L’Italia spende poco, e soprattutto male, per la cooperazione allo sviluppo


Paolo Andruccioli


Buona parte dei fondi italiani viene girata direttamente alle organizzazioni internazionali come la Banca mondiale, l’Onu e la Ue. Resta negativo il giudizio della Campagna ”Sbilanciamoci”. Tra le incongruità rilevate, anche il finanziamento dei Centri di permanenza temporanea

Fonte: Redattore sociale


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ROMA – L’Italia spende ancora troppo poco per la cooperazione allo sviluppo, ma soprattutto spende male. La buona parte dei finanziamenti italiani alla cooperazione viene infatti girata direttamente alle organizzazioni internazionali come la Banca mondiale, l’Onu e l’Unione Europea. Si chiama politica multilaterale della cooperazione, che viene molto condizionata dalla delega. E’ quindi l’opposto della cooperazione “bilaterale” che comunque il governo Prodi aveva promesso di voler sviluppare. Fino al 2005 la percentuale dei fondi italiani per la cooperazione destinati direttamente all’Unione europea ammontavano a circa il 25% del totale. Nel 2006 la quota è salita al 35,8%. Tradotto: quasi il 40% di tutti i fondi italiani alla cooperazione vengono “girati” all’Europa che viene così delegata a realizzare le politiche. Spesso le istituzioni italiane, in particolare i ministeri interessati alla cooperazione non sanno neppure la destinazione finale dei fondi per lo sviluppo. E’ una delle novità che emergono dal Libro Bianco 2007 sulle politiche di cooperazione allo sviluppo in Italia curato dalla campagna “Sbilanciamoci”.

Anche quest’anno dunque “Sbilanciamoci” dà i voti al governo Prodi anche in tema di cooperazione allo sviluppo (oltre che sulla legge finanziaria). Nei primi 14 mesi il governo ha offerto importanti segnali di novità rispetto alla legislatura precedente, ma molti sono ancora i limiti delle politiche per lo sviluppo. Secondo gli esperti di “Sbilanciamoci”, due sono per ora le novità positive: intanto la decisione del governo Prodi di affidare una delega precisa per la cooperazione al viceministro degli Esteri, Patrizia Sentinelli (che tra l’altro è una fautrice della cooperazione bilaterale che ancora non si riesce a praticare).

La seconda notizia positiva riguarda il contenuto del Dpef per il 2008. Il governo prevede infatti di aumentare nel 2008 dallo 0,33% allo 0,42% la quota di Pil destinata alla Cooperazione. L’obiettivo è arrivare allo 0,51% nel 2010. Nel 2007 l’aiuto allo sviluppo è però inchiodato allo 0,20%. Il problema dunque è duplice: da una parte la bassa quota di Pil che viene destinata all’aiuto allo sviluppo; dall’altra la politica indifferenziata (o appunto multilaterale). Secondo “Sbilanciamoci”, è proprio questa debolezza delle politiche che spiegherebbe lo scarso peso che il nostro paese continua ad avere nelle Istituzioni finanziarie internazionali e in particolare nel Fmi (Fondo monetario internazionale) e nella Banca mondiale.

Complessivamente l’Italia stanzia 2,9 miliardi di euro per la cooperazione internazionale di cui circa un miliardo destinato direttamente all’Europa. Il resto viene diviso tra la Banca Mondiale e l’Onu. Qualcosa anche al Fondo monetario internazionale e alle politiche bilaterali. Complessivamente, dunque, un quarto della spesa per l’aiuto va all’Europa. Interessante notare anche la dispersione dei fondi tra i vari ministeri e l’assenza (almeno finora) di un reale coordinamento delle politiche. I soldi della cooperazione non sono infatti gestiti solo dal ministero degli Esteri. Ci sono anche altri ministeri (come quello dell’Interno, per esempio) che scelgono di destinare i fondi per obiettivi non sempre attinenti alla cooperazione nel senso proprio del termine. Succede quindi che una parte dei soldi vengano destinati ai Cpt, i Centri di permanenza temporanei per gli immigrati che vengono contestati ormai da anni e che dovrebbero essere superati con le nuove normative.

Ebbene, spulciando i dati forniti dagli enti preposti, “Sbilanciamoci” ha scoperto che nel 2003 e nel 2004 una parte dei fondi per la cooperazione internazionale dell’Italia sono stati destinati proprio ai Cpt. In particolare, si legge nel Libro Bianco 2007, si tratta di 17,8 milioni di euro nel 2003 e di 9,3 milioni erogati nel 2004 sui capitoli di spesa 2356 e 7352 del ministero dell’Interno relativi alle leggi 563/1995 (attività di controllo della frontiera marittima nella regione Puglia) e 189/2002 (la legge Bossi-Fini). Siccome le somme stanziate devono essere resocontate all’Ocse al livello internazionale, nei report istituzionali le attività finanziate sono descritte come “management costs for government reception centres” e “new reception centres”.

Secondo “Sbilanciamoci” si tratta comunque solo di una parte dei fondi destinati a queste attività, anche se non risulta chiaro come si possano ascrivere questi stanziamenti sotto la voce APS, ovvero Aiuti ai paesi in via di sviluppo. Una delle ipotesi che viene avanzata nel libro di Sbilanciamoci riguarda la costruzione dei Cpt in Libia. “Tanto più – scrivono ancora i rappresentanti di Sbilanciamoci – che, nonostante il Viminale abbia più volte dichiarato di aver finanziato i Cpt libici, tale voce non risulta da nessuna parte nel bilancio del ministero”. Per questo è stata già avanzata una richiesta di chiarimento alla Direzione Centrale dei Servizi Civili per l’immigrazione e l’asilo. Ma finora non si sono avute risposte.

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