Kerry: La soluzione a due Stati è in pericolo
la Repubblica
Quella a uno Stato porta all’occupazione perpetua. Il capo della diplomazia Usa difende la decisione di astenersi dal voto durante il Consiglio di sicurezza Onu sulla condanna a nuovi insediamenti a Gerusalemme est. Netanyahu: “Discorso deludente, impaziente di lavorare con Trump”. Il neopresidente degli Stati Uniti: “Basta trattare Israele con disprezzo, resti forte, il 20 gennaio si avvicina rapidamente”.
“La soluzione di due Stati” per Israele e palestinesi è “in pericolo”. Il segretario di Stato Usa, John Kerry, durante il suo discorso al dipartimento di Stato, ha sottolineato come israeliani e palestinesi si stanno muovendo verso la soluzione a uno stato che molti non vogliono, “nonostante la contrarietà della maggioranza dell’opinione pubblica. Lo status quo punta a uno Stato, a una perpetua occupazione”. Per il capo della diplomazia “la soluzione dei due Stati è l’unico modo per garantire pace nel Medio oriente, per difendere gli interessi degli Usa nella regione” e per garantire la sicurezza dello Stato di Israele. “Se la scelta è uno Stato, Israele non può essere ebraico o democratico; non può essere entrambe le cose e non sarà mai davvero in pace”. E sottolinea che la pace non può essere imposta ma “è possibile solo tramite trattative dirette”.
Kerry è inoltre tornato sull’astensione degli Stati Uniti sul voto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu sulla risoluzione di condanna a Israele per nuovi insediamenti, respingendo le critiche di Israele e difendendo la decisione americana: “L’amicizia non significa che gli Stati Uniti devono accettare ogni politica. Gli amici si dicono la dura verità e si rispettano. Gli Stati Uniti hanno votato in linea con i loro valori”: la posizione assunta all’Onu è in linea con una soluzione di due Stati per la pace. “Le decisioni sugli insediamenti da parte di Israele sono guidate dall’ideologia e non sono correlati alla sicurezza del Paese” ha proseguito Kerry. L’espansione degli insediamenti non ha nulla a che fare con la sicurezza di Israele. I leader del movimento dei coloni sono motivati da imperativi ideologici che ignorano completamente le legittime aspirazioni palestinesi”. Gli Stati Uniti hanno consigliato ripetutamente al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu di interrompere la via dell’ulteriore espansione degli insediamenti, pena, poi puntualmente arrivata, la risposta delle Nazioni Unite.
Ha inoltre respinto le accuse su un possibile complotto dell’amministrazione Obama ai danni di Israele: “Non abbiamo messo a punto la bozza originale della risoluzione. Le accuse di Israele sono solo un diversivo”, riferendosi a quanto rivelato da un sito egiziano, secondo cui dieci giorni prima del voto all’Onu, Kerry e Susan Rice, consigliere per la Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, anticiparono a una delegazione palestinese che non avrebbero posto il veto sulla scelta ritenuta anti-israeliana. Secondo il documento pubblicato da “Al-Youm al-Sabea”, Kerry e la Rice incontrarono all’inizio di dicembre il segretario generale del Comitato esecutivo dell’Olp, Saeb Erekat, e Majed Faraj, capo del servizio di intelligence dell’Autorità Palestinese, e si accordarono per collaborare.
Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha definito “deludente” il discorso di Kerry. “Kerry ha fatto un discorso deludente e prevenuto verso Israele” ha detto Netanyahu. “Per più di un’ora è stato ossessionato dalla vicenda delle colonie e non ha toccato il problema reale: la resistenza palestinese ad uno Stato ebraico in qualsiasi forma”. Il premier si è detto “impaziente di lavorare con Trump”. Il magnate oggi aveva twittato: “Basta trattare Israele con disprezzo, aveva negli Usa un amico, ora non più”, così ha twittato. E ha aggiunto, sui delicati temi di politica estera: “L’inizio della fine è stato l’orribile accordo con l’Iran, e ora con l’Onu” aggiunge, invitando Israele a “restare forte, il 20 gennaio si sta avvicinando rapidamente”.
Per non acuire ulteriormente le tensioni tra Washington e Israele, il Comune di Gerusalemme ha cancellato il previsto voto di approvazione del piano edilizio per la costruzione di 618 nuove case proprio a Gerusalemme est. Secondo una componente del Comitato edilizio Hanan Rubin, citata dai media, la richiesta di annullamento verrebbe dall’ufficio del premier Benyamin Netanyahu che però non ha commentato. Secondo Rubin la decisione è stata presa anche per non aggravare le relazioni con gli Usa prima del discorso Usa sul conflitto in Medio Oriente. Nonostante questo stop, il municipio, nella stessa giornata, ha però approvato un piano per la costruzione di un palazzo di 4 piani a Silwan, quartiere a maggioranza araba, sempre nella parte est della città. Il progetto del nuovo edificio è stato promosso da Ateret Cohanim, una organizzazione di ebrei religiosi che si propone di incrementare la presenza ebraica a Gerusalemme est. Silwan è un quartiere prossimo alla città vecchia in cui in passato i palestinesi hanno denunciato l’afflusso di coloni, accusandoli di volerli spingere fuori dai loro quartieri.
Finora gli Usa avevano posto il veto in Consiglio di sicurezza altre 40 volte su risoluzioni critiche verso Israele e nel 2011 l’amministrazione Obama era invece ricorsa al veto contro il riconoscimento dello Stato palestinese in sede Onu: “Non spetta a noi decidere, ma al negoziato”.
Sullo sfondo, il gelo sull’Onu espresso da Donald Trump dopo il “non veto” alla risoluzione contro gli insediamenti. “Le Nazioni Unite hanno un potenziale così grande, ma al momento sono solo un club dove le persone si riuniscono, chiacchierano e si divertono. È così triste”, aveva twittato una settimana fa dalla sua villa di Mar-a-Lago, e ha aggiunto: “Per quanto riguarda l’Onu, le cose saranno differenti dopo il 20 gennaio”, giorno del suo insediamento alla Casa Bianca.
Rispetto ai tweet di Trump, Kerry in un’intervista alla Nbc, ha risposto: “Gli alleati degli Usa non saranno influenzati o intimiditi dai tweet di Donald Trump”.
Fonte: www.repubblica.it
28 dicembre 2016