Lacrimogeni sui pacifisti
Tavola della pace
Una delegazione della Missione di Pace è giunta questa mattina sotto le mura che circondano il villaggio palestinese di Ni’lin, ed è stata accolta da due colpi di lacrimogeni dai militari israeliani.
Ni’lin come Betlemmme, con le stesse mura che circondano il paese, mangiando terreno palestinese per difendere le abitazioni e le strade di cinque insediamenti israeliani. E se ti avvicini troppo, per osservarlo da vicino, tre soldati annoiati sparano alcuni colpi di gas lacrimogeno, senza alcun avvertimento.
E’ successo oggi ad una delegazione della Missione di Pace invitata qui dalla Palestine Youth for Peace & Justice, un gruppo di attivisti locali che cerca di far valere i propri diritti contro l’avanzamento di Israele. Senza effetto, per ora.
Ni’lin si trova a 25 chilometri da Ramallah, metà strada da Tel Aviv. Siamo nella West Bank, il cuore dei territori palestinesi, eppure qui c’è una sola autorità, quella di Israele, che costringe a fare giri labirintici con la macchina per coprire pochi chilometri, e che avanza con le armi spianate appena si esce dallo spazio assegnato.
I due colpi di gas lacrimogeno sono stati sparati dai tre militari dalla torretta del muro quando la delegazione, composta da una quarantina di italiani, insieme a due attivisti del gruppo palestinese, si sono avvicinati alla linea di confine. Scopo dell’uscita era vedere da vicino la situazione degli oliveti di Ni’lin e il muro che protegge – a detta di Israele – gli insediamenti di Ganei Modi’in e Ramat Modi’in. Il primo colpo è caduto a pochi metri dalle persone che subito si sono allontanate di corsa verso Ni’lin. Del secondo si è sentito lo scoppio, ma non si è visto il fumo. L’aria si è fatta subito irrespirabile, ma nessuno è rimasto intossicato. I militari si sono poi affacciati dalla torretta e hanno indicato il giornalista e il cameraman, senza però poi effettuare altre azioni.
Sulla strada del ritorno, Mohamed Ameera, un coltivatore, lamenta come il muro gli abbia rubato 30 dunums di terra, con 67 olivi. Con la mano ci mostra alcuni olivi bruciati
“E’ per colpa dei razzi – dice – quando un lacrimogeno colpisce un tronco questo prende fuoco velocemente”.
Un altro ragazzo in pochi secondi raccoglie bossoli di gomma da terra. Sono ciò che rimane degli attacchi precedenti.
“Succede spesso – continua Mohamed – ogni volta che ci si avvicina al muro i soldati sparano. Non gli importa che siate italiani o di qualsiasi altra nazionalità”.
I motivi del muro sono i soliti, a detta di Hassan Mansa, portavoce dell’associazione e insegnante di inglese, incarcerato due volte per la sua attività di protesta.
“Gli insediamenti sono illegali e il muro ci ruba la terra, la nostra terra. La maggior parte della popolazione qui vive della raccolta delle olive. Il muro non vuole proteggere Israele, vuole costringerci ad abbandonare la nostra terra, a non vivere più qui”.
Un po’ di paura, tra gli attivisti, ma nulla di più. “Abbiamo visto che sparavano e abbiamo cominciato a muoverci fuori dalla strada perché ci hanno detto che sulla strada era pericoloso”, racconta Michela.
“I militari hanno visto bene che stavamo andando via, ma hanno sparato lo stesso” – dice Mauro.
Stefano Rossini