L’Olp fuori da accordi di Oslo


Nena News


I leader palestinesi hanno votato per la sospensione del riconoscimento di Israele.


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Worshippers chant as they wave Palestinian flags after Friday prayers on the compound known to Muslims as Noble Sanctuary and to Jews as Temple Mount in Jerusalem's Old City, as Palestinians call for a "day of rage" in response to U.S. President Donald Trump's recognition of Jerusalem as Israel's capital December 8, 2017. REUTERS/Ammar Awad

Roma, 16 gennaio 2017, Nena News – Dopo le parole pronunciate dal presidente Abbas domenica (“E’ finito il processo di Oslo), ieri i leader palestinesi hanno votato per la sospensione del riconoscimento di Israele.

In una nota, l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp) ha fatto sapere che la sospensione durerà finché Tel Aviv “non riconoscerà lo Stato di Palestina, annullerà l’annessione di Gerusalemme est e fermerà la costruzione delle colonie”. Il Consiglio centrale dell’Olp ha poi confermato le parole del presidente palestinese Abbas dichiarando gli accordi di Oslo “non più in piedi” e chiedendo al movimento Bds (Boicottaggio, disinvestimenti e sanzioni) di “impedire a Israele di compiere le palesi violazioni del diritto internazionale, di fermare la sua aggressione contro i palestinesi e di porre fine al sistema di apartheid che impone su di loro”. Il Consiglio ha poi invitato la comunità internazionale a sostenere la nascita di uno stato indipendente palestinese nei confini del 1967 con Gerusalemme est come sua capitale.

I leader dell’Olp hanno poi sottolineato che non riconoscono Israele come “stato ebraico” e che riferiranno alla Corte penale internazionale le sue violazioni (l’espansione delle colonie, gli abusi sui prigionieri e i crimini di guerra commessi da Tel Aviv nella sua offensiva a Gaza del 2014). Duro è stato poi l’attacco contro le recenti minacce Usa di tagliare i fondi per l’Unrwa, l’Agenzia Onu che fornisce servizi essenziali a milioni di rifugiati palestinesi. Secondo il Consiglio, infatti, Washington sta provando ad assolversi dalle sue responsabilità per la crisi dei rifugiati che ha contribuito a creare nel 1948 quando Israele è stato fondato.

Non è chiaro però se quanto è stato stabilito ieri con 74 voti a favore, 2 contrari e 12 astenuti avrà effetti concreti. Nel 2015, ad esempio, il Consiglio votò per sospendere il controverso coordinamento alla sicurezza con Israele. Tuttavia, tale decisione non fu mai implementata. La decisione dell’Olp giunge il giorno dopo che il presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abbas ha dichiarato terminati gli accordi di Oslo del 1993 e ha ribadito il suo rifiuto degli Usa come mediatori di pace.

Ieri, intanto, si è registrata una nuova vittima palestinese: Ahmed Salim, 24 anni, è stato ucciso da soldati israeliani durante proteste nel villaggio di Jayous (Qalqilya). All’alba, invece, le forze armate israeliane hanno arrestato 21 palestinesi in Cisgiordania. A finire con le manette ai polsi anche 8 minorenni il più piccolo dei quali ha 11 anni. Alcune ore prima delle retate nei Territori occupati, la corte militare del carcere di Ofer (vicino alla città di Ramallah) ha esteso fino a domani la detenzione di Ahed al-Tamimi. Il motivo? “Ulteriori indagini”.  La diciassettenne – arrestata lo scorso 19 dicembre in un blitz notturno delle forze armate israeliane nel villaggio cisgiordano di Nabi Saleh – è diventata simbolo delle proteste palestinesi contro la recente decisione del presidente Usa Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele. Un video diventato virale in rete a dicembre mostrava l’adolescente schiaffeggiare due soldati.

Nena News

16 gennaio 2018

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