L’enciclica della crisi globale: "Garantire un lavoro decente"
L'Unità
Si intitola Caritas in veritate. Un’analisi economica e sociale del XXI secolo e un richiamo etico per rendere meno ingiusto il futuro. "Serve garantire a tutti l’accesso al lavoro, anzi: a un lavoro decente".
«Che cosa significa la parola "decenza" applicata al lavoro?». Se lo chiede Benedetto XVI nella sua enciclica «Caritas in veritate». «Significa – afferma nel testo – un lavoro che, in ogni società, sia l'espressione della dignità essenziale di ogni uomo e di ogni donna: un lavoro scelto liberamente, che associ efficacemente i lavoratori, uomini e donne, allo sviluppo della loro comunità; un lavoro che, in questo modo, permetta ai lavoratori di essere rispettati al di fuori di ogni discriminazione; un lavoro che consenta di soddisfare le necessità delle famiglie e di scolarizzare i figli, senza che questi siano costretti essi stessi a lavorare; un lavoro che permetta ai lavoratori di organizzarsi liberamente e di far sentire la loro voce; un lavoro che lasci uno spazio sufficiente per ritrovare le proprie radici a livello personale, familiare e spirituale; un lavoro che assicuri ai lavoratori giunti alla pensione una condizione dignitosa».
Nel documento, il Pontefice scrive che «i poveri in molti casi sono il risultato della violazione della dignità del lavoro umano, sia perchè ne vengono limitate le possibilità (disoccupazione, sotto-occupazione), sia perchè vengono svalutati » i diritti che da esso scaturiscono, specialmente il diritto al giusto salario, alla sicurezza della persona del lavoratore e della sua famiglia«.
»La mobilità lavorativa, associata alla deregolamentazione generalizzata, è stata – sottolinea – un fenomeno importante, non privo di aspetti positivi perchè capace di stimolare la produzione di nuova ricchezza e lo scambio tra culture diverse«. Tuttavia, per il Papa, »quando l'incertezza circa le condizioni di lavoro, in conseguenza dei processi di mobilità e di deregolamentazione, diviene endemica, si creano forme di instabilità psicologica, di difficoltà a costruire propri percorsi coerenti nell'esistenza, compreso anche quello verso il matrimonio«. »Conseguenza di ciò – sottolinea – è il formarsi di situazioni di degrado umano, oltre che di spreco sociale«, mentre »l'estromissione dal lavoro per lungo tempo, oppure la dipendenza prolungata dall'assistenza pubblica o privata, minano la libertà e la creatività della persona e i suoi rapporti familiari e sociali con forti sofferenze sul piano psicologico e spirituale«.
Il testo contiene anche »un richiamo all'urgente esigenza che le organizzazioni sindacali dei lavoratori, da sempre incoraggiate e sostenute dalla Chiesa, si aprano alle nuove prospettive che emergono nell'ambito lavorativo. Superando le limitazioni proprie dei sindacati di categoria, le organizzazioni sindacali sono chiamate a farsi carico dei nuovi problemi delle nostre società«. Il Papa spiega di riferirsi »ad esempio, a quell'insieme di questioni che gli studiosi di scienze sociali identificano nel conflitto tra persona-lavoratrice e persona-consumatrice«. E proprio ai movimentio dei consumatori e alle loro associazioni il Pontefice dedica un capitolo della sua riflessione: »si tratta – spiega – di un fenomeno da approfondire, che contiene elementi positivi da incentivare e anche eccessi da evitare. È bene che le persone si rendano conto che acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico. C'è dunque una precisa responsabilità sociale del consumatore, che si accompagna alla responsabilità sociale dell'impresa. I consumatori vanno continuamente educati al ruolo che quotidianamente esercitano e che essi possono svolgere nel rispetto dei principi morali, senza sminuire la razionalità economica intrinseca all'atto dell'acquistare«. In questo senso »è utile inoltre favorire forme nuove di commercializzazione di prodotti provenienti da aree depresse del pianeta per garantire una retribuzione decente ai produttori, a condizione che si tratti veramente di un mercato trasparente, che i produttori non ricevano solo maggiori margini di guadagno, ma anche maggiore formazione, professionalità e tecnologia, e infine che non s'associno a simili esperienze di economia per lo sviluppo visioni ideologiche di parte«. »Un più incisivo ruolo dei consumatori – conclude il Papa – quando non vengano manipolati essi stessi da associazioni non veramente rappresentative, è auspicabile come fattore di democrazia economica».
Fonte: Unita.it
7 luglio 2009