Israele colpevole di apartheid
Michele Giorgio
Rapporto di Human Rights Watch sulla strutturale discriminazione dei palestinesi: «L’Aia indaghi». Tel Aviv: «Dati assurdi e falsi»
Dopo quattro udienze davanti alla corte militare di Ofer, l’ultima due giorni fa, nessuno sa ancora quale reato avrebbe commesso Juana Ruiz Sánchez, 62 anni, cooperante spagnola sposata con un palestinese cristiano, Elias Rismawi, e residente da 35 anni a Beit Sahour. Il 13 aprile è stata arrestata da soldati israeliani e i giudici hanno prorogato più volte la sua detenzione nella prigione di Hasharon.
Si vocifera che la procura militare la accuserà di aver riciclato fondi per il Fronte popolare, il partito principale della sinistra palestinese che Israele considera terrorista. E potrebbe restare in carcere fino a 75 giorni, senza che siano presentate formalmente delle accuse. A sostegno della sua liberazione immediata si sono schierate più di mille persone, tra cui scrittori, artisti, politici e funzionari pubblici spagnoli.
Anche queste forme di detenzione, con diritti limitati per gli arrestati, insolite per gli stranieri ma frequenti per i palestinesi sotto occupazione, rappresentano parte dei tasselli del mosaico che l’ong statunitense Human Rights Watch ha composto per scrivere le conclusioni inserite nel rapporto di 213 pagine pubblicato ieri.
«Una soglia superata: le autorità israeliane e i crimini di apartheid e persecuzione» (A Threshold Crossed: Israeli Authorities and the Crimes of Apartheid and Persecution) – che accusa Israele di aver commesso crimini di apartheid e persecuzione. Rapporto che segue quello diffuso, con le stesse accuse, qualche mese fa dalla ong israeliana B’Tselem.
Per la prima volta un grande organismo internazionale per i diritti umani muove tali accuse a Israele.
Secondo Human Rights Watch le autorità israeliane stanno commettendo «crimini contro l’umanità di apartheid e persecuzione» e applicano una politica di «mantenimento di dominio degli israeliani ebrei sui palestinesi».
Questa accusa, spiega Omar Shakir, direttore di Hrw per Israele e Palestina (espulso circa un anno fa da Israele) «è il risultato più netto che abbiamo raggiunto sulla condotta israeliana negli ultimi 30 anni in cui abbiamo documentato gli abusi sul campo». Ed è la prima volta che Hrw accusa direttamente i funzionari israeliani di crimini contro l’umanità. Nel rapporto si confrontano le politiche e le pratiche nei confronti di quasi sette milioni di palestinesi nei Territori occupati e all’interno di Israele con quelle riguardanti all’incirca lo stesso numero di ebrei israeliani che vivono nelle stesse aree.
Si sottolinea che oggi una singola autorità, Israele, governa l’intera area tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo privilegiando metodologicamente gli ebrei israeliani e reprimendo i palestinesi, in modo più severo quelli residenti in Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est.
L’ong americana invita la Corte penale internazionale (Cpi) a «indagare e perseguire in funzionari che sono credibilmente coinvolti» e contro di essi, senza nominarli, invoca sanzioni, tra cui divieti di viaggio e congelamento dei beni. «Voci importanti hanno ammonito per anni che l’apartheid si nasconde dietro l’angolo se la traiettoria del dominio di Israele sui palestinesi non cambia. Questo rapporto mostra che le autorità israeliane hanno già girato l’angolo» commenta Kenneth Roth, direttore esecutivo di Hrw.
La reazione delle autorità israeliane è stata immediata. Il rapporto, affermano, «è un libello di propaganda, privo di alcuna credibilità». Hrw, sostengono, «da tempo porta avanti la sua agenda al fine di promuovere il boicottaggio di Israele». Secondo il ministero degli esteri dello Stato ebraico queste accuse rientrerebbero nella «costante campagna di quella organizzazione a favore del movimento dei boicottaggio Bds» con l’utilizzo di dati «assurdi e falsi».
Applaudono i palestinesi secondo i quali Hrw definisce in maniera articolata «le politiche israeliane e le atrocità contro il popolo palestinese usando la giusta definizione per crimini e criminali». La diffusione del rapporto, avvertono, rappresenta «un test per verificare la determinazione della comunità internazionale a metter fine a tutte le forme di razzismo e discriminazione». Quindi esortano «il procuratore capo della Cpi ad indagare rapidamente sul crimine contro l’umanità di apartheid e persecuzione».
Michele Giorgio – Il Manifesto
28 aprile 2021