La solitudine di McChrystal


Emanuele Giordana - Lettera22


Il generale Stanley McChrystal è stato sollevato da Barak Obama dall’incarico di comandate Nato e delle truppe americane in Afghanistan, al suo posto arriva David Peatraeus. L’analisi di Emanuele Giordana.


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La solitudine di McChrystal

Quello di McChrytsal, tanto per cominciare, non  può essere uno scivolone. Si, forse, il generale non ha dato tanto peso a certe parole, ma le frasi le ha dette: di James Jones, super consigliere di Obama, che è un clown; del vicepresidente Joe Biden che è un pusillanime; dell'inviato speciale Richard Holbrooke che è un fifone e un uomo di cui è meglio non aprire le mail; di Karl Eikenberry che si para i fianchi e, soprattutto, del suo presidente, che è un uomo impreparato e distratto sulla guerra in Afghanistan (ha salvato solo la Hillary Clinton).  Con bordate di questo tipo, un uomo come McChrystal, abituato a valutare il calibro delle bombe per non uccidere troppi civili afgani, non poteva non sapere che il colpo sarebbe stato ferale. E il bombardamento di parole così pesante da causare una reazione inequivocabile ed evidente: il suo richiamo a Washington con la conseguente perdita di un incarico pesante, ingrato e faticoso. La sensazione è che McChrystal, come farebbe Eikenberry, si è voluto parare i fianchi davanti al giudizio della Storia. Una Storia che, ogni giorno che passa, decreta la morte della campagna afgana per mancanza di idee e iniziative politiche, accompagnate da un 'incapacità di interpretare la realtà e dal desiderio di mollare tutto al più presto- Altro che forziere di ogni ben di Dio minerario! L'Afghanistan è un inferno da cui si deve fuggire, ma senza troppo farlo intendere. McChrystal  lo sa: non avrebbe mai avuto i 100mila uomini richiesti e non avrebbe mai visto l'iniziativa politica promessa da Obama oltre un anno fa e materializzatasi nei fatti in una sola richiesta a una sola persona: la richiesta era “sbrigati”, la persona era Stanley McChrystal.Un soldato.

McChrystal sa che il conflitto afgano richiede tempo ed energia, soldi e idee e, soprattutto, un accordo serio tra alleati, siano essi afgani, britannici o italiani. Ma anche McChrystal aveva capito che a nessuno interessa finire le cose bene e seriamente. Per tutti, da Londra a Washington, da Roma all'Aja, l'unica necessità è fare in fretta e riportare i soldati a casa prima che il consenso popolare scemi definitamente, che i soldi finiscano, che un'altra guerra più redditizia appaia all'orizzonte. McChrystal, da semplice gregario di una compagine più avvezza di lui al gioco della politica, ci ha messo un po', forse, a capirlo. Ma quando gli è stato chiaro che sarebbe rimasto a lui il cerino in mano, ha fatto quello che ognuno di noi farebbe: sparare sul quartier generale per ottenere il prepensionamento. Cui seguirà, statene certi, un libro. Il titolo? “Perché abbiamo perso la guerra”. Cos'altro?

Ora gli Stati uniti sono in difficoltà. La scelta di Petraeus, che in un certo senso viene degradato da comandante in capo a semplice uomo di campo, era l'unica possibile. E non solo perché fu Petraeus a caldeggiare McChrystal. Ma perché Petraeus è l'unico che ha la statura per affrontare la più lunga guerra in cui sono impegnati gli Stati uniti e che si sta rivelando un pantano di sabbie mobili. Riuscirà? Lecito dubitarne. La sua ricetta è già stata in parte usata in Afghanistan (assoldare milizie e comperare capi tribù) ma non sta funzionando. Dovrà mostrare i muscoli poiché è ciò che il presidente gli chiede e ciò che serve dopo una disfatta come la fuoriuscita di McChrystal. Ma ancora una volta il conflitto e le sue sorti ricadranno sulle spalle di un soldato e la politica tirerà un sospiro di sollievo. Petraeus no. Quale giornale sceglierà per sparare, tra qualche mese, sul quartier generale?

Fonte: Lettera22, NTNN

24 giugno 2010

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