Infinita catena di morti sul lavoro


il Manifesto


Con la morte dell’operaio a la Spezia salgono a 256 le vittime da inizio anno.


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È davvero un bollettino di guerra, che purtroppo non concede tregua: dopo l’incidente di domenica scorsa alle Acciaierie venete di Padova – quattro lavoratori ustionati, di cui tre gravissimi – ieri una morte ai cantieri navali Antonini di La Spezia. Un operaio di 56 anni, Dragan Zekic, croato, è rimasto schiacciato da una lastra di cemento: l’infortunio ricorda purtroppo, sia per il luogo che per le modalità, quello avvenuto alla Fincantieri di Monfalcone qualche giorno fa, dove a perdere la vita – ugualmente sotto un blocco di cemento – era stato un ragazzo di soli 19 anni, Matteo Smoilis.

INIZIALMENTE SI ERA diffusa la notizia che a perdere la vita a La Spezia fossero stati in due, poi i carabinieri che stanno svolgendo le indagini hanno chiarito che a rimanere coinvolto è stato soltanto Zekic. L’uomo, dipendente di una ditta trevigiana in subappalto, stava lavorando all’ampliamento di una banchina. La lastra che lo ha investito e ucciso si sarebbe staccata da una gru.

Il cantiere spezzino del gruppo Antonini si occupa della realizzazione di impianti offshore per compagnie petrolifere, tra cui Eni, di costruzione di navi e di imbarcazioni da diporto. Si tratta di un’impresa attiva da oltre 40 anni, impegnata in opere di alto livello tecnologico e che, come spiega la stessa società, è da sempre attenta alla qualità e alla sicurezza: garanzie che però, in questo caso, sono evidentemente mancate, e si dovrà capire perché.

I SINDACATI DI LA SPEZIA hanno proclamato uno sciopero generale di otto ore, con l’idea di attuare una manifestazione e un presidio di protesta. Per Francesca Re David, segretaria generale della Fiom Cgil, l’inarrestabile catena di morti e feriti di questi giorni «non è responsabilità né dei lavoratori, né dell’imprevedibilità del caso: è l’ulteriore conferma che la precarietà del lavoro e il mancato controllo sul sistema degli appalti e dei subappalti produce tragedie continue».

Il bollettino è in effetti da guerra: secondo l’Osservatorio indipendente di Bologna sono già 259 i morti sul lavoro da inizio anno, che lievitano a oltre 450 se includiamo anche quelli in itinere (per strada, da casa al posto di lavoro). Da dieci anni il sito registra ogni tragedia sul lavoro, regione per regione, città per città: è una iniziativa avviata l’1 gennaio 2008 dal metalmeccanico in pensione Carlo Soricelli per ricordare i sette operai della Thyssenkrupp morti a Torino poche settimane prima.

I DATI UFFICIALI DELLE denunce di infortunio mortale presentate all’Inail registrano, per i primi tre mesi dell’anno, 212 morti sul lavoro: 22 in più rispetto alle 190 del primo trimestre 2017 (+11,6%). L’aumento ha riguardato esclusivamente gli incidenti in itinere (67 rispetto ai 43 del primi tre mesi del 2017), mentre gli infortuni sul luogo di lavoro hanno segnato una lieve diminuzione (passando da 147 a 145).

Nei dodici mesi del 2017 sono state oltre mille, precisamente 1.029, le denunce all’Inail di infortunio mortale sul lavoro: 11 in più (il +1,1%) rispetto alle 1.018 morti registrate l’anno prima. È un numero su cui hanno pesato le tragedie di Rigopiano e di Campo Felice, avvenute in Abruzzo a gennaio dello scorso anno; incidenti di tipo «plurimo», cioè con più vittime, che non sono mancati quest’anno: particolarmente funeste le settimane a cavallo tra marzo e aprile, che hanno visto morire in sequenza due vigili del fuoco a Catania, due portuali livornesi e due addetti della Ecb di Treviglio, tutti uccisi da deflagrazioni.

UN APPELLO A INTERVENIRE per fermare le morti – indirizzato al Parlamento, al prossimo governo e alle istituzioni preposte ai controlli – è venuto dai tre leader di Cgil, Cisl e Uil. Per Susanna Camusso, «si deve partire dai controlli, e negare gli incentivi pubblici a chi presenta indici di incidentalità». Il segretario Cgil Franco Martini invoca una «mobilitazione straordinaria del sindacato». Per Carmelo Barbagallo (Uil) «si devono inasprire le sanzioni» per le imprese inadempienti.

Antonio Sciotto

Il Manifesto

15 maggio 2018

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