L’Istat denuncia: l’Italia contro i suoi giovani


Redattore Sociale


Rapporto 2010. Il 58,6% dei 18-34enni vive in famiglia. La maggior parte sono maschi e lo fanno per problemi economici o per poter studiare. In aumento anche i ragazzi fuori dal circuito formazione-lavoro.


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L'Istat denuncia: l'Italia contro i suoi giovani

In Italia cresce il numero dei cosiddetti “bamboccioni”, quelli cioè che nonostante l’età, non si decidono ad andare a vivere da soli. Il fenomeno riguarda in particolar modo i maschi che in un caso su tre rinviano l’uscita dalla famiglia, rispetto alle femmine che lo fanno in un caso su cinque. Complice di questa particolare situazione, la difficoltà per i giovani di trovare lavoro e raggiungere un’autonomia economica. Lo rivela il Rapporto Istat 2010.
 
Secono l’Istituto di statistica la quota dei 18-34enni celibi e nubili che vive in famiglia è cresciuto dal 49,0 per cento del 1983 al 60,2 nel 2000, attestandosi poi al 58,6 per cento nel 2009. In particolare, però, rispetto al 1983, si è triplicata la quota di chi vive in famiglia tra i 30-34enni. Una convivenza prolungata con i genitori dovuta soprattutto da problemi economici (40,2 per cento) e dalla necessità di proseguire gli studi (34,0 per cento). Solo in un caso su tre la permanenza in famiglia è indicata come una scelta (31,4), ma rispetto al 2003 si registra una diminuzione di nove punti del modello di “permanenza-scelta”, soprattutto nelle zone più ricche del Paese (-16 punti nel Nord-est e -13 nel Nord-ovest), dove questa motivazione era maggiormente segnalata in passato. Tra i motivi economici più segnalati, spiccano le difficoltà di trovare un’abitazione adeguata (26,5 per cento) e quella di trovare lavoro (21,0 per cento).
 
Un fenomeno particolarmente rilevante riguarda i giovani cosiddetti “né-né”. Nel 2009, sono oltre due milioni (il 21,2 per cento dei 15-29enni) quelli che risultano fuori dal circuito formazione-lavoro, cioè non lavorano e non frequentano alcun corso di studi , (Not in education, employment or training, Neet). Nel confronto internazionale l’Italia presenta un numero di “neet” molto elevato. Nel nostro Paese questa condizione è riconducibile più all’area dell’inattività (65,8 per cento) che a quella della disoccupazione. Nel periodo 2008-2009 la permanenza nella condizione di Neet è 73,3 per cento (in crescita); cresce anche il flusso in entrata degli ex-studenti non occupati, che passa dal 19,9 al 21,4 per cento.

Fonte: Redattore Sociale

26 maggio 2010

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