La strage delle donne
il Manifesto
Naufragio in Tunisia. La Marina tunisina recupera 48 salme, quasi tutte donne ma anche due bambini. Le ong: «Basta morti, serve una missione europea»
Una strage di donne. Più passano i giorni e più assume le dimensioni di una immane tragedia il naufragio del barcone carico di migranti affondato sei giorni fa davanti alle coste tunisine. Della 53 persone che si trovavano a bordo, la maggior parte della quali migranti subsahariani, nessuna sarebbe sopravvissuta. Le autorità tunisine ieri hanno comunicato di avere recuperato 48 cadaveri, ma c’è chi parla di 52 salme.
E la maggior parte dei corpi appartiene a donne e ragazze – una delle quali incinta – che cercavano di raggiungere l’Italia. Molti, anche se il numero rimane per ora imprecisato, anche i bambini che si trovavano sul vecchio peschereccio partito dalla città di Sfax nella notte tra il 4 e i 5 giugno scorsi. «Questo naufragio ci colpisce anche perché ha causato la morte di molte donne, ragazze subsahariane partite dalla Tunisia e alcune di loro probabilmente potenziali vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale o domestico» commenta Flavio Di Giacomo, portavoce dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim).
Si deve probabilmente alle cattive condizioni meteorologiche l’ultimo naufragio del Mediterraneo. I problemi il barcone, che aveva a bordo molte più persone di quante avrebbe potuto portarne, sarebbero cominciati non molto dopo la partenza, quando si trovava nello specchio di mare compreso tra El Louza e Kraten, al largo delle isole Kerkannah. Le partenze dalle coste tunisine hanno avuto un ulteriore incremento a partire dall’inizio dell’anno, più 156% rispetto al 2019 secondo l’Alto commissariato Onu per i rifugiati (ieri un gruppo di 49 tunisini, a bordo di un barcone di circa 15 metri, è approdato a Lampedusa).
E a partire, oltre a tunisini, sono migranti provenienti dall’area subsahariana tra i quali molte donne, in particolare ivoriane, 260 delle quali registrate nel nostro Paese dal primo gennaio al 31 maggio. Per tutti la mèta è sempre l’Europa, con l’Italia, e in particolare l’isola di Lampedusa, come primo approdo.
Viaggi che troppo spesso si trasformano in tragedie. Sempre l’Oim parla di almeno 157 persone morte dall’inizio dell’anno nel tentativo di attraversare il Mediterraneo centrale, che si conferma come la rotta più pericolosa del mondo.
Dopo mesi, da pochi giorni le navi delle ong hanno ripreso a pattugliare il mare pronte a soccorrere le imbarcazioni dei migranti in difficoltà.
E’ così per la nave Sea Watch dell’omonima ong tedesca, seguita dalla Mare Jonio della piattaforma Mediterranea, mentre è in procinto di partire la Ocean Viking della francese Sos Mediterranée.
Una flotta di soccorritori privati che colmano il vuoto lasciato dall’Unione europea. «Siamo stanchi di contare i morti nella grande fossa comune che il Mediterraneo è diventato», ha ricordava ieri Valeria Carlini, portavoce del Cir, il Consiglio italiano per i rifugiati tornando ancora una volta a chiedere che «venga ripristinata una missione di ricerca e soccorso che coinvolga i paesi dell’Unione europea».
Anche perché abbiamo di fronte un’estate durante la quale è sicura una ripresa in massa delle partenze. «La fuga via mare sembra ancora essere l’unica soluzione per le persone intrappolate in Libia», sottolinea Medici senza frontiere ricordando come nel Paese nordafricano oltre alle organizzazioni criminali, a spingere i migranti a prendere il mare ci sono anche la guerra e la pandemia di coronavirus. «Pur riconoscendo l’importanza delle azioni di salvataggio condotte da vari attori della società civile, l’Oim ribadisce la richiesta di rafforzare il ruolo degli Stati nelle operazioni di ricerca e salvataggio nel Mediterraneo, il cui attraversamento rimane il più mortale nel mondo», è invece l’appello dell’organismo dell’Onu.
Appello al quale in serata si è associata anche Emma Bonino: «Altre persone morte nel silenzio generale», ha detto la senatrice di +Europa. «Erano su una barca, non ci sono foto e nemmeno video. Lontano dagli occhi, invisibili al cuore. Nessun superstite. Tra i morti anche donne e bambini di 2-3 anni. Di quante altre morti dobbiamo leggere per capire che si tratta di esseri umani?».
Carlo Lania
Il Manifesto
12 giugno 2020