“Migranti con scotch in bocca? Mi hanno detto che era normale”
Mariagrazia Gerina - unita.it
Non fosse stato per lui nessuno ne avrebbe saputo nulla. Francesco Sperandeo, aiuto-regista in Tunisia ha avuto la prontezza di documentare il rimpatrio di quei due stranieri che viaggiavano sul suo stesso volo Roma-Tunisi.
Non fosse stato per lui nessuno ne avrebbe saputo nulla. Francesco Sperandeo, aiuto-regista di tante fiction televisive e regista di un cortometraggio girato in Tunisia (Bab al Samah. La Porta del perdono»), però, ha avuto la prontezza di documentare il rimpatrio di quei due stranieri che viaggiavano sul suo stesso volo Roma-Tunisi. «Nastro marrone da pacchi attorno al viso per tappare la bocca e fascette di plastica per bloccare i polsi». Protestare – racconta – non è servito a nulla. E però: «Sono riuscito comunque a rubare una foto!», si è messo a ticchettare su Facebook qualche ora dopo, postando quell’immagine che ha fatto il giro della rete, fino a diventare questione di cui il ministro dell’Interno dovrà riferire al Parlamento.
Come è andata?
«Stavo viaggiando per lavoro. Sono salito sul volo Alitalia Roma-Tunisi delle 9.20. Loro erano già a bordo, in fondo all’aereo. E avevano il nastro marrone da pacchi a tappare le bocca, mentre i polsi erano bloccati con delle fascette di plastica».
Cosa ha fatto quando li ha visti?
«Insieme a un collega con cui stavo viaggiando ci siamo alzati, siamo andati in fondo all’aereo e abbiamo chiesto per quale motivo quei due venissero trattati in quel modo».
Chi erano quelli a cui vi siete rivolti?
«Non so precisamente, credo fossero agenti».
Cosa vi hanno risposto?
«Ci hanno risposto che si trattava di una normale operazione di polizia, che non potevano darci spiegazioni e che dovevamo tornare al nostro posto
. Allora ho gridato: non credo che sia normale mettere il nastro attorno alla bocca di una persona. Non importa cosa avessero fatto, né per quali motivi venissero rimpatriati. Qui si tratta di diritti umani. Nulla, io credo, giustifica un trattamento di questo tipo. Per questo io e il mio collega abbiamo reagito: non potevamo guardare quella scena senza fare nulla».
Anche gli altri passeggeri hanno protestato?
«No, niente affatto. Anzi: hanno gridato a noi di tornare a posto, perché stavamo ritardando la partenza dell’aereo. Una indifferenza che mi ha davvero impressionato».
Dopo le vostre proteste, gliel’hanno tolto il bavaglio?
«Non subito. Hanno aspetto che l’aereo decollasse e poi gliel’hanno tolto».
Hanno detto qualcosa a quel punto?
«Parlavano in francese. Si lamentavano di essere stati trattati in quel modo».
Ha avuto modo di parlarci direttamente o di capire chi fossero?
«No».
Però ha scattato una foto e poi quando è sceso dall’aereo l’ha pubblicata su Facebook, perché?
«Perché volevo diffondere quanto più possibile quello che avevo visto. Mi sentivo impotente, perché non avevo potuto fare nulla. Sentivo che tutti noi che avevamo assistito a quella scena avevamo perso qualcosa: i due tunisini, gli agenti che li accompagnavano, noi passeggeri».
Fonte: www.unita.it
17 Febbraio 2012