Il volto violento dell’estremismo somalo
Enzo Nucci
La Somalia rischia di uscire dall’agenda delle priorità della comunità internazionale per trasformarsi nella principale enclave africana di Al Qaida e degli estremisti islamici. L’omicidio di massa della giovane Aisha ce lo ricorda drammaticamente.
Aisha aveva 23 anni. La testa era coperta da un velo verde mentre il volto era nascosto sotto un panno nero.
L’hanno trasportata nello stadio di Chisimaio, città portuale a sud ovest di Mogadiscio, a bordo di un furgone. Hanno scavato una fossa e l’hanno calata dentro. Ad assistere alla lapidazione un centinaio di spettatori.
La ragazza all’inizio non ha fatto resistenza, poi -quando ha capito che non sarebbe scampata ad un drammatico destino- ha urlato,cercando di liberare dai legacci le mani ed i piedi. Un parente, mosso a compassione, si è messo a correre verso di lei ma le guardie islamiche non hanno esitato ad aprire il fuoco uccidendo un bambino.
Aisha è morta sotto i colpi di centinaia di pietre. E’ stata condannata alla lapidazione per adulterio. Ma i suoi parenti protestano. Al processo non era presente l’uomo con cui avrebbe avuto i rapporti sessuali contestati né i quattro testimoni previsti dalla legge coranica.
Chisimaio infatti dallo scorso agosto è governata dai duri delle corti islamiche che applicano la sharia, la legge islamica. Erano almeno due anni che in Somalia non si eseguivano lapidazioni, una pena in vigore anche in altri paesi (Iran, Pakistan, Nigeria, Yemen, Arabia Saudita) ma dove la moratoria è rispettata da anni.
Ma in Somalia non è così. In questo paese senza leggi continuano a scontrarsi gruppi per il controllo del territorio. Anche le corti islamiche (che hanno governato il paese da giugno a dicembre 2006) sono profondamente divise al loro interno tra falchi e colombe, duri e disponibili al dialogo. L’occupazione etiopica non ha fino ad ora portato alcun risultato. I duri delle corti rischiano di prendere il sopravvento sulle colombe. Tutto il sud del paese è controllato dal gruppo degli Shebab, i giovani, ritenuto il braccio armato di Al Qaida nel paese.
Proprio quella di oggi è una giornata particolarmente sanguinosa. Una ventina i morti in vari attacchi (alcuni anche suicidi). Particolarmente grave l’attentato nella regione semiautonoma del Somaliland dove l’obiettivo erano gli uffici dell’ Onu.
Impotente la comunità internazionale che non è in grado di fermare l’escalation di questa violenza, limitandosi alla sola condanna. Ma del resto in queste stesse ore si sta consumando la tragedia nel nord Kivu, regione settentrionale della Repubblica Democratica del Congo, dove addirittura il generale spagnolo dei caschi blu si è dimesso per la mancanza di mezzi a disposizione per difendere la popolazione civile dalla violenza di esercito regolare e guerriglieri.
A Nairobi e’ in corso una riunione dell’Igad (l’organizzazione su regionale per lo sviluppo dell’Africa Orientale) sui destini della Somalia. Sono presenti tutti i 250 deputati del parlamento somalo. Ma gli auspici non sono dei migliori perché da due giorni non si fa altro che litigare. E’ fortemente in discussione la figura del presidente del governo federale di transizione Abdullah Yussuf, accusato di aver favorito gli esponenti del suo clan nell’affidamento di incarichi di responsabilità. Da più parti viene chiesto ad Abdullah Yussuf di lasciare l’incarico, in cambio di un comodo esilio in un paese di suo gradimento. Ma il vecchio militare (che ha subito anche un trapianto di fegato dopo anni trascorsi nelle prigioni di Siad Barre) non molla.
La Somalia rischia di uscire dall’agenda delle priorità della comunità internazionale per trasformarsi nella principale enclave africana di Al Qaida e degli estremisti islamici.
L’omicidio di massa della giovane Aisha ce lo ricorda drammaticamente.
Fonte: Articolo21
29 ottobre 2008