L’occupazione fa male. A tutti


BoccheScucite


“L’occupazione fa male. A tutti. Mettete questo come titolo! agli israeliani e ai palestinesi. Noi vogliamo solo vivere. Ognuno deve poter vivere nella sua terra, con i suoi confini.” Patriarca Fouad Twal ai giornalisti, 15 ottobre.


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L'occupazione fa male. A tutti

“Per quanto riguarda la Terra Santa l’esodo è dovuto al conflitto arabo-israeliano. Anzi, diciamo chiaramente e più specificamente: è dovuto all’occupazione militare dei territori palestinesi. Da 62 anni permane il conflitto. Sono troppi! (…) Mi pare che ci sia una chiara volontà di gestire il conflitto invece che risolverlo. Chiedo ai responsabili israeliani di aiutarci a vivere una vita normale, a poter andare a lavorare, a poter, come parroci andare con i nostri parrocchiani a visitare i luoghi santi”. (Patriarca Twal, intervento al Sinodo, 15 ottobre 2010)

10.10.10. Paura.
Segnatevi questa data”. Gideon Levy si rivolge a tutti gli israeliani e fa capire che è molto di più di un incipit accattivante. Effettivamente la data del 10 ottobre 2010 dovrà passare alla storia. “D’ora in poi, vivremo in un nuovo Paese, etnocratico, teocratico, nazionalista e razzista, con tanto di approvazione ufficiale. E chiunque pensi che ciò non lo riguardi si sbaglia“. (Haaretz, 11 ottobre 2010).
Il governo israeliano ha approvato la proposta di chiedere ad ogni non-ebreo che voglia diventare cittadino israeliano di prestare giuramento a Israele in quanto Stato ebraico. Apparentemente poco significativa, questa legge razzista fa tremare il 20% dei cittadini israeliani che sono non-ebrei e rappresenta “l’ultima goccia del consolidamento di un sistema di razzismo e di apartheid in Israele” (Mustafa Barghouti).
BoccheScucite non ha dovuto leggere la notizia sui giornali, essendo in questi giorni in Israele e nei Territori Occupati con il Team di Tutti a raccolta di Pax Christi. L’abbiamo letta nei volti sconvolti dalla paura e attoniti dallo sconcerto, di tanti palestinesi di cittadinanza israeliana che ci hanno immediatamente confessato di “non dormire la notte” pensando al loro futuro. “Lo stato di Israele non è uno stato per tutti i suoi cittadini. Questo è chiaro. Ma quando si dice che è uno stato “per tutti i suoi ebrei”, nessuno ha la minima idea di quello che potrà significare questa
apparentemente innocua espressione per tutti coloro che ebrei non sono”. Yitzhak Laor così descrive realisticamente la deriva di Israele e prosegue: “Con la forza della legge ricordiamo agli arabi: Quello di cui dovete prender atto non è solo che non siete la maggioranza. Non è nemmeno solo che abbiamo rubato la vostra terra. Da oggi dovete sapere che non avete più nessuna possibilità di  cambiare la situazione né di realizzare la vostra cittadinanza. Il vostro futuro sta sprofondando sopra di voi. Ma potere scegliere: schiavi o emigranti”. (Haaretz 12 ottobre).
Il dibattito è vivo, anzi, per Netanyahu è già chiuso: “Nessuno venga ad insegnarci che cosa vuol dire essere una democrazia!” E Ari Shavit è più esplicito: “Non c’è più niente da aggiungere. Questo era esattamente lo scopo per cui siamo nati come stato nel 1948. E poi non possiamo ancora continuare a preoccuparci per quello che dovrebbero fare i palestinesi. Noi andiamo avanti. Per anni abbiamo aspettato. Nel 1993 Israele ha riconosciuto il popolo palestinese e i suoi diritti, ma i palestinesi non hanno ancora riconosciuto i nostri”.
Ecco allora che il nostro Editoriale è prestato alla voce di una “boccascucita” che chiameremo Ala. Lasciamo la parola ad un’amica di Nazareth che in esclusiva per BoccheScucite vuole parlare e non tacere. Anzi, ci spalanca il cuore e ci fa partecipare alla sua grande paura e alla sua lucida consapevolezza del momento.
BoccheScucite: Prima di tutto, come hai reagito tu, palestinese cittadina d’Israele alla notizia dell’approvazione della legge?
Ala: Anche ora mi sento incapace di reagire. Vi confesso che alla notizia ci siamo subito trovati nei locali che la parrocchia ci offre per incontrarci e siamo stati a lungo in silenzio. Entravamo uno dopo l’altro e nessuno osava prender la parola. Senza parole, pur avendo mille cose da dire… senza piangere e senza disperarci, pur avendo dentro tanta voglia di piangere. Io era come se non volessi crederci: la mia famiglia, la mia terra, i miei figli, la nostra casa: volevo abbracciare tutto perchè sentivo che tutto da adesso era in pericolo. Questa decisione assurda, questa legge mi fa immensamente paura. E -sembrerà strano- soprattutto ho paura per lo stato d’Israele. E forse se fossi stata ebrea sarei stata ancor più confusa, più arrabbiata. Dove stiamo precipitando?
BoccheScucite: Il governo israeliano, nonostante questa ultima legge, continua a proclamarsi ‘unica democrazia in Medio oriente’. Spesso si  è sentito dire, a parziale correzione di questo enunciato, che Israele sarebbe una democrazia solo al proprio interno… Ed ora? Come risponde il governo a questa palese contraddizione?
Ala: Sinceramente non è solo questo apice di razzismo che smentisce ogni pretesa di insegnare a tutti i metodi democratici. Le discriminazioni per noi arabi sono pane quotidiano: dalla scuola all’ospedale, dall’aeroporto alla banca. Io non godo degli stessi diritti di una cittadina ebrea israeliana, pur pagando le tasse e sentendo tante volte ripetere che le minoranze in Israele sarebbero tutelate. I diritti, questo è il punto. Forse dovremmo cambiare impostazione ai discorsi sul conflitto israelo-palestinese e su Israele stesso. Se facessimo i negoziati parlando di diritti umani, se traducessimo “democrazia” in termini di rispetto dei diritti di tutti, staremmo veramente aiutando Israele.
BoccheScucite: I palestinesi con passaporto israeliano come stanno reagendo?
Ala: La reazione generale, per la strada, è piuttosto apatica e senz’altro non all’altezza della gravità che questa misura porta con sé. I palestinesi è come se dicessero: Ecco che riceviamo un altro colpo in testa!
BoccheScucite: In un servizio al TG3 delle 12.00 dell’11 ottobre, Filippo Landi segnala anche la preoccupazione dei parlamentari laburisti israeliani che Israele stia rasentando il fascismo… Avranno un peso queste voci? E la società civile ebreo-israeliana cosa sta facendo in proposito?
Ala: Ma cosa pensate che siano i parlamentari laburisti? Sono simili in tutto agli altri e varia solo il modo di presentare le cose. Vogliono solo presentarsi bene e sentirsi dire, a ragione, che rispondono ad ogni iniziativa e difendendo i diritti di chi è discriminato. Certo, qualcuno ha avuto il coraggio di denunciare questa effettiva deriva fascista di Israele, ma non possiamo illuderci… La loro influenza è praticamente nulla sull’opinione pubblica.
BoccheScucite: Sembra che Israele stia facendo di tutto per boicottare questo già blando e inconcludente processo di pace… che disegno sta perseguendo? Sembra che l’unica strategia sia quella di lasciare in mano ad Abbas il cerino acceso…
Ala: Il processo di pace? Chi lo vede e chi ci crede! Davanti al palcoscenico del mondo scorrono le immagini di uno spettacolo non solamente già visto ma drammaticamente accettato e giustificato da tutti. Anche ad occhio nudo, un pellegrino qualsiasi o un diplomatico o un giornalista che arriva a Gerusalemme vede ciò che Israele ha il permesso di fare da decenni sulla terra di Palestina: la libertà assoluta di impossessarsi di terra, acqua, economia, tempo, presente e futuro di un popolo di cui più di un milione siamo cittadini israeliani. Il cosiddetto processo di pace è una cosa sola: concedere ad Israele tutto il tempo che vuole per conquistare la Palestina e distruggere i palestinesi. Ma poi anche aggiungo, come israeliana, che di fronte a questa svolta catastrofica, a questa strada senza uscita, a questa disperante resistenza, va ammirata e sostenuta l’opera di tanti israeliani che, come Burg, hanno il coraggio di reagire. E protestano, e ci scuotono. E accendendo piccole fiammelle di speranza ci tengono uniti. Altrimenti sarebbe già ora la fine.

