L’ok notturno della maggioranza al taglia intercettazioni, è notizia solo per il TG 3 e per Fede


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Telecamere dei Tg spente sul decreto intercettazioni, una questione che ha tenuto i parlamentari in piedi tutta la notte a discutere. Il commento di Antonio Ingroia, Procuratore Aggiunto a Palermo.


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L’ok notturno della maggioranza al taglia intercettazioni, è notizia solo per il TG 3 e per Fede

Tutte le sere, seguendo i telegiornali, ci si chiede se esiste o no un valore per le notizie. E ci si chiede il perché dell’esclusione di certi argomenti. Ci sono cose su cui gli italiani non devono essere informati? Ad esempio oggi per quasi tutti i telegiornali della sera l’apertura è stata di nuovo dedicata all’evento tragico di ieri in Afghanistan.

Per le solite polemiche politiche e per il rientro in Italia dei feriti e delle salme degli alpini coinvolti nell’attentato. Da evidenziare che i servizi sono stati completi ed equilibrati. In quasi tutti i Tg sono stati riportati le posizioni di tutti gli schieramenti parlamentari con focus sulla situazione in Afghanistan.

Telecamere dei Tg invece spente su una questione che ha tenuto i parlamentari in piedi  tutta la notte a discutere. Ci riferiamo al decreto intercettazioni E qui torniamo a ciò che dicevamo all’inizio sul valore della notizia. E’ importante o no  far conoscere ai telespettatori in  modo dettagliato il contenuto di una legge, visto che riguarderà  proprio  il diritto ad essere informati? L’argomento è stato trattato solo da Tg4 e  Tg3. Emilio Fede lo ha fatto esaltando il provvedimento, dando spazio solo alle dichiarazioni pro decreto della maggioranza e mettendoci poi, come al solito, anche del suo, enfatizzando la vulgata che “tutti siamo intercettati”.

Più equilibrato il Tg3 che, oltre alle solite dichiarazione politiche, riporta anche la posizione degli editori librari, con un’intervista a Giuseppe Laterza, preoccupati per il rischio che corrono  di non poter più pubblicare  libri inchiesta. Noi questa sera ne parleremo nello spazio commento ascoltando le opinioni  di un giudice che da anni è in prima linea nella lotta alla mafia. E’ Antonio Ingroia, procuratore capo aggiunto a Palermo, autore del libro “C’era una volta l’intercettazione”.

Per le altre notizie  spicca quella sui provvedimenti  finanziari anticrisi che il governo si appresta a varare, con Tremonti che ci fa sapere che il taglio agli stipendi dei parlamentari è solo l’aperitivo. Notizia che troviamo in tutti i telegiornali. Ma c’è anche l’aggiornamento che ci da il Tg1  sulla caccia al coccodrillo nel lago di Falciano.
In conclusione parliamo del  grave lutto che oggi ha colpito il mondo della cultura italiana,  la morte del poeta Edoardo Sanguineti. La notizia è stata riportata nei titoli solo dai telegiornali della tv pubblica. Una scelta giusta per i Tg della principale azienda culturale del paese.

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Il Commento: Antonio Ingroia, Procuratore Aggiunto a Palermo

di Alberto Baldazzi

19 maggio 2010

Dottor Ingroia, lei è l’autore di “C’era una  volta l’intercettazione”, quindi è in grado di spiegare quello che i tg non spiegano, cioè la posizione della magistratura di fronte a questo provvedimento blindato dal governo in commissione nella notte passata. Ce ne  può riassumere i punti più critici?

Punti critici ce n e sono molti e riguardano due profili principali. Uno riguarda soprattutto l’azione nostra, l’azione della magistratura. Le intercettazioni sono sempre state utili e indispensabili in questi anni e questo decreto determinerà una forte stretta, avendo molte meno possibilità di intercettare e quindi molte meno indagini, molte meno opportunità. In particolare c’è la restrizione dei presupposti in base ai quali il giudice può utilizzare le intercettazioni. Occorrono già delle prove e degli indizi di colpevolezza nei confronti dell’indagato da sottoporre a intercettazione; mentre oggi le intercettazioni servono a trovare le prove. Non occorrono certo le prove per dover avviare le intercettazioni. Poi c’è una limitazione del tempo. Il tempo massimo è di 60 giorni, più  una piccola proroga di 15 giorni che spesso si rivela del tutto insufficiente per le esigenze investigative. Poi c’è un’ equiparazione tra le intercettazioni  e i  tabulati e le riprese visive, ed è veramente una norma piuttosto incomprensibile, perché è chiaro che l’invasione alla privacy delle intercettazioni è molto più alta  rispetto all’acquisizione dei tabulati  e alle riprese visive. Poi per quel che riguarda  le intercettazioni ambientali, cioè  quelle con le microspie, bisogna dare la prova che è in corso l’attività criminosa nel luogo dove vengono messe le microspie. E questi sono soltanto i primi punti critici.C’ è poi il versante delle sanzioni che  riguardano  la pubblicazione nei giornali delle intercettazioni, anche quelle  non più segretate.

Dottor Ingroia, si dice:  la mafia resta fuori da questo tipo di restrizioni per ciò  che riguarda le intercettazioni e la capacità investigativa, è così?

Non è affatto vero. E’ vero solo a metà, nel senso che è vero che per i procedimenti che iniziano già con la qualifica di  reati di mafia,  le cose rimangono così come sono grosso modo. In realtà ci sono anche lì delle restrizioni, ma sono minime. Ma la verità è che la maggior parte delle indagini di mafia in realtà non iniziano mai sin dall’inizio con un reato di mafia. Si inizia con i così detti reati fine dell’associazione mafiosa, e poi proprio dalle indagini, proprio dalle intercettazioni,  emergono gli elementi per proseguire in un’indagine di mafia.

Dottor Ingroia, una battuta, anche se sdrammatizzare è difficile. E’ come se in un gioco di società che chiamiamo “Guardie e Ladri”  cambiassero le regole di partenza, le regole d’ingaggio; il  tutto a favore dei ladri, è così?

Ahimè sì, non è la prima volta. E’ successo troppo spesso negli ultimi anni. Non è estraneo il fatto che ciò maturi in una situazione caratterizzata  oggi da  una corruzione così ampia, come dimostrano le ultime inchieste.  

Fonte: Articolo 21

19 maggio 2010

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