarma mai e, in questo caso, va detta fino in fondo prima di tutto per rispetto di Matteo Miotto…gli è arrivato un colpo, ma è morto andando ad aiutare un suo compagno, sparando come era il suo dovere in quel momento, e venendo colpito mentre partecipava a un conflitto a fuoco. A me è stato spiegato – aggiunge – che mi sono state date le notizie certe e che hanno preferito non darmi quelle non confermate. Lo prendo per buono, tant'è che non ci sarà nessuna conseguenza. Non voglio accusare qualcuno, ma voglio ribadire che la mia dottrina, chiamiamola così, è quella della massima trasparenza. Anche perché non c'è nulla da nascondere”.
Insomma i militari dissero al ministro una mezza verità. Li giustifica e li perdona ma…uno scontro senza precedenti e accuse gravi specie se raccontate a un pugno di giornalisti e non oggetto, par di capire, di una meditata conversazione con la leadership militare. Ora molti parlamentari gli chiedono di riferire in aula. Dietro tutto ciò il Gulistan, dove, di 35 italiani morti in Afghanistan, gli ultimi mesi, cinque sono stati uccisi proprio qui, in questo distretto all'estremo Est della provincia di Farah, al confine con la provincia più turbolenta dell'Afghanistan, l'Helmand.
Secondo fonti militari la conferma della battaglia è tutta nei rapporti redatti a Herat ma la distanza dell'avamposto (circa 450 chilometri dal comando generale) e l'arrivo di notizie frammentarie e spezzettate avrebbe causato la prima approssimativa versione: “Miotto – spiega la fonte – fu effettivamente colpito da un cecchino ma durante un attacco all'avamposto, una sorta di perimetro rettangolare con torrette di guardia su una delle quali si trovava il caporalmaggiore”. La fonte spiega che il Gulistan è una zona difficile e ad alta conflittualità. Ci sono già stati incidenti e si ripeteranno. “Il distretto è tra quelli ad alta tensione nella provincia di Farah, già da tempo sotto responsabilità italiana ma dove per un paio d'anni hanno operato soprattutto gli americani”. Poi questi ultimi si sono ritirati e hanno lasciato la patata bollente agli italiani. “Per diminuire la pressione sulle proprie forze armate e poterle impegnare altrove, gli americani si sono ritirati e il controllo effettivo è diventato tutto italiano. Ma – aggiunge la fonte – in una situazione che resta difficile e dove il nostro approccio – più attento a conquistare la simpatia della popolazione locale – non si può applicare tout court nonostante, dicono i rapporti, la popolazione locale sia con noi”. Insomma nel Gulistan, il famoso “approccio italiano” non può funzionare in “tempi brevi”. Occorreranno mesi per “conquistare i cuori e le menti come si è fatto altrove”. Una versione confermata dalle fonti afgane. Gli americani – dicono gli analisti locali – hanno fatto “terra bruciata” con bombardamenti e pugno pesante e dunque l'“approccio italiano” non funziona perché nel Gulistan, e in generale nel Farah, la bandierina italiana si perde nella confusione delle mimetiche: prima americane, adesso italiane ma il prodotto non cambia.
Il distretto del Gulistan è una zona impervia che si insinua tra i confini delle province di Ghor e dell'Helmand, quest'ultima tra le aree più calde dell'intero Afghanistan. E' uno degli undici distretti della provincia del Farah, provincia che, con quelle di Herat, Badghis, Ghor, rientra sotto la giurisdizione del Comando Nato Ovest a guida italiana. E' nel Gulistan che è avvenuta nell'ottobre scorso la strage di quattro alpini. Poi Miotto. Ma adesso l'ultima miccia l'ha accesa La Russa.
Fonte: Lettera22, il Riformista
7 gennaio 2010