L’economia sommersa vale il 17% del Pil: circa 263 miliardi


Il Sole 24 Ore


L’economia sommersa vale il 16-17% del Pil. Lo ha detto il presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, incaricato di guidare uno dei quattro gruppi di lavoro del Tesoro con le parti sociali per la riforma fiscale, a margine del convegno Global peace index.


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L'economia sommersa vale il 17% del Pil: circa 263 miliardi

L’economia sommersa vale il 16-17% del Pil. Lo ha detto il presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, incaricato di guidare uno dei quattro gruppi di lavoro del Tesoro con le parti sociali per la riforma fiscale, a margine del convegno Global peace index. Dunque, considerando che un punto di Pil corrisponde a poco più di 15,5 miliardi di euro, l’economia sommersa che frena l’Italia che produce, oscillerebbe fra 248 e 263 miliardi. Il 17%, ha detto Giovannini, «è una media: ci sono alcuni settori a zero, come la pubblica amministrazione, e altri con quote molto più alte, come edilizia, agricoltura e commercio al dettaglio». Al Tesoro, secondo la proposta del ministro Giulio Tremonti, Giovannini presiederà il tavolo sull’economia “non osservata”.

Il compito dell’Istat, ha spiegato il presidente, «non è indicare proposte per ridurre l’evasione fiscale, ma disporre una base informativa per consentire a chi deve prendere le decisioni politiche di prenderle». I tempi «sono abbastanza ristretti. Abbiamo una base informativa ricca e discuteremo con le parti sociali per capire come impostare le valutazioni». Il Capo dello Stato in occasione della Festa del lavoro aveva chiesto un rinnovato impegno per contrastare in tempi di crisi l’estensione dell’economia sommersa.

L’Istat ha presentato oggi il Global Peace Index 2010, messo a punto dagli analisti dell’Economist su commissione del filantropo Steve Killelea. L’Italia appartiene al gruppo di paesi europei in cui la pace é alta, alla stregua di Francia e Inghilterra, ma superata da Germania, Spagna e Portogallo, oltreché dai paesi nordici. I paesi più pacifici sono risultati, nel mondo, Nuova Zelanda, Islanda, Giappone, Austria, Norvegia, Irlanda, Danimarca, Lussemburgo, Finlandia e Svezia; quelli in fondo alla classifica: Iraq, Somalia, Afghanistan, Sudan, Pakistan, Israele e Russia.

Le rilevazioni riguardano il numero di conflitti e di morti, la sicurezza, gli atti di terrorismo, il numero dei reclusi in prigione, la spesa per difesa e armamenti, la facilità di accesso alle armi, la violenza delle manifestazioni, ma anche l’instabilità politica, il rispetto dei diritti umani, il livello di istruzione e di corruzione, un’equa distribuzione delle risorse. Secondo le proiezioni presentate, se il mondo fosse il 25% meno violento si avrebbero oltre settemila miliardi di dollari di risorse a disposizione in quattro anni da destinare allo sviluppo, al clima oppure a ripagare il debito greco.

Fonte: ilSole24Ore

2 novembre 2010

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