L’Afghanistan e la pace lontana


L’Osservatore Romano


È sensibilmente aumentato il numero di operatori umanitari uccisi in Afghanistan quest’anno.


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afghanistan91

È sensibilmente aumentato il numero di operatori umanitari uccisi in Afghanistan quest’anno.
Secondo i dati diffusi dalle Nazioni Unite, gli attacchi compiuti nei confronti dei lavoratori impiegati in progetti di aiuto e di ricostruzione per la popolazione afgana sono aumentati in maniera rilevante nel corso del 2013, arrivando a quota 237 contro i 175 del 2012. Nell’anno in corso sono state uccise finora 36 persone, mentre 46 sono rimaste ferite e 96 arrestate o rapite. Nel 2012 il bilancio è stato di 11 morti, 26 feriti e 44 arrestati o rapiti. Sono dati questi, sottolineano gli osservatori, che fanno dell’Afghanistan uno dei Paesi dove è più pericoloso prestare opere di soccorso. Del resto i talebani da tempo portano avanti un’azione destabilizzante che mira a colpire tutti coloro che, a vario titolo, cercano di contribuire alla ricostruzione del territorio costantemente segnato dalle violenze.
In questo scenario dunque riveste una particolare importanza la questione della sicurezza, soprattutto in vista del completo ritiro, entro la fine del 2014, del contingente internazionale.
Ma tale questione sta sempre più diventando il pomo della discordia tra le varie parti coinvolte.
Da un lato gli Stati Uniti premono perché l’intesa sia firmata subito. Su questa linea si è posta anche la Loja Jirga (Grande Assemblea) che al termine dei lavori, svoltisi nei giorni scorsi, ha redatto un comunicato al riguardo. Dall’altro vi è il presidente afghano, Hamid Karzai, che invece vuole che l’accordo sulla sicurezza sia ufficializzato solo dopo le elezioni presidenziali afghane, previsto per il prossimo aprile. E mentre la divergenza si amplia, è intervenuta, ieri, anche la Nato. È stato il segretario generale, Anders Fogh Rasmussen, a lanciare un ultimatum a Karzai. Senza la firma bilaterale dell’accordo, ha detto Rasmussen, non sarà possibile continuare la missione internazionale dopo il 2014. Il segretario generale della Nato ha quindi affermato: «La mia preoccupazione è che, se non saremo capaci di dispiegare una missione di addestramento, vi sarà un impatto negativo sulla sicurezza nel Paese».
Ieri intanto il Pentagono ha deciso di bloccare l’invio di approvvigionamenti alle truppe Nato in Afghanistan attraverso il Pakistan a causa delle proteste contro i raid dei droni statunitensi (velivoli senza pilota) che metterebbero a repentaglio la sicurezza degli autisti. Torna dunque alla ribalta la questione dei droni che da tempo divide Washington e Islamabad. Secondo le autorità pakistane, i raid dei droni costituiscono una seria minaccia all’incolumità dei civili perché non garantiscono i cosiddetti «bombardamenti scientificamente mirati». Il Pentagono, dal canto suo, replica che — fatta ovviamente salva la volontà di non nuocere alla popolazione durante le operazioni militari — la strategia dei droni si è rivelata finora assai efficace nel colpire le postazioni dei talebani e nell’e l i m i n a re numerosi miliziani.
Sempre riguardo al Pakistan si segnala che ieri un commando armato ha assassinato, a Karachi, Allama Deedar Ali Jalbani, vice segretario dell’organizzazione sciita Majlis-e-Wahdat e Muslimeen.
Nell’attacco è stata uccisa anche la guardia del corpo del leader sciita.
La comunità sciita locale ha annunciato tre giorni di lutto.

Fonte: Osservatore Romano
4 dicembre 2013

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