Legittima difesa, chi ci difenderà dai detentori legali di armi?


Giorgio Beretta


La nuova norma riconoscerà “sempre” proporzionale l’uso di “un’arma legittimamente detenuta”. Oggi in Italia, dati Istat, vi sono più omicidi con armi legalmente detenute che omicidi per “furti e rapine”.


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Il Senato ha votato oggi la modifica della legge sulla “legittima difesa” (Codice Penale, Articoli 52 e 55 e correlati). La nuova norma riconoscerà “sempre” proporzionale (e quindi sempre legittimo e non punibile) l’uso di “un’arma legittimamente detenuta” (o un altro mezzo idoneo) per tutelare la propria o l’altrui incolumità, o per difendere i beni propri o altrui quando non c’è desistenza e vi è “pericolo di aggressione”.

Viene inoltre specificato che “agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone”.

Come si vede, la norma prevede esplicitamente “l’uso di un’arma legittimamente detenuta”. Affermare, quindi, che la nuova norma “non riguarda l’uso delle armi” è una palese falsità. È invece corretto affermare che “la nuova legge non modifica le norme per la detenzione di armi” che restano come sono.

Ma è proprio qui il problema. Per due ragioni. Innanzitutto perché oggi è facile ottenere una licenza per detenere armi (più facile e meno costoso che ottenere la patente di guida). In secondo luogo perché oggi in Italia vi sono più omicidi con armi legalmente detenute che omicidi per “furti e rapine”. In parole semplici: oggi se c’è un’arma in casa è molto più facile che venga utilizzata per ammazzare un familiare (molto spesso la moglie o la compagna), un parente o un vicino fastidioso che non per fronteggiare eventuali ladri.

I dati sono eloquenti e parlano da soli. L’ISTAT riporta che nel 2017 vi sono stati 16 “omicidi volontari consumati a scopo di furto o rapina” mentre, sempre nel 2017 si sono registrati 42 omicidi da parte di legali detentori di armi o con le armi da loro detenute. Nel 2018 sono stati addirittura 50 di cui più di trenta le vittime sono state le donne. Nella gran parte dei casi questi omicidi vengono relegati alla cronaca locale o passano velocemente nelle cronache nazionali, ma raramente ricevono la stessa attenzione dai media e dalle tv nazionali di quei pochi casi (e sempre quelli) in cui una persona si è difesa nella propria casa con le armi. Proprio per questo finiscono per sembrare meno importanti e soprattutto non sollevano domande sulle norme che regolamentano la detenzione di armi in Italia.

Se, pertanto, oggi si modifica la legge sulla legittima difesa, vanno subito assolutamente riviste le norme che sulle licenze per la detenzione di armi. Contrariamente al pensiero che va per la maggiore, la normativa italiana è infatti sostanzialmente permissiva in materia di detenzione di armi: oggi, a qualunque cittadino incensurato, esente da malattie nervose e psichiche, non alcolista o tossicomane, è generalmente consentito di ottenere una licenza per armi dopo aver superato un breve esame di maneggio delle armi. Tranne nei casi in cui il medico curante o le A.S.L. non lo richiedano specificamente, non sono infatti previsti particolari esami clinico-tossicologici per verificare lo stato di salute mentale e psichica del richiedente e per accertare l’eventuale uso di stupefacenti: tutto si basa su una autocertificazione controfirmata dal medico curante.

Oggi la licenza più usata per poter detenere armi in casa è quella per “uso sportivo”: a fronte di meno di 100mila iscritti alle federazioni nazionali e di un numero molto minore di iscritti a poligoni di tiro privati, hanno questa licenza quasi 600mila italiani, di cui la maggior parte la richiede non per praticare una disciplina sportiva, ma perché è facile da ottenere e permette di acquistare un ampio numero di armi e munizioni.

Le licenze per armi, e soprattutto quella per “uso sportivo”, vanno tutte riviste riconducendole alla loro ragion d’essere, introducendo norme più rigorose per ottenerle e controlli efficaci e più assidui sui legali detentori di armi. Non è accettabile che una licenza per “uso sportivo” permetta di detenere armi da difesa personale o per la caccia e relative munizioni e lo stesso per chi ha una licenza per “uso venatorio”. Andrebbe invece prevista una licenza “per difesa abitativa” da rilasciare su motivata ragione, e solo dopo aver verificato con precisi esami clinici e tossicologici lo stato di salute psico-fisica del richiedente dopo un effettivo corso di maneggio delle armi in ambito abitativo. E le armi e munizioni previste dovrebbero essere di tipo non letale proprio per evitare che, invece che per dissuadere eventuali ladri, vengano utilizzare per ammazzare un famigliare, un vicino, un parente o per suicidarsi.

Giorgio Beretta

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28 marzo 2019
*Giorgio Beretta svolge attività di ricerca sul commercio di armamenti. Ha pubblicato diversi studi per l’Osservatorio permanente sulle armi leggere (Opal) di Brescia, oltre a numerosi contributi per varie riviste per il portale Osservatorio Diritti

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