L’Africa è lo specchio del nostro futuro. Se vogliamo che sia migliore dobbiamo fare i conti con le nostre responsabilità
Flavio Lotti
L’Africa resta lontana ma non è detto che debba continuare così. Le cose possono cambiare e non è detto che sia necessaria una rivoluzione. Basterebbe… Se ne parlerà ad Assisi venerdì e sabato prossimi in occasione del Seminario Nazionale della Tavola della pace.
Il 13 e 14 aprile voteremo anche per loro ma di loro non si udirà ancora una volta un solo filo di voce. Sono le bambine, i bambini, le donne e gli uomini dell’Africa. I parlamentari che eleggeremo con un tratto di matita su di un foglio di carta decideranno anche per loro (più di 820milioni), non solo per noi. Succede così ormai da lungo tempo. Commercio, crediti, investimenti, uso delle risorse, migrazioni, cooperazione, inquinamento, diritti umani, armi, guerre, alleanze, democrazia, Europa, Onu,… : le nostre scelte politiche (giuste o sbagliate) pesano talvolta su di loro più che su di noi. Noi non ci facciamo caso. Loro si.
Questo fatto ci carica di nuove, inedite, responsabilità. Eppure non sono in molti ad esserne consapevoli. L’Africa resta ancora oggi lontana nei nostri pensieri e nelle nostre preoccupazioni. Non bastano i peggiori massacri a suscitare la nostra reazione. Rwanda, Burundi, Sierra Leone, Somalia, Sudan, Darfur, Kenya, Ciad,…: quante volte ci siamo alzati in piedi per dire basta? Quante volte abbiamo organizzato una manifestazione per loro? Diamanti, coltan, rifiuti tossici, traffici di armi… non bastano le più squillanti denunce a provocare il nostro intervento. L’Africa resta lontana, con la sua immagine falsata. Un po’ sogno esotico, un po’ disperazione. Un po’ meta per le vacanze, un po’ terra di morte e sofferenze. L’Africa resta lontana anche quando entra a casa nostra con il volto di tanti giovani decisi a sfidare la morte per cercare in occidente un futuro migliore. L’Africa resta lontana. Migliaia di iniziative e di progetti di solidarietà e di educazione allo sviluppo realizzati da una miriade di piccoli gruppi e grandi organizzazioni hanno contribuito a salvare la vita di centinaia di migliaia di africani e ad aprire lo sguardo e il cuore di centinaia di migliaia di italiani. Ma non sono ancora bastati a cambiare l’atteggiamento di fondo dei responsabili della politica nazionale, alcuni dei quali vantano pure una lunga serie di pronunciamenti tanto inequivocabili quanto incoerenti. L’Africa resta lontana perché a qualcuno fa comodo che sia così, lo sappiamo. Perché possa continuare ad essere sfruttata da pochi grandi ricchi del nord e da una marea di consumatori insaziabili. Dell’Africa ci interessano le risorse naturali, non la gente. E, infatti continuiamo a saperne poco o nulla. Cosa sappiamo della cultura, dei valori, delle speranze degli africani? Cosa sappiamo delle loro lotte per la sopravvivenza, il cibo, la terra, l’acqua, la pace e la democrazia?
L’Africa resta lontana ma non è detto che debba continuare così. Le cose possono cambiare e non è detto che sia necessaria una rivoluzione. Basterebbe accrescere la nostra pressione sul mondo dell’informazione e in particolare sul servizio pubblico radiotelevisivo. Alcuni primi piccoli ma significativi risultati li abbiamo già ottenuti: la Rai ha accettato di aprire una sede di corrispondenza a Nairobi (che deve essere ulteriormente potenziata), Rainews24 ha avviato un nuovo programma settimanale dedicato all’Africa, altre testate e giornalisti seguono con più attenzione e cura gli avvenimenti non solo negativi di quel continente. Dobbiamo solo insistere con maggiore determinazione e continuità. Dopo le denunce, le proposte e gli appelli è venuto il tempo di organizzare una manifestazione nazionale per un’informazione e una comunicazione di pace che costringa innanzitutto la Rai a rispettare i suoi doveri di servizio pubblico, il contratto di servizio, e aprire i suoi palinsesti all’Africa e al resto del mondo. Se cambia l’atteggiamento dei media cambierà anche quello di tanti cittadini ancora prigionieri di visioni false e distorte.
L’Africa è lo specchio del nostro futuro. Se vogliamo che sia migliore dobbiamo fare i conti con le nostre molteplici responsabilità. Il problema non deve essere più quello di fare qualcosa in più per l’Africa ma di cominciare a fare qualcosa “con” l’Africa. Visto da vicino questo continente poliedrico rivela un fiorire di iniziative e gruppi impegnati nella ricerca di alternative e soluzioni. Ce ne sono dappertutto, anche dove la miseria e la guerra mostrano il loro volto più orrendo. E’ con loro che dobbiamo rivedere i nostri programmi. Il problema non è solo quello sacrosanto di salvare vite umane ma di dare una mano all’Africa che vive e che vuole vivere. Il Forum Sociale Mondiale di Nairobi e l’Assemblea dell’Onu dei Popoli dell’anno scorso ci hanno consentito di muovere i primi passi verso la costruzione di una rete stabile di relazioni e di rapporti tra la società civile europea, italiana e africana. Si tratta di moltiplicare le occasioni utili ad approfondire la conoscenza reciproca, il dialogo e gli scambi. C’è spazio per tutti. Anche il neonato Coordinamento nazionale degli Enti Locali per e con l’Africa sta muovendo i primi passi in questa direzione promuovendo una cooperazione rinnovata tra comunità e istituzioni locali. Una nuova campagna contro le guerre dimenticate dell’Africa sta per essere lanciata. Ne discuteremo ad Assisi, il 29 febbraio e 1 marzo.
Clicca su www.perlapace.it. Se ti interessa, non mancare.
Flavio Lotti
Coordinatore nazionale della Tavola della pace