In marcia da Perugia ad Assisi sul percorso del Gandhi italiano
Ansa
Capitini:”Noi dobbiamo dire ‘No’ alla guerra ed essere duri come pietre“. All’insegna della fratellanza fra i popoli la marcia di domenica come la prima edizione del 1961.
In testa, ad aprire quella prima Marcia per la pace e la fratellanza dei popoli, in una bella giornata, c'era una 500 con un altoparlante sul tettino. Subito dietro veniva Aldo Capitini, il filosofo pacifista, il Gandhi italiano, in giacca, cravatta e cappello – che della Marcia era stato l'ideatore e l'organizzatore – che portava il cartello: ''Nonviolenza = Unita' con tutti per sempre''. Poi il corteo.
Ricordi, foto, testimonianze restituiscono una partecipazione ordinata, quasi in fila indiana. Alcune migliaia di persone – qui i ricordi di 'chi c'era' saltano da tre mila a dieci mila, certamente piu' alla partenza da Perugia che all'arrivo ad Assisi – parteciparono a quella Marcia, il 24 settembre del 1961. E 50 anni dopo, il prossimo 25 settembre, di nuovo in cammino per la pace e la fratellanza dei popoli. ''Nell'idea di fratellanza dei popoli – scriveva allora Capitini – si riassumono i problemi urgenti di questo tempo: il superamento dello imperialismo, del razzismo, del colonialismo, dello sfruttamento: l'incontro dell'Occidente con l'Oriente asiatico e
con i popoli africani, la fratellanza degli europei con le popolazioni di colore; l'impianto di giganteschi piani di collaborazione culturale, tecnica, economica''.
Erano tempi, quegli anni, di guerra fredda e di sanguinosi conflitti: guerra d'Algeria, crisi in Medio Oriente, costruzione del Muro di Berlino, l'inizio dello scontro in Vietnam. ''La guerra – diceva Capitini – e' voluta, preparata e fatta scoppiare da pochi, ma questi pochi hanno in mano le leve del comando. Se c'e' chi preferisce lasciarli fare e non pensarci, divertirsi e tirare a campare, noi dobbiamo pensare agli ignari, ai piccoli, agli innocenti, al destino della civilta', dell'educazione, della progressiva liberazione di tutti. Noi dobbiamo dire 'No' alla guerra ed essere duri come pietre''. Intransigente, radicale, il Gandhi italiano. In questo clima comincia il lavoro di Capitini per organizzare la marcia, alla quale pensava da anni: nell'estate
del '60 l'idea ''prese un corpo preciso in riunioni apposite, che portarono alla formazione di un comitato d'iniziativa. La mia intenzione era che il gruppo d'iniziativa non fosse preminentemente di persone di partito. Sono un sostenitore del lavoro di aggiunta a quello dei partiti, che ritengo certamente utili in una societa' democratica, ma non sufficienti''. Cosi' nacque la Marcia da Perugia ad Assisi, la citta' ''di una bellezza ineffabile'' che ammirava in lontananza dalla sua casa sotto la torre campanaria di Palazzo dei Priori – il padre era ''modesto impiegato comunale e custode del campanile'' – e la citta' di Francesco, l'uomo che ''era andato a parlare con i Saraceni piuttosto che sterminarli nelle Crociate''.
Una foto, alla partenza del corteo, ritraeva Capitini con Norberto Bobbio. Fra i marciatori anche Pio Baldelli, Italo Calvino, Renato Guttuso. In quell'occasione fece la sua prima comparsa anche la bandiera della pace con i colori dell'arcobaleno che – sul modello di quella usata dai pacifisti anglosassoni – Capitini fece cucire da alcune donne perugine.
Alla fine la Marcia arrivo' alla Rocca di Assisi. I piu' giovani intonarono canzoni pacifiste, quindi il filosofo perugino lesse la mozione per la pace: ''Il popolo memore dei morti delle guerre, e delle immense ricchezze sottratte per esse allo sviluppo civile, impegnato a dedicare la pace al bene proprio e dei figli in un mondo aperto ai piu' alti valori della coscienza e della scienza, esige da tutti i governi di smobilitare la guerra fredda e di trattare immediatamente con animo di pace''.
Sulla sua lapide nel cimitero di Perugia – Capitini mori' il 19 ottobre 1968 nel capoluogo umbro, dove era nato il 23 dicembre 1899 – il suo amico Walter Binni, altro grande perugino, studioso e conoscitore come pochi di Leopardi, fece scrivere: ''libero religioso e rivoluzionario non violento''.
Fonte: Ansa, di Claudio Sebastiani
18 settembre 2011