La spunta Karzai, annullate le elezioni
Emanuele Giordana - Lettera22
Dopo il ritiro di Abdullah Abdullah la Commissione elettorale indipendente dichiara che Hamid Karzai è il presidente dell’Afghanistan.
“La Commissione elettorale indipendente dichiara che Hamid Karzai, che ha raccolto la maggioranza dei voti al primo turno ed è il solo candidato al secondo, è il presidente dell'Afghanistan”. Il responsabile dell'Iec, Azizullah Ludin, l'uomo che ha rischiato di essere defenestrato dal suo incarico su espressa richiesta del “candidato uscente” Abdullah Abdullah, deve aver sudato ieri la sua ultima camicia. Con una decisione che appare del tutto ineccepibile sul piano della logica ha fatto saltare il ballottaggio, proclamato Karzai presidente e fatto tirare un sospiro di sollievo a cancellerie e caserme. Niente ballottaggio, niente violenze, kamikaze, stragi. Una logica però che stride con la Carta costituzionale e con una legge elettorale che prevede che il ballottaggio si debba comunque tenere se nessun candidato ha superato il 50% al primo turno.
Ma la decisione, che da molti osservatori era stata prevista, taglia la testa al toro. E del resto, se il primo turno è stata una mezza farsa – con quattro afgani su dieci che si sono presentai alle urne e 210 seggi annullati per oltre un milione di voti fraudolenti – meglio chiudere subito il capitolo elettorale e il grande “successo” proclamato incautamente all'indomani del 20 agosto scorso. La sponda è stata offerta proprio da Abdullah Abdullah, il candidato 30% che, dopo un tira-e-molla, ha deciso di tirarsi indietro. I maligni han detto che sapeva di perdere; molti altri hanno dedotto che fosse solo uno dei capitoli – l'ultimo e non altrimenti perfettibile – del negoziato che si è svolto, e probabilmente ancora si sta svolgendo, sotto banco: sia per evitare nuove elezioni facendo finta però che si volessero fare, sia per trattare la posizione che Abdullah assumerà coi suoi pard nel nuovo esecutivo. Materia per i prossimi giorni. Quanto alla legge…inutile per ora sollevare obiezioni di lana caprina.
Se il buon giorno si vede dal mattino, l'arrivo a Kabul di Ban Ki moon era stato il primo segnale che qualcosa sarebbe accaduto. Il segretario generale dell'Onu è ufficialmente in visita in Afghanistan in seguito alla strage nel compound delle Nazioni unite di alcuni giorni fa (il Palazzo di Vetro ha ordinato una stretta sulla sicurezza dei suoi funzionari nel paese), ma i primi appuntamenti sono stati coi due (ex) sfidanti. E le sollecite congratulazioni di americani e britannici dimostrano quello che un diplomatico ci aveva appena soffiato a mezza bocca prima dell'annuncio: “Nessuno vuol fare nuove elezioni ma non si riesce a capire chi si prenderà la responsabilità di dirlo”. Responsabilità che, alla fine, toccava di rigore ad Azizullah Ludin, l'uomo di cui Abdullah aveva chiesto la testa e la cui decisione, aveva detto in mattinata Ban Ki moon, sarebbe stata rispetta dalla comunità internazionale quale che fosse.
Il comunicato che arriva nel pomeriggio dalla Casa Bianca sembra un prestampato: “Ci congratuliamo con il presidente Karzai per la sua vittoria in questa elezione storica – scrive un nota dell'ambasciata americana a Kabul – e continueremo a lavorare con lui, con la sua nuova amministrazione, con il popolo afgano e con i nostri partner nella comunità internazionale per sostenere il progresso dell'Afghanistan sulla via delle riforme istituzionali, della sicurezza e della prosperità”. Ce n'è anche per Abdullah che “avrà un ruolo nel futuro del paese” e per “tutti gli altri candidati” per i loro sforzi “diretti a rafforzare il futuro di democrazia dell'Afghanistan”. Subito dopo ecco la telefonata di Gordon Brown a Karzai: la prima di una serie di chiamate e dichiarazioni – rapidissima anche Mosca mentre Francia e Germania fanno una sorta di dichiarazione congiunta e Frattini si augura una stagione di riforme – e che anticipa la più attesa, quella dallo studio ovale ovviamente.
Ma congratulazioni, soddisfazioni e frasi fatte non riescono a nascondere il sapore amaro di una sconfitta: quella della democrazia da provetta da sperimentare nel laboratorio Afghanistan e messa a dura prova dal turno del 20 agosto e adesso dal ballottaggio, sacrificato sull'altare delle Realpolitik. Se la gente di Kabul o di Mazar, di Khost o di Kandahar avesse voce in capitolo, sarebbe interessante spare cosa ne pensa di questo finale un po' tragicomico dell'esperienza elettorale. Tant'è: quel che è certo è che, tutto sommato, sembra essere assai meglio così. Elezioni annullate sono un sospiro di sollievo per i gestori della sicurezza, ormai la parola chiave che viene utilizzata nel teatro afgano.
Intanto la guerra. Quattro caccia bombardieri italiani Amx sono in partenza per l'Afghanistan dove sostituiranno due caccia Tornado: partenza prevista per domani, con “compiti di ricognizione” ma “potranno anche fare uso del cannone di bordo a supporto delle forze amiche a terra”. Compiti – ha spiegato il generale Tei, capo di Stato maggiore dell'Aeronautica – essenziali per garantire la sicurezza della popolazione locale, dei militari della coalizione e delle forze afgane”. Ma per chi rinforza i suoi militari (ieri Rifondazione è tornata a chiederne il ritiro) c'è anche chi frena: come annunciato il premier giapponese Yukio Hatoyama ha confermato che il governo guidato dal Partito democratico del Giappone non rinnoverà il mandato della missione navale nel Mar Arabico (350 uomini) di supporto logistico all'Isaf. Ora, ha detto, verranno valutate nuove possibilità per contribuire alla stabilizzazione dell'Afghanistan e della regione. C'è anche chi pensa dunque che ci può essere un altro modo, oltre alle elezioni e ai caccia, di dare una mano.
Fonte: Lettera22
3 novembre 2009