La Palestina celebra la “Catastrofe”. Napolitano a Gerusalemme


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Sale la tensione in Cisgiordania dove oggi si ricorda il 63esimo anniversario della Naqba, il “Giorno della catastrofe”, come i palestinesi definiscono l’anniversario della nascita dello Stato d’Israele.


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La Palestina celebra la "Catastrofe". Napolitano a Gerusalemme

Gerusalemme – L'esercito israeliano ha sigillato per 24 ore i valichi con la Cisgiordania nel contesto di una serie di misure di straordinarie sicurezza approntate per contenere le manifestazioni palestinesi indette oggi in occasione della Giornata della Naqba, la 'catastrofe', parola con cui i palestinesi commemorano lo sradicamento dalle loro case e terre di centinaia di migliaia di connazionali seguito alla creazione dello Stato d'Israele, 63 anni fa. In diversi siti internet arabi la giornata odierna è stata fissata come l'inizio di una terza 'intifada'.

Nei giorni scorsi in Cisgiordania sono stati inviati una decina di battaglioni, in rinforzo delle unità dell'esercito israeliano che di norma vi operano. A Gerusalemme est – dove ieri è deceduto un adolescente palestinese rimasto coinvolto in duri scontri divampati venerdì dopo le preghiere nelle moschee – la polizia israeliana è dislocata anche oggi in maniera massiccia.

L'uccisione del ragazzo palestinese

A esacerbare gli animi – in un'atmosfera resa già elettrica dalla ricorrenza, dal contagio dei venti di protesta di altre piazze arabe e dalla prospettiva di rilancio del riconoscimento di uno Stato palestinese indipendente alimentata dal recente accordo di 'riconciliazione' fra le fazioni rivali di Fatah e Hamas – è stata la notizia della fine di Milad Said Ayash: il ragazzo di nemmeno 17 anni ferito da un colpo d'arma da fuoco nel pieno dei tumulti di venerdì.

Una notizia che si è subito diffusa, suscitando collera ed emozione. E che si è propagata fino a Jaffa, alle porte di Tel Aviv, dove alcune centinaia di abitanti arabi sono scesi anch'essi in piazza in uno sventolio di bandiere palestinesi, su appello del Movimento Islamico, senza dar luogo a incidenti ma scandendo duri slogan contro "Israele, Stato del terrore".

Il fuoco alle polveri della protesta è tornato tuttavia ad accendersi soprattutto a Gerusalemme quando, a margine del corteo funebre che ha accompagnato il feretro di Aysah fino al cimitero musulmano vicino alla spianata delle Moschee, alcune decine di giovani sono entrati in azione improvvisando tentativi di blocchi stradali e lanciando sassi. Le forze dell'ordine hanno reagito con lacrimogeni e proiettili di gomma (almeno tre i contusi fra i palestinesi, altrettanti fra i poliziotti), oltre che con il fermo di diversi dimostranti (una settantina da venerdì) che avevano cercato di fare un'incursione contro il condominio-bunker eretto a Silwan dal movimento dei coloni e dal quale risulta essere partito ieri il colpo che ha ucciso il 17enne.

La rabbia del padre

Secondo i parenti della vittima e alcuni pacifisti israeliani, Milad Said sarebbe stato in effetti centrato allo stomaco da una delle guardie private di un edificio eretto da attivisti ebrei-nazionalisti – fra polemiche e frizioni continue – nel cuore arabo di Gerusalemme est. La polizia ha da parte sua riconosciuto la morte del ragazzo promettendo indagini, ma aggiungendo di non poter avallare per ora alcuna versione avendo i familiari rifiutato di consegnare il cadavere alle autorità israeliane per un'autopsia. Mentre non trova al momento conferma certa la voce riecheggiata ieri secondo cui la sparatoria fatale potrebbe essere stata legata a un presunto lancio di bottiglie incendiarie verso la palazzina dei coloni.

Dopo le esequie, il padre di Ayash ha in ogni modo accusato "i coloni e i loro vigilantes" d'aver commesso "un omicidio", sparando al figlio "da cinque metri di distanza, deliberatamente e a sangue freddo". Mentre un altro abitante del quartiere, interpellato dai media, ha ammonito che a Silwan "la gente è ormai furiosa" e che i cortei annunciati per oggi a Gerusalemme e altrove rischiano davvero di sfuggire di mano: a dispetto della volontà dichiarata delle forze israeliane di ridurre al minimo le occasioni scontro e dell'interesse dell'Autorità palestinese (Anp) di dar vita a una prova di forza non violenta. "Dinanzi a noi – ha vaticinato l'uomo – potremmo avere giorni cruenti".

Massima allerta

Per questo oggi lo stato di allerta è stato elevato anche nelle principali località arabe di Israele e lungo i confini. I fautori della causa palestinese in Libano hanno infatti fissato per oggi una manifestazione nel villaggio di Marun al-Ras, roccaforte dei guerriglieri Hezbollah situata a un km in linea d'aria dal territorio israeliano.
Altre manifestazioni filopalestinesi potrebbero avere luogo anche nelle alture siriane del Golan, lungo il confine con la Giordania e nella striscia di Gaza.

Fonte: GrRadio Rai

15 maggio 2011

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