L’intolleranza leghista


Michele Serra


Una scuola pubblica italiana (Adro, provincia di Brescia) è stata di fatto privatizzata dalla locale giunta e trasformata in scuola leghista. L’episodio, decisamente spaventoso in termini di democrazia, è inedito nella storia della Repubblica.


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L'intolleranza leghista

A proposito di violenza politica. Una scuola pubblica italiana (Adro, provincia di Brescia) è stata di fatto privatizzata dalla locale giunta e trasformata in scuola leghista, intitolata al professor Gianfranco Miglio. Sole delle Alpi impresso sui banchi, sui cestini dei rifiuti, sugli zerbini, sui tavoli, sui cartelli, sulle finestre, sul tetto, ovunque. Unico altro simbolo ammesso e anzi imposto è il crocifisso, che a scanso di equivoci è stato imbullonato ai muri: una specie di doppia crocifissione, povero Cristo.

L'episodio, quasi incredibile nei suoi termini di cronaca, e decisamente spaventoso in termini di democrazia, è inedito nella storia della Repubblica. Scuole di Stato con lo scudo crociato, o la falce e martello, o altri simboli di partito, ovviamente non se ne erano mai viste, per il semplice fatto che nessuno aveva mai osato concepire una così inconcepibile violazione di uno spazio pubblico: nemmeno nelle fasi più convulse e faziose della nostra tormentata vita politica. A Adro invece è accaduto, anche grazie alla partecipe collaborazione di una comunità fortemente coinvolta nella costruzione del nuovo plesso scolastico, fino a finanziarne gli arredi. La stessa comunità, con in testa il sindaco Oscar Lancini, non era intervenuta con altrettanta sollecitudine quando si trattò di far quadrare i conti della mensa scolastica, messi in crisi da una mora di poche migliaia di euro. Fu un imprenditore locale, allora, ad accollarsi generosamente quella spesa, guadagnandosi lo spregio e l'ira di molti suoi concittadini, sindaco in testa.

Alla maggioranza leghista di Adro (non solo alla Giunta) dev'essere sembrato ovvio considerare ininfluenti eventuali obiezioni, disagi, proteste da parte di chi leghista non è, e ritenendo di iscrivere i figli alla locale scuola pubblica (che vuol dire: la scuola di tutti) li ritrova iscritti d'ufficio a una scuola "verde", involontaria parodia delle scuole coraniche. L'omissione di questo scrupolo basilare (esistono minoranze, a Adro? vanno rispettate? tenute in considerazione?) è l'aspetto più sconvolgente della vicenda. Perché illustra una sorta di intolleranza "naturale" tipicissima dei regimi e delle masse plaudenti che li sostengono, alla quale non siamo più avvezzi da sessantacinque anni. Le macroscopiche violazioni di legge, e perfino gli aspetti anticostituzionali, passano quasi in second'ordine rispetto all'impressionante spettacolo di una comunità così autocompiaciuta della propria coesione politica da stabilire l'inesistenza degli "altri", e non solo gli stranieri: ora anche i non leghisti. Gli italiani.

Ce ne sarà pure qualcuno, a Adro, di non leghista. Che deve fare? Subire e tacere? Emigrare, perché italiano e non "padano", inaugurando così l'incredibile paradosso di italiani che si sentono extraterritoriali in Italia (non più "padroni a casa loro", per dirla con la Lega)? Sarà molto istruttivo vedere, al di là delle dichiarazioni di circostanza, quali provvedimenti concreti vorranno prendere autorità varie e istituzioni di ogni ordine e grado, tutte direttamente coinvolte da un simile affronto alla democrazia: a partire, ovviamente, dal ministro della scuola Gelmini e dal ministro dell'Interno Maroni.

Si pensa, in genere, che ad ogni azione corrisponda una reazione uguale e contraria. Nel caso del progressivo manifestarsi, in alcune zone del Nord, di una secessione di fatto, la reazione fin qui non ha certo corrisposto all'azione. Si spera che l'esproprio leghista di una scuola pubblica sia la goccia che fa traboccare il vaso. O gli italiani non leghisti, al Nord, devono sentirsi cittadini di grado inferiore?

Fonte: La Repubblica 

13 settembre 2010

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