La sinistra riscopre il pacifismo


Cinzia Gubbini


I quattro ministri della Cosa rossa non votano in cdm il rifinanziamento delle missioni militari Kabul e Kosovo. Questi i fronti aperti. "Non li voteremo". Ma in soccorso alla maggioranza in crisi arriveranno i voti di An.


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La sinistra riscopre il pacifismo

È finita: basta ingoiare rospi, votare con il maldipancia. Dopo un anno e mezzo di veri e propri drammi politici e personali, per la schiera dei parlamentari della sinistra radicale inizia il tempo della rimonta. Almeno ci si prova. E siccome è sull'Afghanistan che si era consumata una delle prime rotture tra popolo della sinistra e governo dell'Unione, è sull'Afghanistan che si tenta di ricostruire una corrispondenza di amorosi sensi. L'assist arriva dal primo consiglio dei ministri post-crisi, che ieri ha votato il decreto sulle missioni all'estero, da convertire entro 60 giorni alle Camere. Ebbene, la Cosa Rossa si dissocia. I quattro ministri di sinistra non si oppongono, però non partecipano al voto. «Era un tema che doveva far parte della verifica, e visto che non c'è stata andrà fatta direttamente in parlamento», dice il ministro Prc della Solidarietà sociale Paolo Ferrero, fungendo un po' da portavoce. Praticamente, dopo la sconfitta al senato siamo in piena Casa della Libertà: ognuno fa un po' come gli pare. O meglio, si riprende la sua «identità» e cerca di parlare con una voce sola. Perché questo sarebbe l'obiettivo, sempre che ci si chiarisca sulla necessità di fare una nuova legge elettorale, esigenza che pare imprescindibile al Prc ma che i Comunisti italiani continuano a vedere come fumo negli occhi.
La questione al centro della ricostruzione di un'alleanza di sinistra, però, sono i valori. E il pacifismo è uno di questi. Dunque i parlamentari dell'ala sinistra dell'Unione annunciano che senza dubbio voteranno no al rifinanziamento della missione Isaf. Per quanto riguarda il resto del decreto, si vedrà. Dentro al rifinanziamento ci sono anche missioni «buone», come quella in Darfur e in Sudan, ma c'è anche quella in Libano e su questo fronte potrebbe esserci una nuova divergenza di vedute all'interno dell'Arcobaleno. Il capogruppo del Prc al Senato, Giovanni Russo Spena, non dà nulla per scontato, però ragiona: «In fondo, quella è una missione Onu». Ma non è detto che tutti siano d'accordo. C'è poi una «new entry», e cioè i poco più di 7 milioni di euro destinati all'accordo con la Libia. Anche simbolicamente la lotta all'immigrazione clandestina rientra all'interno di un provvedimento che riguarda soldati e guerra. Come reagirà la sinistra radicale? Per il resto, il testo è più o meno uguale a quello dell'anno scorso (1 milione e 52 mila euro), con qualche concessione in più alla cooperazione, il che lascia intendere una cosa: i soldi non basteranno certo fino al prossimo dicembre. Ci si campa, forse, fino a ottobre.
Comunque sia, per la sinistra radicale non esiste più un vincolo di coalizione con il Pd: «Dopo aver accettato di tutto, finalmente possiamo dire come la pensiamo: io considero l'Afghanistan come una degli errori e degli orrori più grandi», dice la capogruppo dei Verdi-Pdci al senato Manuela Palermi, voce bassissima come postumo della battaglia in senato. «Se abbiamo sbagliato? Sì, forse. A me sembrava indispensabile sostenere il governo per ricreare un senso comune a sinistra. Ci sto riflettendo. Il mio impegno adesso è per una sinistra unita». E la legge elettorale? «E' una cosa complicata, dico solo che bisognerebbe tornare alle urne per una questione morale». Più netto Russo Spena, assolutamente convinto della necessità di puntare su un proporzionale alla tedesca e «di riprenderci la nostra identità. Abbiamo votato sì sull'Afghanistan finché si promettevano dei cambiamenti, che non ci sono stati». Come anche la senatrice Silvana Pisa di Sinistra democratica: «Dov'è la conferenza di pace? Dov'è il gruppo di parlamentari che doveva monitorare? L'Afghanistan è una paese in guerra». E i fronti di dissenso con gli ex alleati sono nuemrosi. L'altro ieri alla Commissione affari costituzionali della Camera la sinistra si è astenuta sul decreto sicurezza. L'Arcobaleno ha presentato una mozione in senato firmata da Cossutta (Pdci) sulla spinosa questione del riconoscimento dell'indipendenza del Kosovo, in cui diffida a inviare militari (come è avvenuto) fuori dalle deliberazioni dell'Onu e a non assumere decisioni sullo status della regione senza prima discuterne in parlamento.
Ma il problema è un altro: nonostante ora la Cosa rossa possa vantare di avere le mani libere, serve a poco: la destra è pronta a sostenere provvedimenti che condivide senza problemi. «Non faremo mancare il nostro voto per garantire la continuazione delle missioni militari», fanno sapere, ad esempio, dal gruppo parlamentare del senato di An.

Fonte: Manifesto

26 gennaio 2008

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