La sfida dei paktalebani
Emanuele Giordana - Lettera22
Nuovi scontri con l’esercito dei talebani pachistani che avanzano verso Islamabad: prova di forza dopo la vittoria nella valle di Swat. La guerra in Pakistan vista dall’Afghanistan.
Herat – Nei cosiddetti verbasti, contenitori con la sabbia che servono a riparare caserme e obiettivi sensibili, sono spuntati i primi fiori della primavera afgana. Cosi’ che oggi, alla base militare Nato di Herat, la guerra sembra davvero lontana. E questi bizzarri "vasi da fiori" appaiono piu’ come il rimando alla primavera in quanto tale che non alla rituale offensiva di primavera che ogni anno si aspetta dai talebani afgani. Ma oltre le montagne che separano l’Afghanistan dal Pakistan le cose vanno assai diversamente. E, visto quando accade, si puo’ ben dire che l’allievo ha superato il maestro. Le notizie che arrivano da oltre la Durand Line, il confine artificiale inventato da Sua Maesta’ britannica a fine Ottocento, non sono affatto rassicuranti. Anzi.
Dopo aver ormai preso il controllo della valle di Swat, nell’area immediatamente al confine con i distretti tribali del Pakistan orientale, i talebani pachistani, una clonazione assai ben riuscita e molto agguerrita dei confratelli di mullah Omar, avanzano sulla capitale. Tanto da aver costretto il governo del presidente Zardari e del premier Gilani a inviare l’esercito per impedire un’avanzata, forse piu’ che simbolica, e fermarla a un centinaio di chilometri da Islamabad. Il nuovo epicentro e’ il distretto di Buner, dove i militanti pattugliano strade ed edifici e hanno creato posti di blocco per dimostrare chi comanda. Tanto da aver iniziato ad attaccare i primi militari giunti sul posto (circa trecento). Le notizie da quel fronte raccontano di bombardamenti dell’esercito pachistano e di attacchi dei talebani ai convogli dei militari. Una vera e propria guerra – con morti e feriti – che si estende sempre piu’ oltre le turbolente aree tribali della frontiera.
La situazione in Pakistan sembra ormai peggiorare di giorno in giorno e anche gli Stati Uniti, disposti a un sostegno finanziario forte a Islamabad, stanno alzando la voce. Il segretario di Stato Hillary Clinton sostiene che i talebani pachsitani sono una “minaccia mortale”, non solo per il Pakistan ma per la sicurezza globale. E, parlando al Congresso, non ha risparmiato accuse alla leadership pachistana, colpevole di “aver abdicato” al suo ruolo di garante consegnando parte del paese a “talebani ed estremisti”.
L’avanzata degli uomini di Beitullah Meshud, per citare uno dei capi dei paktalebani piu’ noto, e’ certamente una prova di forza e del resto i talebani del Pakistan sanno che, ottenuta una prima vittoria, forse si puo’ tentare la sfida in grande stile. La Clinton si e’ infatti limitata a ripetere, anche se con toni molto duri, quanto gia’ detto non solo dagli americani all’indomani dell’accordo siglato tra Islambad e mullah talebani per la valle di Swat. Un accordo che, alcune settimane fa, ha autorizzato l’introduzione della sharia -richiesta dai paktalebani – nella valle di Swat per mettere fine a una sanguinosissima guerra durata quasi due anni. La guerra e’ pero' solo in parte terminata e ora la Swat e’ diventata l’ennesimo santuario degli estremisti pachistani, dove si trovano a loro agio radicali e guerrilieri e da dove, mancando ormai il controllo statale, diventa piu’ facile organizzare nuove sortite in una sorta di strategia di presa delle citta’ muovendo dalle campagne. Una strategia mediata dalle guerre di liberazione marxiste e che anche i talebani afgani vorrebbero mettere in pratica. Ma le condizioni sono assai diverse. E mentre in Afghanistan i nemici si confondono per via della presenza occidentale, in Pakistan si combatte solo tra pachistani.
Tra la valle di Swat, le agenzie tribali dell’area di confine con l’Afghanistan e il passo del Khyber, dove si varca la frontiera tra i due paesi, il fronte si allarga in micorguerre che si mescolano tra loro. Con sintomi di contagio persino nel Belusictan (al confine con l’Iran) e chissa’ forse anche con la guerriglia in Kashmir o con i gruppi radicali attivi nelle aree urbane. Un fronte ancora disomogeneo. Il pericolo maggiore e’ che si saldi in una sfida davvero mortale, prima di tutto per il Pakistan.
Fonte: Lettera22 e il Riformista
24 aprile 2009