La destra di Netanyahu stravince
Michele Giorgio
Il Likud si è affermato ancora una volta come il primo partito di Israele. Poche migliaia di voti hanno fatto la differenza ed è possibile che Netanyahu li abbia conquistati annunciando la scorsa settimana che annetterà a Israele larghe porzioni di Cisgiordania palestinese. La destra radicale lo appoggia.
Possiamo esserne certi. Benyamin Netanyahu stasera celebrerà, come se fosse un omaggio alla sua riconferma a premier, il touchdown sulla Luna della mini-sonda israeliana Beresheet. Lo presenterà come un altro traguardo della sua era. Era che tanti credevano fosse giunta a conclusione. I sondaggi l’avevano detto per mesi e altrettanto hanno fatto gli exit poll martedì sera alla chiusura dei seggi elettorali. Invece sul filo di lana, dopo un testa a testa andato avanti per ore con la lista Blu e Bianco dell’ex capo di stato maggiore Benny Gantz, il Likud del primo ministro si è affermato ancora una volta come il primo partito di Israele. Poche migliaia di voti hanno fatto la differenza (26,4% contro il 26,1%, 35 seggi ad entrambi) ed è possibile che Netanyahu li abbia conquistati annunciando la scorsa settimana che annetterà a Israele larghe porzioni di Cisgiordania palestinese. Ha strappato consensi alla destra più radicale, i fatti gli hanno dato ragione ed è già al lavoro per formare la nuova maggioranza, in anticipo sulle consultazioni che il capo dello stato Rivlin avvierà la prossima settimana.
Tutti i partiti di destra che hanno superato la soglia di sbarramento del 3,25% faranno il nome di Netanyahu. Assieme al Likud compongono una maggioranza di 65 seggi. Che potrebbe allargarsi se Nuova Destra, il partito fondato nei mesi scorsi dai ministri ultranazionalisti, Ayelet Shaked e Naftali Bennett, riuscirà ad entrare in parlamento grazie ai voti (300mila) di soldati, detenuti, ammalati negli ospedali e dei diplomatici all’estero di cui è in corso lo scrutinio. Se Nuova Destra supererà la soglia elettorale, dalla Knesset uscirà una delle due liste arabe, Balad-Raam, che ha passato lo sbarramento per poche migliaia di voti, penalizzata dalla bassissima affluenza (46%) alle urne nei centri arabi dove anche le telecamere introdotte da attivisti del Likud per impedire presunte “irregolarità” in 1.300 seggi elettorali ha scoraggiato la partecipazione al voto. Invece le irregolarità vere e gravi sono avvenute in diverse colonie ebraiche in Cisgiordania, le roccaforti della destra, dove si è registrato un numero di voti maggiore rispetto agli elettori. Ne ha beneficiato l’Unione dei Partiti di Destra (Upd), una coalizione di tre partiti sorta su pressione di Netanyahu, e di cui fa parte anche Otzma Yehudit, erede del movimento razzista antiarabo Kach.
I razzisti quindi fanno ingresso ufficiale, tra canti e festeggiamenti, nella nuova Knesset e già chiedono a Netanyahu di mantenere la promessa di cariche ministeriali. Forte dei cinque seggi ottenuti, Rafi Peretz, leader dell’Upd, si vede adatto a ricoprire l’incarico di ministro dell’istruzione. Il numero due, Bezalel Smotrich, vuole il ministero della giustizia. Due incarichi fondamentali ed è facile immaginare con quali intenti l’Upd voglia guidarli. Ieri nella zona H2 di Hebron dove sono insediati 700 coloni israeliani tra i più estremisti e alcuni esponenti di Otzma Yehudit, la soddisfazione si tagliava a fette e si invocava l’annessione immediata della Cisgiordania. Qualche rimpianto tra i coloni per il tonfo di Moshe Feiglin, bizzarro leader di Zehut che vuole «l’emigrazione incentivata» dei palestinesi, la ricostruzione del Tempio ebraico (dove ora sorge la moschea di al Aqsa) assieme alla cannabis libera.
Non c’è alcun motivo per stare tranquilli eppure lo sconfitto Benny Gantz si mostra positivo. «Buon giorno, amici, si, buongiorno!» ha scritto ieri su Twitter. Ha ammesso la sconfitta ma allo stesso tempo assicura che «Siamo la vera alternativa». Il suo alleato Yair Lapid promette di trasformare il parlamento in un «campo di battaglia» per tornare al voto già tra un anno. I due probabilmente pensano che la probabile incriminazione definitiva per corruzione costringerà Benyamin Netanyahu a dimettersi. Intanto devono fare i conti con un centrosinistra ai minimi termini e una presenza araba alla Knesset fortemente ridimensionata (10 seggi, solo sei se esce Balad-Raam). Spicca il crollo laburista, appena sei seggi contro i 24 del 2015. Il Meretz (4-5 seggi), la sinistra sionista, invece ha retto.
Masticano amaro i leader palestinesi che si auguravano la sconfitta di Netanyahu. I cittadini israeliani hanno votato no alla pace e sì all’apartheid, ha commentato Hanan Ashrawi storica portavoce palestinese e membro CE dell’Olp. «L’agenda estremista guidata da Netanyahu – ha detto Ashrawi – è stata incoraggiata dal cieco sostegno e dalle politiche sconsiderate dell’amministrazione Trump». Tuttavia il popolo palestinese – ha assicurato Ashrawi – resterà radicato nella sua patria. «Siamo un popolo resiliente e continueremo a stringere alleanze con attori internazionali affini e responsabili per creare un contrappeso alla pericolosa agenda sostenuta da altri governi razzisti e fondamentalisti».
Michele Giorgio
Il Manifesto 11 aprile 2019