Il Senato approva la Finanziaria. Sconfitta la Cdl, ma l’Unione perde pezzi
Claudia Fusani - unita.it
Dopo anni la manovra è stata licenziata senza ricorrere alla fiducia: 161 sì, 157 no. Prodi: "I conti si fanno a fine legislatura. Siamo entrati in una nuova fase della politica". Gli avvisi di sfratto al governo di Bordon e Dini. "Superare l’attuale quadro politico perché questo governo non è adatto a realizzare le politiche necessarie al Paese".
Alla fine, quando alle 22 e 35 sul tabellone elettronico dell'aula di palazzo Madama la Finanziaria viene licenziata con 161 voti a favore e 157 contrari, più che il vincitore è chiaro chi è lo sconfitto. Non è esatto dire che hanno vinto governo e maggioranza. E' più esatto dire che ha perso Silvio Berlusconi. Dopo mesi di annunci e di campagna acquisti, sono fallite spallate e implosioni. Lo si capisce dai banchi dell'opposizione da dove piovono coriandoli di carta e fogli bianchi, urla e rabbia. E dalla foga con cui il senatore azzurro Viceconte cerca il contatto fisico con il senatore dell'Ulivo Mario Gasbarri, entrambi a mala pena trattenuti dai commessi.
Romano Prodi cerca l'abbraccio con Tommaso Padoa-Schioppa e poi con il sottosegretario D'Andrea prima di sfilarsi dall'aula e presiedere il consiglio dei Ministri straordinario che deve approvare le variazioni della spesa di bilancio e il bilancio, il passaggio tecnico che licenzia la manovra. Anna Finocchiaro, protagonista di un intervento in cui ha accusato l'opposizione di "corruzione di senatori" e che sancisce "la fine della politica delle spallate e il ritorno, d'ora in avanti, alla primazia della politica vera", raccoglie complimenti e gratitudine, ma soprattutto vuole stringere le mani della senatrice a vita Rita Levi Montalcini, 94 anni, rimasta sempre in questi giorni e questa sera fino all'ultimo a fare il suo dovere.
Dini: l'ultimo avviso al governo Prodi – Ma sulla maggioranza in festa rimbombano pesantissime le parole con cui il senatore Lamberto Dini ha chiuso le dichiarazioni di voto: "Proseguiremo con determinazione nella nostra iniziativa politica liberaldemocratica con l'obiettivo di superare rapidamente l'attuale quadro politico poichè il governo che ne è espressione non appare adatto a realizzare le politiche necessarie per invertire la tendenza al declino economico e civile del paese". Ecco, il Senato ha licenziato la Finanziaria, "97 articoli, 716 votazioni – ricorda la Finocchiaro – in nove giorni senza mai ricorrere alla fiducia". Ma in quali condizioni? E a quale prezzo? Soprattutto, cosa succede adesso? Nelle prossime settimane, entro la fine dell'anno, la maggioranza è chiamata ad approvare decreto fiscale e protocollo sul welfare che dovranno tornare a Palazzo Madama dalla Camera; dovrà approvare definitivamente la Finanziaria che tornerà qui in terza lettura; e poi il decreto sicurezza. Insomma, molte prove, tutte ravvicinate. E ognuna rischia di essere decisiva per la tenuta del governo. A quel punto, con chi voteranno i liberaldemocratici di Dini, Scalera e D'amico? E con chi l'Unione democratica di Willer Bordon e Roberto Manzione?
Dini: "Non ho tolto la fiducia a questo governo, valuteremo di volta in volta" – Le domande che rovinano la festa dell'Unione sono esattamente queste. Il discorso di Dini – due pagine e mezzo – le pone in modo chiaro, senza ombre. Quello che è chiaro è che mai i diniani salteranno il fosso per andare con la Cdl. Dopo l'aula Lambertow arriva alla buvette. Senatore, lei pensa a un nuovo governo in questa stessa maggioranza? A un'ipotesi di governo tecnico? "No, ho detto che questo governo e questa maggioranza non sono in grado di superare questa crisi. Lo dicono i numeri: in un anno il governo ha dimezzato i consensi". Quindi ha tolto la fiducia? "Non ho detto neppure questo, valuteremo di volta in volta, saranno le forze politiche a determinare come uscire da questa situazione". Mani libere, quindi, d'ora in avanti. Perché stasera i diniani hanno votato "una Finanziaria che presenta molte fragilità seguendo l'etica della responsabilità". Ma dal prossimo voto, la decisione sarà presa "sulla base dell'etica dei principi" che stasera, ad esempio, avrebbero spinto verso un voto negativo.
Avviso di sfratto anche da Bordon – Prima di Dini ha preso la parola per Willer Bordon. Anche dall'Unione dei democratici arriva un avviso di tempo scaduto al governo Prodi. "Il nostro sarà un voto favorevole – dice Bordon – ma nello stesso tempo vogliamo sottrarci ad una ridicola conta che oggi ha portato l'opinione pubblica a giudicare il risultato di quest'aula come una sorta di giudizio di Dio. Passa la finanziaria ma non cambia la nostra valutazione sulla fragilità del sistema politico". Per Bordon esiste al massimo "una maggioranza aritmetica" ma, avverte, "non avrebbe più senso continuare se non si riesce ad affrontare e a colmare le distanze che in una coalizione come la nostra sono diventate su alcuni terreni al momento incolmabili".
Pallaro e Fisichella, i primi seguaci – Il discorso di Dini ha colpito nel segno. Il senatore eletto in sud america Luigi Pallaro dichiara appena uscito dall'aula: "Potrei aderire al gruppo di Dini". Domenico Fisichella, anche lui orfano di partito, non esplicita ma intorno a lui molti hanno raccolto aperture alla posizione di Dini.
Prodi soddisfatto – Il premier è contento ma non esulta. Non potrebbe farlo. In aula non ha incrociato il saluto con Dini. E anche con Bordon c'è stata freddezza. Così si limita a due osservazioni. La prima: "I conti si fanno a fine legislatura. Sono tranquillo. La manovra approvata oggi è di grande successo. Nei prossimi mesi arriveranno i frutti. Non ho dubbi che siamo entrati in una nuova fase della nostra politica. Adagio, adagio, si vedranno i frutti del buongoverno". La seconda: "La finanziaria è stata votata senza la fiducia, è un risultato molto positivo. Un grande successo".
Cossiga ruba la scena – Ci ha pensato il presidente emerito a rallentare un po' la tensione prima del voto. Arrivato in aula alle 22 in tempo per il voto, Cossiga "ruba" la parola a Anna Finocchiaro. Non parla di finanziaria perchè "come mi fu insegnato anni fa i bilanci sono tutti falsi". Si dilunga invece sulla battaglia
di Balaclava "dove 600 cavalieri, nella guerra con la quale il Regno di Sardegna acquistò un posto nel concerto delle Nazioni europee, furono tutti sterminati dal fuoco nemico. Tranne il comandante che qui non c'è" e si guarda intorno in cerca, forse, di Berlusconi. "Ma voi – conclude Cossiga – siete entrati nella valle della Morte e nessuno dimenticherà il vostro disperato e disperante coraggio".
Fonte: www.repubblica.it
16 novembre 2007