Il Sudafrica di Zuma
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Elezioni storiche nel Paese di Mandela, caratterizzate dalla probabile ascesa al potere di un’opposizione politica più seria e robusta delle precedenti. L’analisi di padre Efrem Tresoldi, missionario comboniano.
In 23 milioni sono stati chiamati alle urne per un’elezione storica che, per la prima volta dal 1994, mette in discussione il potere assoluto dell'African National Congress (Anc). Il partito di Jacob Zuma rimane il favorito, ma quasi certamente non otterrà i due terzi della maggioranza e non sarà più dunque legittimato a modificare la Costituzione del Paese più grande e importante dell’Africa australe. La nuova opposizione è costituita dal Congress of the People (Cope), nato il 16 dicembre da una scissione interna del partito di Nelson Mandela. Da un’unica e indiscussa coalizione al potere si passa dunque al bipartitismo (o anche tripartitismo?). L’aspettativa è di un’opposizione politica più seria e robusta di quelle precedenti, che sottragga al partito al potere la completa e scontata sudditanza della popolazione. Un’opposizione che renda l’Anc più responsabile delle proprie azioni. Una democrazia ha bisogno di dialettica interna. La portata storica dell’appuntamento si respira nell’aria.
Un'elezione storica
Si tratta dell’elezione più partecipata, caratterizzata da una campagna elettorale non priva di contrasti politici e di tensioni inediti per il Sudafrica post-apartheid. In molti hanno paventato che il Sudafrica rimanga uno Stato a partito unico e dove questo e’ accaduto in altri Paesi del Continente si è imposta la dittatura. Preoccupazioni in tal senso ci sono state per alcune prese di posizione di Zuma, personaggio controverso nonostante nei suoi confronti sia caduta ogni accusa di corruzione e frode. Di recente Zuma ha più volte messo in discussione la supremazia della Corte costituzionale con battute che fanno capire che un suo potere incontrastato potrebbe mettere in gioco il sistema giudiziario, che è uno dei pilastri della democrazia di un Paese. Si teme anche per la libertà di stampa, oggi tutelata da una legge nazionale che vacilla di fronte ad alcune dichiarazioni pubbliche del candidato dell’African National Congress, cui va comunque riconosciuto il merito di avere contribuito a traghettare il Paese fuori dal segregazionismo.
Il monito (e il sostegno) di Mandela
Nelle ultime settimane è stato proprio Nelson Mandela a richiamare il partito di cui è fondatore alle sue responsabilità storiche: la lotta contro la povertà e la costruzione di una società unita, non razziale. Il premio Nobel per la Pace, eroe della lotta contro l’apartheid, che si era sempre tenuto a distanza dalle scaramucce politiche tra Anc e Cope, nelle ultime settimane ha partecipato due volte a comizi di Zuma: una presa di posizione chiara a favore dell'African National Congress.
La strada che imboccherà il ‘Paese arcobaleno’ è importante anche sul fronte della crisi internazionale, il cui contraccolpo si è già fatto sentire: l’aumento della disoccupazione al 35-40 per cento è un dato allarmante. E non è ancora finita. Manca un sistema sociale in grado di assistere chi perde il lavoro e chi si ammala, e di garantire l’istruzione in uno Stato in cui il 4 per cento della popolazione vive sotto la soglia di povertà. Ma la posta in gioco di queste elezioni non è soltanto il progresso del Sudafrica: sul piatto c’è il progresso dell’intero continente.
Padre Efrem Tresoldi, missionario comboniano ex direttore di Nigrizia, da vent’anni in Sudafrica. Oggi dirige a Pretoria la rivista WorldWide.
Fonte: OngAgiMondo
Editoriale aprile 2009