Litigi postelettorali


Lettera22


Chi ha vinto? Battaglia tra Karzai e Abdullah Abdullah che non si basa né su exit poll né su proiezioni ma sul sentito dire, soffiate che arrivano dai seggi dove gli scrutatori stanno facendo i conteggi che però saranno definitivi solo il 17 settembre.


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Litigi postelettorali

La proverbiale litigiosità afgana trova nella prima giornata del dopo voto di che dimostrare di essere ben vivace. I due candidati che indicazioni non ufficiali danno, in molti seggi, testa a testa, già si proclamano certi della vittoria. E servono a poco i moniti dell'Unione europea che raccomanda di non fare annunci prematuri.
In una giornata che per la gran parte degli afgani sembra di festa, se non altro per una sorta di ritorno alla normalità dopo tanta tensione, le notizie cattive non mancano a far da cornice a una battaglia tra Karzai e Abdullah Abdullah che non si basa né su exit poll né su proiezioni ma sul sentito dire, soffiate che arrivano dai seggi dove gli scrutatori stanno facendo i conteggi che però saranno definitivi solo il 17 settembre anche se il segretario della Commissione elettorale, Daud Najafi, ha forse improvvidamente annunciato un possibile anticipo. Nulla comunque sino al 25 agosto, quando verranno resi noti i risultati parziali.
Le notizie cattive parlano ancora di morte (soldati britannici e americani vittime di attentati) e di qualche residuo episodio di violenza (come l'incendio di un seggio elettorale): poca cosa rispetto alla vigilia e anche al giorno del voto ma comunque un clima che stenta a rasserenarsi e che, solo in termini di vittime tra i funzionari della Commissione, stila un bilancio di undici morti solo nella giornata del voto. Piccoli eroi delle elezioni afgane.
Ma il clima incandescente è soprattutto quello politico: “Ci aspettiamo una vittoria nelle elezioni presidenziali – dice all'Ansa il portavoce della campagna elettorale del presidente Hamid Karzai, Wahid Omar – non c'è dubbio che le prime cifre parziali ufficialmente diffuse mostrano che siamo in vantaggio ed è quindi logico che in base a questo ci aspettiamo di vincere”. Ma Abdullah non è meno certo: il portavoce del candidato anti Karzai annuncia di aver presentato almeno un centinaio di denunce alla Commissione per i reclami elettorali contro i brogli rilevati dai 26mila rappresentanti di lista. Mette le mani avanti Abndullah per dire che, se avrà vinto Karzai sarà merito di un colpo di mano…
La preoccupazione è palpabile. Persino Richard Holbrooke, l'inviato di Obama per la regione, prudentissimo per carattere e missione politica, avanti mette anche le sue di mani, sostenendo che il voto in Afghanistan si concluderà sul filo di lana con un testa a testa tra i due maggiori candidati. Di testa a testa infatti parlano le prime indiscrezioni, infervorando gli animi e promettendo tre giorni di fuoco che potrebbero poi divampare in un pericolosissimo incendio una volta che si conosceranno i dati parziali: lo scenario di uno scontro tra i due titani – il presidente uscente e un uomo che ha dietro di sé l'Alleanza del Nord (la coalizione che aiutò gli americani a cacciare i talebani) – non piace a nessuno, tanto meno agli sponsor occidentali del processo elettorale.
Il grande “successo” annunciato da Obama, dal Consiglio di sicurezza, da Ban Ki-moon e da quanti hanno applaudito la riuscita delle elezioni (tra questi anche il presidente italiano Giorgio Napolitano) rischia dunque di ridimensionarsi e non solo per i dati sull'affluenza che, nel Sud del paese, sono stati in certe zone al lumicino (nel 2004 il bilancio era stato del 70% rispetto agli aventi diritto oggi è forse del 50). La vittoria sui talebani, che non sono riusciti come volevano a boicottare pienamente il processo elettorale (costellato comunque di violenze con almeno 135 attacchi, otto soldati afgani morti e 25 feriti nella difesa dei seggi) rischia adesso di trasformarsi in uno scontro aperto dagli esiti imperscrutabili.
E' proprio adesso che si rende dunque necessaria tutta l'energia della diplomazia interna e internazionale. Se infatti lo scontro tra il vincitore e che è rimasto fuori o l'eventualità di un ballottaggio che si trasformi in un'occasione di intimidazione e pressione sugli elettori dovessero diventare realtà, il già magro risultato elettorale in termini di partecipazione si trasformerebbe in un disastro, anzi in un fallimento. Solo una mediazione accorta, probabilmente con un lavorio di cooptazione degli esclusi, potrà garantire che le cose si aggiustino. Almeno stando a vedere quanto è successo nelle prime ore dopo il voto.
Un vuoto istituzionale o, peggio, una guerra tra “afgani democratici” sarebbe davvero una vittoria dei talebani. E sicuramente impedirebbe a Obama di “finire il lavoro”, l'espressione che ha usato subito dopo aver commentato favorevolmente il risultato della giornata elettorale. Infine bisognerà anche fare i conti con le evidenze che emergeranno dallo scrutinio delle schede dei 400 consigli provinciali, luoghi di potere locale e che sono già costati la morte o il ferimento di diversi candidati.

Fonte: lettera22.it
22 Agosto 2009

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