Libano dolente


Paola Caridi - invisiblearabs.com


Lo scontro sciiti-sunniti, hezbollah da un lato e Mustaqbal dall’altro, si gioca anche sulle antenne.Non è dunque un caso che il canale informativo della Future tv degli Hariri sia stato il vero bersaglio di questa mattina, nel terzo giorno di scontri sanguinosi che ha fatto ripiombare Beirut nella madre di tutti gli incubi, la guerra civile.


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Libano dolente
"Hey habibi, how is your day? Ours is not so good. Beirut is very similar to how we see in the Civil War movies". Da sorella (blogger) a fratello (blogger). Da Beirut alla Pennsylvania. Un'altra generazione di libanesi attende che la guerra civile si abbatta su uomini, vite, strade, palazzi, negozi. E' la generazione che l'altra guerra civile se l'è – appunto – vista nei film, o letta in libri meravigliosi come quelli di Hoda Barakat. Una generazione che ha visto i reduci ridotti a topi, come nel romanzo di Najwa Barakat da poco pubblicato in italiano, Ya Salam. E' la generazione della "primavera" del 2005, primavera virtuale e di piazza. E' la generazione che vede una parte dei coetanei combattere già per le strade di Beirut, e cominciare a dividere la città per segmenti settari (come mostra la cartina riprodotta da Jeha's nail). Ma è anche la generazione che combatte una battaglia, da molti mesi ormai, sui fili invisibili del web, tra diaristi virtuali schierati con la coalizione del 14 marzo (Hariri-Jumblatt-Gemayel-Siniora) e quelli che invece sono con l'opposizione di Hezbollah, di Amal e dei cristiani di Aoun.

Più del web, però, è la tv la new entry del settarismo libanese. Non è dunque un caso che il canale informativo della Future tv degli Hariri sia stato il vero bersaglio di questa mattina, nel terzo giorno di scontri sanguinosi che ha fatto ripiombare Beirut nella madre di tutti gli incubi, la guerra civile. Lo scontro sciiti-sunniti, hezbollah da un lato e Mustaqbal dall'altro, si gioca anche sulle antenne. Al Manar, da una parte, e la potenza mediatica di Future Tv dall'altro. La Mustaqbal (futuro, appunto) che trasmette alcuni dei programmi più visti in tutto il mondo arabo. In testa a tutti, SuperStar, la versione araba del "Un giorno saranno famosi" dello spettacolo, che mette in campo candidati a una carriera nello showbiz provenienti da tutta la regione, con sms e votazioni virtuali che dividono l'area per solidi confini nazionali. Da quasi un anno, però, la Future ha aperto anche un canale informativo allnews 24 su 24. Sfidando, dunque, le allnews del Partito di Dio, quelle trasmesse da al Manar. Se è vero insomma che la new wave dell'informazione araba, in questi anni, ha spinto in alto le professionalità dei giornalisti della regione, è altrettanto vero che le logiche informative, in Libano, sono state diverse. E che il settarismo, come ben aveva descritto Paul Cochrane in un saggio di esattamente un anno fa (Are Lebanon's Media fanning the flame of sectarianism?), passa oggi anche attraverso il tubo catodico.

Si dirà: ma le notizie non uccidono come i lanciagranate a spalla e i mitra che fanno fuoco in queste ore non solo nella capitale libanese, ma anche negli altri centri nodali del paese dei Cedri. Eppure sono state anche le parole e le rappresentazioni, sui media non solo elettronici, a creare una spaccatura che non sembra più sanabile, con visioni del Libano mostrate come verità insindicabili e gli avversari politici visti solo come agenti del nemico, senza spazio alcuno per un dialogo che andasse oltre i tanti patron esterni che giocano la loro partita personale anche in Libano, da Occidente e da Oriente.

Fin qui, le noterelle sui libanesi "invisibili". Riguardo alle trame politiche e al braccio di ferro tra i due fronti, si dimostra ancora una volta che la politica statunitense in questa parte del mondo manca – per così dire – di raffinatezze sia diplomatiche sia interpretative. Condivido in pieno l'analisi di Joshua Landis, sia nella parte in cui ritiene che gli Stati Uniti abbiano premuto per uno showdown con Hezbollah, spingendo Siniora a quella che Nasrallah considera una vera e propria "dichiarazione di guerra" sulla questione del sistema di comunicazioni privato del Partito di Dio che, secondo gli esperti, sarebbe necessario a Israele conoscere per riuscire laddove non era riuscito nel 2006, nella guerra contro il partito sciita. Sia anche sul coté siriano della vicenda, e cioè sul fatto che Damasco non abbandonerà gli hezbollah a se stessi, perché sa che se hezbollah cadesse, il prossimo "birillo" potrebbe essere proprio quello siriano.
Come si dice ormai da due anni, nella strategia americana in Medio Oriente il Libano è cruciale, la porta del Levante verso Teheran. Ma il Levante è una terra difficile, e pensare di gestirla senza la dovuta delicatezza vuol dire non aver capito i fondamentali. 1983 docet.
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