La marcia dei piccoli


Silvia Beconi, Reporter di pace


Domenica 16 maggio centinaia di bambini, provienienti da ogni parte d’Italia, hanno marciato tra Perugia e Assisi per un futuro di pace.


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La marcia dei piccoli

I bambini della scuola Domenico Bevilacqua di Tagliacozzo, in provincia de L’Aquila, la Marcia della pace non la improvvisano. Si sono allenati per settimane. Ogni mercoledì, nell’ora di educazione motoria, hanno camminato. In palestra, fuori dalla scuola, per strada. Hanno allenato le gambe e hanno allenato la testa. E hanno anche preparato uno spettacolo sulla Costituzione. Elena ha uno zainetto a forma di coccinella e una filastrocca da leggere all’arrivo, ad Assisi, se non pioverà: “Era il quarantasei quando i padri fondatori decisero di farsi in sei, pensando ad un mondo migliore Enrico De Nicola promulgò la Costituzione…”.  Matteo invece spera che piova, “che almeno è più divertente”; ogni volta che c’è una pozza d’acqua lungo la strada ci salta dentro a piè pari. Secondo lui “La Costituzione è che quando decidiamo che gioco fare votiamo. È che non devo scrivere sul mio banco perché è di tutti.” Cantano una canzone di De Andrè: “Se verrà la guerra marcondirondera… se verrà la guerra chi ci salverà”.
La maestra Maria Luisa racconta che da loro il terremoto non è arrivato ma la paura sì. La scuola ha chiuso per un periodo e c’è chi ha dormito in strada. Non è stato un anno facile.  
Ce ne sono di bimbi in marcia, di tutte le misure. Alcuni riescono ad affacciarsi appena sopra gli striscioni, alti quasi quanto loro. I genitori al seguito spingono passeggini carichi di tutto quell’armamentario di cose che le mamme portano sempre nel caso in cui ci fosse troppa pioggia, troppo sole, il bimbo avesse fame, si facesse male, gli scappasse la pipì. Tutte quelle cose che pesano, che poi non servono mai ma vanno portate lo stesso: pannolini, disinfettante, succhi di frutta, borraccia, golfino, cappello, impermeabile leggero, impermeabile pesante, frutta, salviette profumate, calzini di ricambio, stivaletti di gomma. Ventiquattro chilometri con dei bambini che giocano, hanno sonno, si lamentano non è proprio una passeggiata. Per decidere di portarli bisogna credere davvero che sia importante. Bisogna essere convinti che la cultura della pace sia meglio impararla da piccoli, come nuotare, parlare l’inglese, suonare il pianoforte. Dopo è più difficile. Si può, ma è più difficile.
I metodi per insegnare la pace sono diversi. Alcuni insegnanti  hanno portato i bambini ai workshop del Forum come quello sul ruolo dell’Unione Europea nel mondo che si è tenuto nel giorno precedente alla Marcia. Francesca, 9 anni, c’è stata e anche se non ha  capito proprio tutto dice che “l’importante è stare insieme”.  Per una mamma di Viareggio invece la pace non si insegna. Non si perde in chiacchiere questa signora, deve recuperare suo figlio che è scappato nel prato a caccia di lucertole. Lei non gli ha spiegato nulla prima di venire. L’ha portato alla Marcia e basta: “Stasera si sentirà cosa c’avrà capito da solo, di questa Marcia. Ce la spiega lui a noi, la Marcia, stasera”. È un metodo anche questo.  

Silvia Beconi

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