L’11 settembre francese


Stefano Corradino


Stefano Corradino di Articolo 21 intervista Enzo Nucci (Rai Nairobi): “Gli attentati di Parigi ci fanno capire che le ‘cellule dormienti’ hanno un’agenda politica comune”.


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“L’atto terroristico contro il settimanale satirico Charlie Hebdo è stato un secondo 11 settembre”. E’ lapidario e netto il giudizio del giornalista Rai Enzo Nucci (nella foto) sulla strage di Parigi. Nucci è da quasi dieci anni a Nairobi dove segue le vicende di tutto il continente africano ma ha maturato esperienze internazionali già a partire dagli anni novanta. “Non è certo la prima volta che accade” afferma Nucci ripercorrendo alcuni fatti salienti e tragici del passato. “Ricordo di aver seguito personalmente l’attentato nella metro di Madrid nel marzo 2004, poi c’è stata Londra nel 2005. Ma nella mia mente è scolpito l’attacco alla sinagoga ebraica di Roma. Era un sabato, il 9 ottobre 1982. Non lo dimenticherò mai perché stavo facendo gli esami per diventare giornalista professionista. Stavamo scrivendo, in un aula di viale Trastevere a poche centinaia di metri dal luogo dell’attentato e siamo stati scossi dall’esplosione.

Tu da molti anni ormai lavori per la Rai a Nairobi, capitale di un altro Paese che il dramma degli attentati lo ha vissuto direttamente
Purtroppo è così. Potremmo dire che in Kenya c’è stata la prova generale dell’11 settembre perché tre anni prima dell’attacco alle Torri gemelle fu rasa al suolo l’ambasciata americana da parte di Al Qaeda. Più di recente, nel settembre 2013, Nairobi ha subìto l’attacco al centro commerciale Westgate dove morirono settanta persone. E a un’ora da qui c’ è l’Uganda dove nel 2010, in un bar, mentre i clienti stavano vedendo la finale del campionato mondiale di calcio scoppiò una bomba che ammazzò decine di persone.
Gli attentati di Parigi ci fanno pertanto capire che questi gruppi solitari, queste cellule dormienti hanno un’agenda politica comune e si muovono all’unisono. E che l’Africa rientra in una strategia globale. Kenya, Uganda, Tanzania, Etiopia, tutta l’Africa orientale.

Poi c’è il versante occidentale, e la Nigeria dove si sta compiendo un vero e proprio massacro quotidiano. L’ultimo tragico episodio è quello dell’attacco suicida di una bambina di dieci anni in un mercato che ha provocato la morte di diciannove persone
Quello della Nigeria è un dramma insostenibile. Va ricordato innanzitutto che questo attacco suicida di un bambino non è purtroppo una novità. Ci sono stati tanti altri episodi simili ma forse a una buona parte dell’informazione manca la memoria di questi fatti.

Si parla di oltre duemila morti nelle ultime settimane
Una strage. E’ di qualche giorno fa una forte presa posizione di  Ignatius Ayau Kaigama, Arcivescovo di Jos e Presidente della Conferenza Episcopale della Nigeria secondo cui, dopo la grande mobilitazione dei tre milioni di Parigi ci vorrebbe un’iniziativa altrettanto corale per la Nigeria. In sei anni si parla di circa quindicimila morti. Dobbiamo fermare questo stillicidio che non avviene per motivi religiosi: i rapporti fra la comunità cristiana e quella musulmana sono ottimi. Questo è di fatto un regolamento di conti fra musulmani moderati e fondamentalisti. E’ opportuno poi ricordare che la Nigeria, con centosettantaquattro milioni di abitanti è il paese più popoloso d’Africa. Ci convivono circa duecentocinquanta etnie diverse. Un paese spaccato fra un nord musulmano, arretrato e povero e un sud cristiano dove hanno sede le risorse petrolifere. Il 75% delle risorse del Paese è nelle mani dello 0,7% della popolazione. Il restante 99,3% si deve accontentare di campare con due dollari al giorno.

Quanto è difficile in Nigeria fare informazione sul campo?
E’ praticamente impossibile. I luoghi sono inaccessibili anche per i giornalisti locali e non solo per i media stranieri. Tanto è vero che le immagini televisive a disposizione sono scarsissime. Perfino Al Jazeera che ha molti mezzi e buone entrature diplomatiche non ha accesso alle fonti. Per di più le distanze sono enormi, non funzionano neanche i telefoni cellulari.

Il mese prossimo ci saranno le elezioni
Spero di poterci andare perché per il Paese è un giro di boa epocale. Con un presidente cristiano molto contestato che dovrà vedersela con un vecchio esponente della dittatura che ha governato il paese negli anni ottanta. Una guerra tra oligarchie, tra chi ha le mani sulle leve del comando anche se non è da escludersi che ci sia già un accordo sottobanco…

Intervista a cura di Stefano Corradino pubblicata sul “Radiocorriere TV”

Fonte: www.articolo21.org

20 gennaio 2015

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