Mimmo Lucano: rifarei tutto!
La redazione
Parla per la prima volta di fronte al Tribunale che lo dovrà giudicare Mimmo Lucano e racconta come è nato il paese dell’accoglienza.
“Se quello di cui mi si accusa è di aver dato casa a disperati e agli ultimi del mondo, io lo rifarei”. Parla per la prima volta di fronte al Tribunale che lo dovrà giudicare Mimmo Lucano insieme a 25 collaboratori, accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e irregolarità di gestione nel modello del paese.
«È iniziato tutto nel 1998 – racconta ai giudici, andavo a scuola e ho visto il barcone approdato sulla spiaggia a Riace: mi sono fermato a dare una mano e da lì il senso della mia vita è radicalmente cambiato.
Con l’aiuto dell’allora vescovo Bregantini, abbiamo sistemato queste persone nel santuario del paese e quando, a settembre, abbiamo dovuto sgombrare la struttura per permettere l’afflusso dei pellegrini, li abbiamo spostati nelle case abbandonate del borgo: così è nato il paese dell’accoglienza».
Nell’aula del tribunale di Locri in cui si celebra il processo che lo vede imputato, Mimmo Lucano ha raccontato la sua verità. «Le cose stavano andando bene, il paese era rinato ed eravamo riusciti anche a creare una serie di borse lavoro che hanno consentito ai migranti di inviare rimesse economiche nel loro paese, proprio come per anni avevano fatto i nostri padri e i nostri fratelli emigrati in cerca di fortuna.
Da paese fatto di emigranti eravamo diventati un paese in grado di dare un futuro non solo agli stranieri ma a tantissimi giovani del posto che sono entrati nei progetti grazie alla formazione di nuove associazioni.
I problemi – racconta ancora Lucano, sono iniziati quando il comitato centrale del progetto Sprar inviò un’ispezione. Un’ispezione dai tratti molti strani, visto che il marito della persona che venne a fare il controllo era a sua volta impegnato in altri progetti d’accoglienza lontani da Riace».
“Quando gli sbarchi aumentarono in maniera esponenziale su tutto il territorio nazionale poi, la Prefettura «mi chiamava a tutte le ore per pregarmi di prendere altri migranti in paese. In un’occasione l’allora Prefetto Morcone mi chiese di accogliere 500 migranti tutti in una volta. Noi ci siamo sforzati e assieme ai comuni di Caulonia e Stignano, fummo in grado di ospitarne 200, meno di quelli richiesti ma molti di più di una città come Milano, che negli stessi giorni, dava la sua disponibilità per ospitarne 20.
Nonostante questo, tra le contestazioni che mi vengono avanzate ci sono le delibere di agibilità delle case, dove noi avevamo sistemato i nuovi arrivati proprio perché spinti dalla Prefettura. Mi accusano di concussione, e io non sapevo neanche cosa significasse questo reato. Quando i miei avvocati me lo hanno spiegato, solo allora ho realizzato che l’unica vittima della concussione ero io”.
11 luglio 2019
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