L’ultimo affondo della Lega contro gli immigrati: via la cassa integrazione
Ambra Murè
Nello stesso giorno in cui il Papa si appella alla necessità di rispettare sempre i diritti fondamentali e inalienabili dei migranti, la Lega mette sul piatto una nuova, controversa proposta. Di seguito la lettera di Nino Sergi di Intersos.
Nello stesso giorno in cui il Papa si appella alla necessità di rispettare sempre i diritti fondamentali e inalienabili dei migranti e mentre nel Pdl divampa la polemica sul riconoscimento della cittadinanza agli stranieri, la Lega mette sul piatto una nuova, controversa proposta: introdurre un tetto alla cassa integrazione per gli immigrati. “Per i lavoratori residenti sul territorio nazionale non cittadini italiani ovvero comunitari destinatari di qualsiasi trattamento di sostegno al reddito – si legge nel testo dell’emendamento alla Finanziaria presentato dal deputato del Carroccio Maurizio Fugatti – la durata del beneficio non può essere per l'anno 2010 superiore a sei mesi”.
Dimenticando il contributo che i “non italiani” danno alla nostra economia (circa il 10% del Pil) e al bilancio dello Stato (7 miliardi di euro di gettito contributivo, oltre 3 di gettito fiscale), Fugatti argomenta che “le risorse sono quelle che sono e prima di tutto dobbiamo guardare ai cittadini italiani”. La storia è sempre la stessa: parlare alla pancia degli elettori, per mettere in atto quella che la Cgil definisce “un’iniziativa xenofoba” e il Pd bolla come “un emendamento palesemente incostituzionale”. “Una proposta inqualificabile”, tuona il deputato Bruno Tabacci. Inqualificabile e, per di più, “priva di senso”. “Dei non italiani – spiega Tabacci – abbiamo bisogno per reggere il processo di sviluppo del Paese”. E questo i bravi imprenditori del Nord Est che votano Lega lo sanno bene…
Fonte: Articolo21
27 novembre 2009
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Pubblichiamo la lettera di Nino Sergi di Intersos
Sabato 28 Novembre 2009
Caro Onorevole Bossi,
se è vero che sull’immigrazione il linguaggio e le opzioni politiche della Lega sono duri e intransigenti, è vero anche che in alcune delle città amministrate dalla Lega l’integrazione degli immigrati è visibile e positiva. Questo fatto mi induce ad aprire un dialogo con lei.
Lo faccio perché seguo queste tematiche fin dagli anni ’70, quando ero nella Cisl di Milano e con Cgil e Uil, alcuni docenti e studenti universitari e alcuni politici locali abbiamo centrato l’attenzione sul tema dell’immigrazione. Era il periodo in cui il Censis aveva realizzato il primo importante studio in merito e i dati, Istat e altre fonti affidabili, davano in Lombardia circa 50 mila stranieri, su un totale tra 320 e 400 mila stranieri residenti o temporaneamente presenti in Italia.
All’epoca, con quei numeri ancora molto limitati, non sarebbe stato difficile mettere le basi per una sana, equilibrata, umana e al tempo stesso severa gestione dell’immigrazione. Ma la Politica è stata per ancora molti anni disattenta, possiamo dire fino al 1990, mentre l’Italia stava inesorabilmente cambiando. Ed è stato un grave errore.
Il nostro paese sta continuando a cambiare e la Politica non deve fare lo stesso errore di allora, limitandosi all’oggi senza guardare lontano. La storia muta, ineluttabilmente, e così le società e le dinamiche sociali a livello nazionale e internazionale, anche se la Lega vorrebbe fermarle. Anch’io talvolta lo vorrei. Ma sappiamo che non è possibile ed è compito della Politica prevedere tali cambiamenti e le loro conseguenze future per poterli governare.
Ha pensato a cosa potrà significare nel 2050 (cioè domani) un’Europa con un deficit di manodopera di 50 milioni di persone e un’Africa che avrà probabilmente 4-500 milioni di persone in più? Ritiene davvero che si possa continuare ad affrontare simili problemi con la sola politica del contenimento e del respingimento?
La Lega ha saputo fiutare il cambiamento: usi ora lo stesso fiuto, senza paure e senza timore di perdere consensi, su un fenomeno che sarà uno dei più grandi problemi dei prossimi decenni.
Conosco da tempo la Somalia, quella di ieri e quella disperata di oggi (anch’essa risultato di una politica che non ha saputo guardare lontano). Vi sono somale e somali, a Torino, Milano, Bologna, Roma ecc. fuggiti dal loro paese nel 1991 all’età di 4, 6, 8 anni e che oggi si sentono italiani, torinesi, milanesi e così via, con un perfetto uso della lingua, spesso con laurea e specializzazione, con attività commerciali ben avviate. Continuare a “respingerli”, rifiutando loro la cittadinanza italiana, sostituendola con permessi di soggiorno temporanei non è né può rimanere un’azione senza conseguenze, ma scatenerà, prima o poi, qualche dura reazione.
Una delle sua frasi preferite è: “che stiano a casa loro” o, detto meglio, “aiutiamoli a casa loro”. Posso essere d’accordo con lei. Però facciamolo sul serio, non limitiamoci alla frase ad effetto riducendola ad uno slogan. Sollecitato dal suo “aiutiamoli a casa loro” e dalla sua proposta condivisa con il ministro Tremonti di introdurre a questo scopo la detax, ho voluto capirne di più. Il mio breve studio, documentato da dati inconfutabili sul nesso povertà-migrazione e quindi sul rapporto migrazioni-cooperazione allo sviluppo (www.link2007.org), ha evidenziato che per attuare seriamente e con efficacia la sua proposta, occorrerebbe almeno quadruplicare e qualificare maggiormente la cooperazione allo sviluppo. Esattamente il contrario di quanto da anni sta facendo l’Italia.
L’appello che le faccio, conscio delle difficoltà ma conscio anche delle sue capacità di fiutare come il mondo evolve, è che la Lega contribuisca a non lasciare insoluto questo problema che, se non correttamente e coraggiosamente governato ricadrà sui nostri figli e i nostri nipoti, forse definitivamente ingovernabile.
Nino Sergi, INTERSOS