La collusione dei medici israeliani nella morte di Jaradat
NEAR EAST NEWS AGENCY
Lettera del dottor Summerfield: “I medici del carcere israeliano hanno partecipato alle torture contro il prigioniero palestinese, pratica ancora comune in Israele”.
di Derek Summerfield*
Le autorità palestinesi stanno chiedendo un’indagine sulla morte del prigioniero palestinese Arafat Jaradat di 30 anni, che è morto mentre era sotto interrogatorio il weekend scorso, 5 giorni dopo essere stato arrestato con il sospetto di aver tirato delle pietre l’anno scorso.
Le autorità israeliane hanno detto su vari giornali londinesi che è morto per “un improvviso attacco cardiaco” mentre era interrogato, aggiungendo che due giorni prima era stato visitato dai medici (cioè medici che lavorano all’interno dei centri per gli interrogatori) che lo avevano trovato in buone condizioni di salute. Il ministro per le prigioni dell’Autorità Palestinese dichiara che gli interrogatori israeliani hanno usato tecniche come “appendere” e privazione del sonno per torturare Jaradat nella prigione di al-Jalameh nel giorno precedente la sua morte nella prigione di Megiddo.
Riportano da un testimone: “Quando mi sedetti vicino a lui mi disse che aveva tremendi dolori alla schiena e ad altre parti del corpo perché era stato picchiato e “appeso” per molte lunghe ore durante l’interrogatorio”. Sono state descritti lividi e fratture al suo torace che sono consistenti con la tortura subita anche se le autorità israeliane dicono che sono il risultato del tentativo di risuscitarlo.
Un uomo di 30 anni in buone condizioni di salute è arrestato e dopo 5 giorni muore. In un uomo giovane come è plausibile che la sua morte sia il risultato di un attacco cardiaco non collegato al trattamento subito, come sostengono le autorità israeliane.
Quindi per ammissione degli stessi israeliani, Jaradat era stato visitato dai medici israeliani due giorni prima e lo avevano trovato in buone condizioni di salute. La domanda etica fondamentale è perché questi medici lo visitavano se non per stabilire se poteva sopravvivere alla tortura. Questa è proprio la ragione fondamentale per la quale la campagna riguardante la collusione dei medici con la tortura in Israele fu iniziata nel 2009 e continua tuttora.
Mi ricordo che nel 1993 venimmo a conoscenza di un formulario “abilitazione all’interrogatorio” che il medico doveva firmare dopo aver visitato il prigioniero, attestando la possibilità medica di essere sottoposto a tortura. La visita a Jaradat non può avere altre motivazioni e questa è una pratica usuale, anche se “l’abilitazione all’interrogatorio” non è più usata (al tempo della scoperta del formulario, l’Associazione Medica Israeliana finse sorpresa per l’esistenza di tale formulario, disse pubblicamente che tale formulario non doveva essere usato – non potevano fare altrimenti una volta che questa notizia era diventata di pubblico dominio – ma non affermò che i medici israeliani dovevano opporsi a voce alta e rifiutarsi di cooperare con gli interrogatori che utilizzano la tortura). Ciò era in linea con la lunga e documentata difesa da parte dell’Associazione Medici Israeliani delle pratiche correnti, inclusa la tortura come pratica dello Stato. Negli anni ’90 inoltre, un documento di Amnesty International sulla tortura in Israele, portando prove di ciò che Amnesty chiamò la totale istituzionalizzazione della collusione dei medici israeliani, si intitolava con voluta ironia “Sotto costante supervisione medica”. Ciò in riferimento a ciò che le autorità israeliane avevano dichiarato in difesa delle condizioni delle prigioni israeliane e dei diritti dei prigionieri, in seguito a denunce pubbliche sui maltrattamenti e sulla tortura dei prigionieri palestinesi. Come Amnesty commentò, questo era una non-intenzionale ammissione del ruolo dei medici durante l’intero processo.
Forse ricorderete il report “Ticking bombs – bombe che stanno per esplodere”, scritto dal Comitato Pubblico contro la Tortura in Israele che si riferiva a dettagliate testimonianze rese da sette ex prigionieri palestinesi. Risultava chiaro che di routine i medici israeliani visitavano prima, durante e dopo gli interrogatori nei quali veniva usata la tortura, non prendevano nota della storia medica (sapevano naturalmente come erano state inflitte le ferite che, in un caso, era danno alla spina dorsale), rimandavano i prigionieri agli interrogatori e se ne stavano zitti. Questi medici erano parte integrante del processo che ogni giorno includeva la tortura, allora come ora e, senza dubbio, nel caso di Jaradat e la loro presenza dà licenza e legittimità ai torturatori.
Essi, e ancora più colpevolmente l’Associazione Medici Israeliani, infrangono le regole stabilite a Tokyo dall’Associazione Mondiale Medici che ordina ai medici non solo di non avere nulla a che fare con la tortura ma anzi di protestare e di denunciarla quando a conoscenza. È uno scandalo che la nostra campagna ha rivelato come l’Associazione Mondiale dei medici sia stata castrata quando è Israele ad essere coinvolto mentre sia pronta ad agire quando i presunti colpevoli sono in Bahrein, in Iran o in Nigeria. Nena News
Traduzione a cura di Flavia Donati
*Medico inglese che organizzò la campagna internazionale contro la collusione con la tortura