L’Aquila invasa dai suoi cittadini
Eleonora Martini
“Oggi mi riprendo la mia dignità”. Qualcuno se l’è scritto sulla tuta bianca da lavoro calzata prima di buttarsi a capofitto sul mucchio di detriti che fino a ieri mattina ancora soffocava Piazza Palazzo…
“Oggi mi riprendo la mia dignità”. Qualcuno se l'è scritto sulla tuta bianca da lavoro calzata prima di buttarsi a capofitto sul mucchio di detriti che fino a ieri mattina ancora soffocava Piazza Palazzo, simbolo civico dell'Aquila. Non la dignità che qualcuno ha appiccicato addosso agli abruzzesi come una condanna, “solo perché finora siamo stati silenti, mansueti e rassegnati”. No. Stavolta in migliaia e migliaia si sono dati appuntamento di buon'ora ai Quattro Cantoni, davanti alle transenne che da undici mesi tengono sotto sequestro l'amato centro storico, per lasciare impotenti esercito e polizia, semplicemente travolti dalla folla che così per la terza domenica consecutiva si è ripresa la città. La maggior parte di loro indossava solo un cappello di carta, come fanno i muratori, con sopra la scritta “L'Aquila rinasce dalle sue macerie”.
Autorizzati ad entrare nella zona off-limits avrebbero dovuto essere – secondo gli ordini del sindaco Massimo Cialente e del questore – solo 45 persone autorizzate. Ma alle 11 del mattino è diventato evidente che il diktat stabilito con la scusa del “pericolo” e dettato dal timore di una protesta sempre più crescente in città, sarebbe stato destinato a rimanere una battuta di spirito. Nella zona rossa sono entrati a centinaia, a migliaia forse, e dopo quasi un anno di “infantilizzazione” come gli aquilani amano chiamare quel misto di assistenzialismo e repressione che è stato il modello di comando e controllo utilizzato dalla Protezione civile, “abbiamo dismostrato cosa sappiamo fare”. Perfettamente autorganizzatisi in gruppi di lavoro, c'era chi scavava a mano il cumulo di macerie indifferenziate di piazza Palazzo, chi le separava cercando soprattutto di salvare le pietre, le tegole, i materiali originali con cui vogliono ricostruire L'Aquila, e chi le portava via con le carriole tra due ali di folla festanti e due catene umane che si passavano le catinelle piene di detriti leggeri. Fino a riempire, a piazza Duomo, decine e decine di cassonetti di rifiuti finalmente differenziati. “Guarda Bertolaso che cosa si è perso!”, dice commosso Alessandro, uno degli attivisti dell'associazione cittadina “3e32” che insieme a tante altre, nate all'indomani del sisma, è stata la forza motrice di questa appassionata manifestazione.
Ma la festa, quella vera, inizia solo dopo aver deciso che sì, era il caso di portare una piccola parte di quei rifiuti davanti al palazzo del Consiglio regionale, simbolo della giunta del Pdl Gianni Chiodi succeduto come commissario straordinario a Guido Bertolaso (con vice Cialente). Il dubbio c'era: “Meglio non sporcare di nuovo, nemmeno questo angolo “buio” di città, dopo una tale dimostrazione di civiltà”, sostenevano alcuni, orgogliosi di aver ridato dignità e decoro all'Aquila. Ma alla fine “quando ci vuole ci vuole”. E, accompagnati da vigili e Digos, le pietre e i calcinacci sono stati depositati lì, come pro memoria per chi non è ancora stato capace, in mezzo a tanti “miracoli”, di risolvere il problema numero uno, quello che più di tutti impedisce la ricostruzione.
Perfino il sindaco Cialente si è dovuto arrendere. E malgrado avesse vietato la manifestazione, sconsigliato di forzare il blocco, promesso e minacciato, alla fine è arrivato anche lui in Piazza Duomo, per un po' di interviste davanti alle telecamere. Ma dentro la zona rossa liberata, no, non si è fatto vedere.
Ora, la parola passa ai parlamentari che stanno preparando una legge ad hoc per risolvere il problema, primo tra tutti il deputato Pd Giovanni Lolli. “Siamo arrivati davanti a due strade possibili – spiega Lolli – entrambe con controindicazioni e conseguenze molto pesanti. Voglio condividere questa scelta con i cittadini perciò venerdì prossimo convocheremo un'assemblea e porremo a tutti il quesito: cercare di cambiare una legge regionale per poter aprire nuovi siti di stoccaggioo provvisorio in loco, ma con un impatto sul territorio altissimo (per la movimentazione saranno occupati circa 1.500 camion al giorno), o cambiare una legge nazionale per poter portare le macerie fuori dall'Abruzzo per differenziarle, ma in questo caso perderemmo le pietre e i materiali originali da riutilizzare per la ricostruzione”.
Intanto l'appuntamento per domenica prossima è stato fissato indicativamente per ripulire Piazza Castello, anche se si deciderà mercoledì prossimo in assemblea. Poi, l'idea è di andare a dare una mano anche ai residenti delle decine di frazioni dell'Aquila. I tanti borghi antichi che rischiano di morire, soffocati dalle macerie, dai puntellamenti spesso inutili e da una crisi socio-economica che oggi fa più paura del terremoto.
Fonte: Il Manifesto
28 febbraio/ 1 marzo 2010