Immigrazione: genocidio in mare e nel deserto


Vittorio Cristelli


Si parla di più di 200 emigrati, molti dei quali fuggiti dall’Eritrea per motivi politici, che volendo raggiungere l’Europa sono stati respinti e rinchiusi prima in un campo di detenzione e poi rilasciati in mezzo al deserto senza cibo né denaro per acquistarlo.


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Immigrazione: genocidio in mare e nel deserto

Rischia di non essere una raffigurazione blasfema quella del pittore Giuseppe Veneziano in mostra questi giorni a Milano. Raffigura una Madonna dal viso dolce e vagamente rinascimentale con in braccio un piccolo Hitler con baffetti, stivaloni, bandoliera e fascia con svastica. Se raffrontata con quanto sta avvenendo in Libia con gli emigrati eritrei può essere una denuncia sferzante all'Italia cattolica. Si parla di più di 200 emigrati, molti dei quali fuggiti dall'Eritrea per motivi politici, che volendo raggiungere l'Europa sono stati respinti e rinchiusi prima in un campo di detenzione e poi rilasciati in mezzo al deserto senza cibo né denaro per acquistarlo. L'alternativa per loro è o di ritentare la via dell'Europa con la prospettiva quasi certa di essere di nuovo respinti e messi in prigione o di ritornare in patria con la certezza della detenzione e dell'eliminazione fisica. E tutto questo in vigenza del trattato tra Italia e Libia in tema di respingimenti. Il Governo italiano, ministro dell'Interno Maroni in testa, da mesi sta vantando di essere riuscito a bloccare il flusso degli immigrati dal mare Mediterraneo, ma non dice nulla sulla sorte toccata a quei disperati in Libia.

Scrive il prof. Antonio Esposito dell'Università Orientale di Napoli nel libro A distanza d'offesa”: “Così finiscono gli uomini e le donne che non sbarcano più a Lampedusa: bloccati in Libia dall'accordo Roma-Tripoli, sono riconsegnati al deserto. Abbandonati sulla sabbia appena oltre al confine. A volte sono obbligati a proseguire a piedi. Altre volte si perdono. Cadono a faccia in giù, sfiniti, affamati, assetati, senza che nessuno trovi più i loro cadaveri”. E commenta: “L'Italia come l'Europa prova a costruire la sua fortezza. Le immateriali mura di recinzione sono erette con le carte, che fanno le leggi”.

Segnale significativo che in Libia non funziona la tutela dei diritti è stata la chiusura a Tripoli dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unchr), durata tre settimane. Ma la denuncia è venuta anche da Amnesty International che segnala la violazione della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e della Convenzione di Ginevra. Si son fatte sentire anche le Acli per bocca del loro presidente Andrea Olivero e la Federazione delle Chiese evangeliche in Italia parla di “successo della cultura della morte e della guerra”. Famiglia Cristiana poi ha paragonato questi respingimenti alla Shoah. Appunto: Hitler in braccio addirittura alla madonna!

Un lungo e articolato documento sui fenomeni repressivi che accompagnano l'immigrazione è stato elaborato dalla Conferenza degli Istituti missionari italiani (CIMI) intitolato “Non possiamo tacere”. Vi si parla di “xenofobia montante”, di “razzismo istituzionale” e di “nuovi lager”. In tema di respingimenti i missionari italiani, ricordando le loro esperienze pastorali in Africa, dicono espressamente che “buona parte di questi immigrati sono rifugiati politici che hanno diritto all'asilo”. Sui morti in mare citano un servizio del giornalista trentino Giampaolo Visetti che su “Repubblica” di cui è inviato speciale scriveva recentemente: “Dal 2002 al 2008 sono morte 42 mila persone, 30 immigrati al giorno, ingoiati dal mare davanti alla fortezza Europa”. I missionari citano pure il Sinodo africano svoltosi a Roma nell'ottobre dell'anno scorso in cui è stato detto che “gli africani continueranno a venire in Europa con tutti i mezzi anche a prezzo di morire nel deserto o per mare, finché l'equilibrio economico e ambientale tra Africa e resto del mondo non verrà ristabilito da chi ne è responsabile e cioè l'Occidente”.

E qui torna in mente quanto diceva Berthold Brecht: “Fermerete con difficoltà il fuoco; fermerete con maggior difficoltà l'acqua; ma non fermerete l'uomo. Perché ha un difetto: pensa”. A pensare però dovrebbero essere anche i credenti in Cristo che con lo straniero si è identificato.

Fonte: www.unimondo.org
15 Agosto 2010

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