Non aggiungiamo nulla a questa forte testimonianza che da Israele viene consegnata direttamente a BoccheScucite in questa scivolosa svolta del conflitto mediorientale.
Ala ci ha chiesto significativamente di non nominare la sua associazione di cristiani arabi.
in Israele e soprattutto di cambiare il suo nome, per paura di ritorsioni. Quella paura che per fortuna non paralizza i cristiani palestinesi che martedì 19 ottobre presenteranno a Roma il grido di Kairos Palestina, racchiuso in un ottimo libro che trovate in libreria (Kairos Palestina, un momento di verità, Edizioni Messaggero Padova, ed. Terra santa). Le preoccupazioni sono le stesse di Ala, l’allarme ha la stessa intensità. E ci auguriamo che nelle aule del Sinodo risuoni più forte che mai: “Gridiamo dal cuore della sofferenza che stiamo vivendo nella nostra terra, sotto occupazione israeliana. Perché oggi abbiamo raggiunto un punto morto nella tragedia del popolo palestinese e coloro che possono prendere le decisioni si accontentano di gestire la crisi piuttosto che impegnarsi seriamente a trovare un modo per risolverla. Siamo tutti di fronte a una strada interrotta, a un futuro che promette soltanto sventure. E da qui gridiamo la nostra speranza.”

Fonte: (Kairos Palestina) BoccheScucite

Num. 112 del 15 ottobre 2010

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