La crisi in America Latina? Favorirà i repubblicani


Emanuele Giordana - Lettera22


Colloquio con Paolo Magri, direttore dell’ISPI: "Dietro al crisi, la battaglia per l’energia. Non è una nuova Guerra Fredda".


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La crisi in America Latina? Favorirà i repubblicani

Venti di guerra fredda? Il refrain va per la maggiore dalla crisi georgiana e sembra prendere nuovi spunti, in queste ore, da quella tra Washington e l'America latina che, seppur con toni diversi, si schiera a difesa della Bolivia ma in cui emerge uno scontro asprissimo tra Caracas e Washington, mentre i russi tornano a fare manovre militari nell'area. "Sarei molto cauto a usare questo termine. Vedo che alcuni osservatori vi fanno ricorso come si vi fosse una sorta di ritorno al bipolarimo con Russia e Stati Uniti a guidare il gioco con diversi partner strategici regionali. Ma credo si debba essere cauti perché in realtà, se vogliamo, se è pur vero che c'è un ritorno della Russia e anche un'alleanza trasversale che passa per Venezuela, Siria e Iran, per dire dei soggetti più temuti, il saldo della spesa militare pende ancora dalla parte americana e, da un altro punto di vista, se è vero che stiamo abbandonando un'epoca unipolare, non mi pare che questi nuovi poli che si affacciano già prefigurino con esattezza i contorni di un nuovo universo multipolare". Ne è convinto Paolo Magri, direttore dell'Istituto per gli studi di politica internazionale di Milano (Ispi)
Eppure in questi ultimi mesi lo scenario sta cambiando rapidamente
Se posso utilizzare un'espressione che prendo in prestito da un acuto osservatore americano parlerei di situazione "non polare", in cui si vedono gli scossoni tipici della fine di una presidenza, quella americana, contrassegnata da una gestione di poco successo in politica estera, non solo in America latina, e che ha aperto un momento in cui è più facile per gli altri passare all'attacco…
E' una situazione che dobbiamo temere o sono le schermaglie di rito tra Venezuela e Stati Uniti?
Il Venezuela non è l'unico attore dell'America latina. Penso al Brasile, ad esempio e al ruolo che può avere. Certo la gestione del "cortile di casa" della presidenza Bush ha aiutato a far si che si sviluppassero pericolosi focolai di tensione. Ma quest'alzata di toni mi sembra un fenomeno tipico quando si arriva agli sgoccioli del mandato presidenziale alla casa Bianca. Le reazioni possono essere più lente e tardive. E' una situazione di oggettiva debolezza
Ma questi nuovi soggetti che partita vogliono giocare? Il Venezuela ha scelto un asse strategico anche con l'Iran ad esempio
E la Russia rinvigorendo le relazioni con la Siria, con lo stesso Iran e con Caracas. E adesso tornando nei Caraibi a fare manovre militari…. Questi sono dati di fatto ma da qui alla Guerra fredda ce ne corre. Sposterei l'attenzione sul problema energetico
Cioè?
Russia, Iran e Venezuela sono grandi produttori di energia. E sono preoccupati da un prezzo del barile che da 180 dollari crolla a cento. Questa oscillazione può giocare un ruolo durissimo sul piano interno. Voglio dire che una crisi come questa può servire anche a rialzare il prezzo del petrolio, di cui Caracas è un grande produttore…
Che effetto avrà sulle elezioni americane?
Purtroppo nelle crisi servirebbe capacità di dialogo ma la storia insegna che la reazione dell'opinione pubblica è quella opposta. Si sceglie il candidato più anziano, quello che ha un'esperienza militare e sa usare i toni più duri. Queste crisi premiano chi promette hard power non i teorici del soft power.

Fonte: Lettera22

13 settembre 2008

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