Meno arrivi nel 2019, ma non è una buona notizia!
Avvenire
Il Centro Astalli lancia l’allarme in occasione della presentazione del rapporto annuale sulla sua attività di accoglienza migranti: più emarginazione dopo i Decreti Sicurezza. Il nunzio Zenari: silenzio su Siria.
Profughi siriani sulla rotta balcanica – foto di Francesco Malavolta
Se gli sbarchi nel 2019 si sono dimezzati non è una buona notizia, perché significa che i migranti in fuga da violenze e fame sono rimasti nelle carceri libiche, confinati sulle isole greche, a volte perfino relegati per settimane sulle navi che li hanno salvati.
Una chiusura crescente che ha coinvolto non solo i porti, confermata adducendo a motivo la pandemia da Covid-19, ma tutte le politiche di integrazione, gravemente peggiorate dai Decreti sicurezza.
«La vera emergenza non sono gli arrivi, ma la precarietà dei migranti forzati», è l’allarme lanciato dal Rapporto annuale del Centro Astalli dei Gesuiti per i rifugiati, che fa il punto sulla situazione dei rifugiati e sulle attività di volontariato dei sette centri in Italia della rete Astalli, animati da oltre 500 volontari nelle sette sedi territoriali di Roma, Catania, Palermo, Grumo Nevano (NA,) Vicenza, Trento, Padova.
A presentare stamattina via web il dossier è stato il presidente del Centro Astalli padre Camillo Ripamonti. Il Rapporto anche quest’anno fornisce dati e statistiche sulle principali nazionalità degli oltre 20mila rifugiati e richiedenti asilo assistiti, di cui 11mila a Roma.
«Nel 2019 migliaia di migranti hanno vissuto confinati in una sorta di limbo», denuncia il Rapporto annuale del Centro Astalli: «Dimenticati nelle carceri libiche, nei campi delle isole greche o persino sulle navi che li hanno soccorsi, lasciati in balìa delle onde per giorni mentre l’Italia e gli altri Stati dell’Unione europea ingaggiavano un vergognoso braccio di ferro su chi dovesse accogliere poche decine di persone. Solo 11.471 migranti sono approdati in Italia «con un calo di oltre il 50% rispetto al 2018 e del 90% in relazione al 2017».
Il Rapporto sottolinea dunque che «l’emergenza è la precarietà dei migranti forzati: abbiamo più volte denunciato anche con le organizzazioni del Tavolo Nazionale Asilo- spiega il centro Astalli – che la diminuzione degli arrivi è soprattutto legata all’incremento delle operazioni della Guardia costiera libica: nell’ultimo anno 8.406 persone intercettate nel Mediterraneo sono state riportate in Libia e lì detenute in condizioni che le Nazioni Unite definiscono inaccettabili».
La fuga dei migranti lascia segni pesanti sul corpo e la psiche. Spesso indelebili: «Circa il 35% dei pazienti che si sono rivolti al centro SaMiFo (Salute Migranti Forzati) – prosegue il Rapporto – sono risultati vittime di tortura o maltrattamenti, di tratta, di mutilazioni genitali femminili e portatori di disturbi post-traumatici. Nell’ascolto delle storie personali è emersa in maniera drammatica la rappresentazione dei centri di detenzione libici: luoghi fortemente traumatizzanti», dove torture e violenze di ogni tipo vengono esercitate quotidianamente su uomini e donne inermi.
E per il Centro Astalli le politiche migratorie italiane «restrittive, di chiusura, se non addirittura discriminatorie, che hanno caratterizzato l’ultimo anno, acuiscono precarietà di vita, esclusione e irregolarità, rendendo l’intera società più vulnerabile».
In tutti i servizi del Centro Astalli «si sono fatti sentire gli effetti dell’entrata in vigore dei decreti sicurezza. L’abolizione della protezione umanitaria, il complicarsi delle procedure per l’ottenimento di una residenza e dei diritti che ne derivano, e più in generale il moltiplicarsi di oneri burocratici a tutti i livelli, escludono un numero crescente di migranti forzati dai circuiti dell’accoglienza e dai servizi territoriali».
E dunque la richiesta di servizi di bassa soglia (mensa, docce, vestiario, ambulatorio) è alta in tutti i territori come testimoniato dai sette centri della rete del Centro Astalli.
Solo a Roma oltre 3.000 utenti hanno usufruito della mensa: tra loro ben il 35% è titolare di protezione internazionale. «Sono persone – spiega il Rapporto – che, uscite dall’accoglienza assistita, sono state costrette a rivolgersi nuovamente alla mensa in mancanza di alternative». Tra gli utenti dell’ambulatorio di Roma «è aumentata la presenza di donne migranti, soprattutto somale e nigeriane, arrivate di recente in Italia. Molte di loro, pur essendo portatrici di vulnerabilità importanti, sono escluse dai circuiti di accoglienza e vivono in condizioni di grave marginalità, con ripercussioni sulla loro salute». Nel complesso, il Rapporto descrive un anno, il 2019, al fianco di rifugiati e richiedenti asilo, con dati e statistiche sui servizi offerti alle 20.000 persone incontrate (di cui 11.000 a Roma).
Alla presentazione è intervenuto con un video messaggio Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni unite per i Rifugiati: «La condizione dei rifugiati si fa sempre più incerta. Oggi le persone in fuga dai propri Paesi sono più di 70 milioni, una cifra che aumenta di anno in anno, per non parlare degli apolidi».
Anche il nunzio in Siria, il cardinale Mario Zenari, è intervenuto in video: «Nel gennaio scorso, papa Francesco metteva in guardia da una coltre di silenzio che rischia di coprire una guerra che ha devastato il Paese. Una giornalista fuggita da Aleppo nel 2016 – ha ricordato il cardinale Zenari – scriveva: noi siriani siamo lasciati soli a morire, uccisi nei modi più crudeli ma quello che è più difficile accettare è venire uccisi in silenzio. I siriani stanno attraversando una via dolorosa migliaia di chilometri, una via dolorosa per 12 milioni di loro tra sfollati interni e rifugiati».
Luca Liverani
Avvenire
21 maggio 2020