Libia, migranti pugnalati e bastonati


Avvenire


Dopo il rastrellamento di 600 persone Medici senza frontiere ha potuto visitare i prigionieri. Intanto a Trapani “fermo amministrativo” per Sos Mediterranee e Croce rossa internazionale


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Accoltellati, bastonati, trascinati per i capelli, ustionati, bambini strappati ai genitori. La violenza del rastrellamento di migranti a Tripoli è confermata dal team di “Medici senza frontiere” che è riuscito a entrare nel campo di prigionia di Ain Zara, dove sono state condotte la gran parte delle persone catturate nella notte tra domenica e lunedì. Nelle stesse ore le autorità italiane hanno disposto il “fermo” per la nave umanitaria di Sos Mediterranee e Croce rossa internazionale.

«Più di 600 persone, che protestavano pacificamente per ottenere protezione e per chiedere di essere evacuate dalla Libia, sono state arrestate e trasferite nel centro di detenzione di Ain Zara al sud di Tripoli. In questa struttura sono già trattenute centinaia di migranti e rifugiati in celle sovraffollate», ha raccontato Gabriele Ganci, capomissione di Msf in Libia. «Durante la visita settimanale nel centro, dove offriamo cure mediche e supporto psicologico, il team di Msf ha curato persone con ferite da taglio, segni di percosse e persone traumatizzate dagli arresti forzati». Tra loro anche genitori «che sono stati picchiati e separati dai loro figli durante l’evento».

In totale i medici hanno curato 68 persone ferite durante l’arresto di massa. Per 7 di loro è stato necessario provvedere a un trasferimento in ospedale, mentre a 190 persone è stato offerto supporto psicologico.

Le immagini della retata confermano la ricostruzione. Si vedono decine di uomini in divisa nera raggiungere l’accampamento spontaneo di migranti e trascinarli poi a forza. «Quanto accaduto dimostra, ancora una volta, come in Libia tutti i migranti siano soggetti a detenzioni casuali e arbitrarie, perfino chi chiede protezione e trattamenti in linea con il diritto umanitario», afferma Ellen van der Velden, direttore delle operazioni di Medici senza frontiere. «Ancora una volta, chiediamo alle autorità libiche di fermare gli arresti di massa e trovare alternative dignitose alla detenzione. Chiediamo anche all’Ue – è l’appello dell’organizzazione – di fermare ogni supporto al sistema senza fine di detenzione, abusi e violenze in Libia». Negli ultimi due mesi, alle équipe di Msf è stato concesso di raggiungere una volta alla settimana il centro di detenzione a bordo di cliniche mobili.

Intanto in Italia dopo più di 11 ore di ispezione è scattato un nuovo fermo amministrativo per la Ocean Viking, la nave di Sos Méditerranée impegnata nella ricerca e soccorso dei migranti nel Mediterraneo. A bordo è presente un team medico della Federazione internazionale della Croce Rossa. La nave, rende noto la stessa Ong, è stata bloccata nel porto di Trapani, per una serie di carenze che sarebbero state rilevate nella parte di poppa, dove ci sono i container per offrire riparo ai naufraghi che dovevano essere registrati in modo diverso. «La certificazione di queste strutture come “carico” è messa in discussione, ben due anni e mezzo dopo che tali strutture sono state installate in un cantiere professionale e certificate da tutti gli organismi di regolamentazione pertinenti – dice la Ong – 5.108 persone sono state salvate dal pericolo in mare dall’inizio delle operazioni di questa nave, e altrettante hanno trovato riparo e sicurezza all’interno di queste strutture».

“Ancora una detenzione, di nuovo della Ocean Viking. Mi risulta che l’ispezione sia stata, come al solito, lunga e puntigliosa. Sarebbe tornata su elementi già valutati nelle visite precedenti, e ritenuti allora irrilevanti”, lo dice l’ammiraglio Vittorio Alessandro, coordinatore del Comitato per il diritto al soccorso.

“Preciso che il computo del tonnellaggio della nave, qualora, come in questo caso, non sconfini in problemi di stabilità, non ha valenza di sicurezza, ma soltanto commerciale (la stazza, i volumi disponibili per il carico)”, precisa ancora l’ammiraglio che fra l’altro era stato a capo della comunicazione della Guardia costiera.

Quel genere di equipaggiamento contestato dagli ispettori viene installato “non solo su Ocean Viking”, ma su molte navi “i container vengono fissati sul ponte per esigenze tecniche. Su Ocean Viking le esigenze sono quelle di dare protezione alle persone soccorse: evidentemente proprio questo agli ispettori è apparso inaccettabile e, ancora secondo interpretazioni innovative delle convenzioni internazionali, sarà forse motivo di nuove detenzioni delle navi Ong”.

Nello Scavo
Avvenire.it
12 gennaio 2022

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