L’inferno senza fine dello Yemen


Antonella Napoli


Nel paese si continua a morire. Sotto le bombe e per fame. Centinaia di vittime in meno di 48 ore.


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Un’operazione senza precedenti sta decimando centinaia di yemeniti da oltre 48 ore. Decine di bombardamenti di droni e aerei Usa, raid di elicotteri e, seppur smentite dal Pentagono, incursioni delle forze speciali sul terreno, si stanno abbattendo non solo sui miliziani di Al Qaeda in Yemen ma anche sulla popolazione civile.
Il tutto mentre sette milioni di persone sono in grave carenza di cibo e più di 2 milioni di bambini sotto i 5 anni soffrono di malnutrizione acuta, di cui quasi mezzo milione è in fin di vita.
Secondo Save the children nove zone del paese, inclusa Hodeida, sono classificate IPC-4 (Integrated Food Security Phase Classification), l’ultimo livello di emergenza prima della carestia.
A ciò si affianca l’inesistenza di un sistema ospedaliero, con oltre metà delle strutture medico-sanitarie, in 16 dei 22 governatorati monitorati, inservibili o solo parzialmente funzionanti, e 14,8 milioni di persone, inclusi 8,1 milioni di bambini, senza i servizi minimi di base.
La recrudescenza del conflitto è solo l’ultima conseguenza della fase di maggiore ‘aggressività’ nella regione inaugurata dalla presidenza Trump dopo il primo attacco lo scorso 29 gennaio, in cui tra l’altro era rimasto ucciso un Navy Seal.
L’azione militare delle forze armate statunitensi è concentrata in un triangolo tra le province meridionali di Bayda, Shabwa e Abyan, dove Al Qaeda ha rafforzato negli ultimi anni la sua presenza, approfittando della guerra civile in corso tra il governo del presidente Abd Rabbo Mansur Hadi, riconosciuto internazionalmente e vicino all’Arabia Saudita, e i ribelli sciiti Houthi, alleati dell’Iran.
Fonti locali affermano che gli attacchi concentrati sulla cittadina di Wadi Yabsham per stanare il ‘numero 2′ della cosiddetta Al Qaeda nella Penisola Arabica (Aqpa), Saad Atef, sono costati la vita ad almeno 30 civili.
Bombardamenti sono segnalati anche nel distretto di Yakla, nella provincia di Bayda, teatro della prima operazione a terra autorizzata dall’amministrazione Trump alla fine di gennaio.
In quella occasione, oltre al militare statunitense Ryan Owens, rimasero uccisi 16 yemeniti, tra i quali dieci bambini.
Oltre alle conseguenze dirette della guerra sulla popolazione, le ong che operano in Yemen lanciano un’ulteriore accusa.
L’Arabia Saudita e i suoi alleati stanno ostacolando da mesi la consegna degli aiuti alla gente stremata e sfollata.
In particolare Save the Children rivela che, nonostante la carestia stia minacciando buona parte del paese e il sistema sanitario sia sull’orlo del collasso, il lavoro delle organizzazioni umanitarie è volutamente sabotato.
L’ong internazionale sostiene che da settimane non possono raggiungere migliaia di persone per garantire loro assistenza sanitaria urgente, ritardi che hanno causato la morte di molti bambini che si sarebbero potuti salvare.
Solo tra gennaio e febbraio 2017, continua Save the Children, la coalizione Saudita ha impedito che tre grosse spedizioni di farmaci salvavita arrivassero nel principale porto dello Yemen, ad Hodeida, obbligandole a cambiare destinazione e ritardando così il loro arrivo di quasi tre mesi.
Il carico consisteva in aiuti indispensabili per 300.000 persone, compresi antibiotici, equipaggiamento chirurgico, farmaci per il trattamento di malaria e colera, e approvvigionamenti per i bambini malnutriti.
Impedendo la consegna degli aiuti è stato limitato fortemente il livello di assistenza melle strutture sanitarie sostenute da Save the Children ed è stato anche impedito che le unità sanitarie mobili potessero raggiungere le comunità rurali dove non esiste assistenza medica.
Nell’ultimo caso, una spedizione di 2 tonnellate di aiuti ed equipaggiamenti medico-sanitari destinati a quasi 40mila persone, compresi 14mila bambini sotto i 5 anni, doveva sbarcare al porto di Hodeida il 2 dicembre 2016. E’ stata invece trattenuta al largo del porto e poi ri-direzionata dalla coalizione Saudita al piccolo porto di Aden dove è sbarcata 83 giorni dopo. Inoltre, dal porto di Aden, per poter raggiungere le persone in emergenza, gli aiuti devono attraversare per via terrestre zone di combattimento, mettendo a rischio sia gli aiuti che gli operatori umanitari.
Questi ritardi stanno uccidendo i bambini.
“Gli operatori umanitari sono alle prese con epidemie di colera, e bambini colpiti da diarrea, morbillo, malaria e malnutrizione, e potrebbero essere curati con gli aiuti bloccati invece dalla coalizione Saudita, che sta usando il controllo di queste spedizioni come un’arma di guerra”, ha dichiarato Grant Pritchard, direttore in Yemen dell’Organizzazione internazionale dedicata dal 1919 a salvare i bambini in pericolo e tutelarne i diritti.
La coalizione ha anche rifiutato l’accesso al porto di Hodeida di 4 nuove gru messe a disposizione dal Word Food Program dell’Onu, che avrebbero potuto facilitare enormemente le operazioni di scarico degli approvvigionamenti.
E intanto nel paese si continua a morire. Sotto le bombe e per fame.

Fonte: www.articolo21.org

4 marzo 2017

 

 

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