Kenya, spiragli di dialogo?


Irene Panozzo, Lettera 22


La temutissima manifestazione dell’opposizione keniana ieri è stata annullata all’ultimo, mentre nel pomeriggio il presidente Kibaki ha detto di essere pronto a dialogare con le parti interessate. Qualche segnale d’apertura?


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Kenya, spiragli di dialogo?

La temutissima manifestazione dell’opposizione keniana, vietata dal governo e prevista per ieri mattina a Nairobi e in altre città del paese, non ha avuto luogo. È stata annullata per volere di Raila Odinga, il leader del Movimento democratico arancione (Odm) che l’aveva indetta, e rinviata in un primo tempo a martedì 8, poi a domani, infine forse a oggi. La decisione di Odinga ha di fatto disinnescato, quantomeno per ieri, una potenziale bomba a orologeria: all’Uhuru Park, il Parco della Libertà di Nairobi, era atteso un milione di suoi sostenitori in protesta per i risultati elettorali che hanno dato la vittoria al presidente uscente Mwai Kibaki.Gli scontri, in realtà, non sono mancati.

La decisione di annullare la manifestazione è arrivata dopo le 14 ora locale, ma durante la mattinata diverse centinaia di persone si erano già avviate dallo slum di Kibera, roccaforte dell’opposizione, verso il centro città, inneggiando alla pace e cantando l’inno keniano, ed erano state fermate da un folto schieramento di polizia, che ha usato lacrimogeni e idranti per disperdere la folla. Anche a Mombasa, seconda città e principale porto del Kenya, la manifestazione di ieri mattina si è svolta con qualche scontro ma senza che le cose precipitassero.

Sul piano umanitario, la situazione rimane però critica. La Croce Rossa keniana ha comunicato ieri il bilancio aggiornato di morti e sfollati. Secondo le stime dell’organizzazione, i morti sarebbero 350, migliaia i feriti, mentre gli sfollati e i profughi avrebbero raggiunto la quota di 100mila persone, il 70% nell’ovest del paese e il resto nei dintorni della capitale. Per far fronte alle loro necessità, ha specificato la Croce Rossa, sono necessari circa 5,5 milioni di euro. All’appello ha subito risposto il governo britannico, stanziando 1,3 milioni di euro in aiuti d’emergenza. Dagli slums della capitale, hanno avvertito ieri i vertici di AMREF, la principale organizzazione sanitaria africana che ha la sua sede mondiale a Nairobi, “arrivano notizie allarmanti: la gente è in fuga dalle case in fiamme e inizia ad avere veramente fame, perché mancano totalmente i beni di prima necessità”. Anche chi finora non ha preso parte alle violenze, quindi, potrebbe decidere di passare alla violenza.

Qualche spiraglio sembra però essersi aperto. Alle richieste avanzate da più parti mercoledì per una revisione del processo elettorale si è aggiunta ieri anche quella del procuratore generale del Kenya, Amos Waco, che ha chiesto un’indagine indipendente sullo spoglio dei voti che ha determinato la vittoria di Kibaki. Che dal canto suo ha risposto alla cancellazione della manifestazione da parte di Odinga dicendosi disposto “ad avere un dialogo con le parti interessate quando la temperatura politica sarà scesa abbastanza per un impegno costruttivo e produttivo".

L’apertura al dialogo del contestato presidente è giunta dopo un altro giorno di pressing diplomatico. Mentre il presidente del Ghana John Kufuor, presidente di turno dell’Unione Africana, ha cancellato il suo previsto viaggio in Kenya mantenendosi però in costante contatto telefonico con le parti, l’arcivescovo sudafricano Desmond Tutu, premio Nobel per la pace, ha avuto una serie di incontri a Nairobi per cercare possibili spazi di dialogo. Anche Ue e Usa continuano a premere per una soluzione negoziale. In un’intervista alla Reuters, George Bush ha detto che “è molto importante per i keniani non cedere alla violenza”. Condi Rice, invece, dopo aver parlato con Javier Solana, alto rappresentante per la politica estera europea, per lanciare un appello al dialogo, Condoleeza Rice ha telefonato a Kibaki, chiedendogli di trovare una soluzione alla crisi “con urgenza”, avviando “un dialogo che porti a una soluzione politica, qualunque sia, che metta fine alle violenze”.

Fonte: Lettera 22

L'articolo è uscito oggi 4 gennaio 2008 anche sui quotidiani locali del Gruppo L'Espresso

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