La tragedia del Congo. E l’Onu dov’è?
Enzo Nucci
Non è possibile che si ripetano le stesse tragedie “annunciate” con drammatica ciclicità. L’Onu va riformata e rivista: così come non serve a nessuno. Ora si cerca di correre ai ripari di fronte ad un milione e se centomila profughi senza cibo, acqua, medicine.
Uno stile giornalistico sciatto, piatto ed un po’ sempliciotto ci imporrebbe di titolare “Congo, cronaca di una tragedia annunciata”. Non scomodiamo Garcia Marquez e guardiamo ai fatti. La tragedia umanitaria di questo paese (potenzialmente tra i più ricchi del pianeta) è il fallimento della politica della comunità internazionale ed in particolare delle Nazioni Unite. Non è casuale che la rabbia degli abitanti di Goma si sia riversata sulla sede che ospita in città i caschi blu, accusati di non far niente per proteggere la popolazione civile dalla violenza sia dell’esercito governativo che dalle milizie dei ribelli.
Il contingente dei cosiddetti peacekeepers è formato da 17 mila uomini, bene armati ed addestrati. I rivoltosi sono poco meno di tremila, addestrati alla meno peggio e senza nessuna disciplina. E’ vero che i caschi blu (per i quali anche noi cittadini italiani contribuiamo al loro mantenimento) non devono combattere ma nemmeno possono far finta di non vedere, ignorare ciò che accade sotto il naso. C’è un drammatico precedente: a Sebrenica, ex Jugoslavia, i caschi blu olandesi si girarono letteralmente dalla parte opposta mentre i serbi massacravano civili inermi, colpevoli soltanto di credere in un dio diverso dal loro. Nella regione nord orientale del Kivu è successa la stessa cosa.
Non è possibile che si ripetano le stesse tragedie “annunciate” con drammatica ciclicità.
L’Onu va riformata e rivista: così come non serve a nessuno.
Ora si cerca di correre ai ripari di fronte ad un milione e se centomila profughi senza cibo, acqua, medicine. Con il colera alle porte ed una infinita serie di malattie contagiose. Sono stati necessari 12 anni di guerra (interrotta da brevi periodi di pace necessari alle forze in campo a riarmarsi e riorganizzarsi) per capire che così non si può andare avanti. Ma è una vera presa d’atto di una situazione insostenibile o piuttosto il fatto che comincia a scarseggiare sul mercato mondiale coltan e cobalto (minerali che si estraggono in grandi quantità nel Congo) necessari al mondo occidentale per creare le memorie di computer e telefoni mobili?
Non dimentichiamo che qualche anno fa una grande industria ricevette un danno enorme dal mancato arrivo sul mercato nel periodo natalizio di un particolare modello di playstation proprio perché era in corso una recrudescenza di questo conflitto che bloccò l’estrazione del minerale necessario alla sua realizzazione.
Ora siamo tutti più buoni dopo aver visto in tv le immagini che arrivano dall’area più instabile del mondo. Ma prima di indignarci con il governo di Kinshasa (colpevole di utilizzare milizie paramilitari hutu che affiancano l’esercito) oppure con il generale tutsi Laurent Nkunda (sostenuto dal governo del Ruanda in chiave anti Kinshasa) dovremmo arrabbiarci con gli occupanti del Palazzo di Vetro.
Quante altre tragedie umanitarie dobbiamo attendere prima che voi apriate gli occhi?
Fonte: Articolo21
02 novembre 2008