Il pantano e la Tv: se ne può uscire


Santo Della Volpe - articolo21.org


Discutere di cultura in Italia, dentro una libreria e tra pareti coperte di volumi, fa molto piacere, è invitante. Quando poi a parlare sono autori di cinema, attori, sceneggiatori, scrittori e giornalisti, l’atmosfera diventa subito molto calda.


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Il pantano e la Tv: se ne può uscire

…Nel pantano che contraddistingue oggi la proposta culturale della televisione italiana, al punto da dover contare come eccezioni, quei programmi che dovrebbero invece caratterizzare la norma qualitativa della concorrenza televisiva, ogni scintilla di discussione diventa subito un fiume di esperienze (quasi sempre negative), di riflessioni sul ruolo degli autori e degli “attori”, in senso lato, dei programmi e dell’informazione.

Accade così che la riflessione sulla qualità della creatività nel nostro paese, finisca quasi sempre per scontrarsi con l’obbiettiva “empasse” del sistema produttivo, dove il vorrei ma non posso della Rai, finisce quasi sempre per adeguarsi agli standard qualitativi medio bassi della televisione commerciale: la complessità dell’intreccio di interessi,troppi dei quali in conflitto palese, tra politica e televisione, finisce per deprimere non solo l’informazione, ma anche la produzione di fiction,documentari, intrattenimento, scesi a livelli spesso troppo bassi per uno standard europeo. E contro questo degrado emerge però una grande carica creativa di chi vorrebbe fare una televisione nuova, intelligente e “pulita”,solo se avesse la fiducia e le briglie sciolte da parte dei dirigenti televisivi e di chi controlla il flusso di soldi e potere.

Troppo chiaro,nella sua brutalità, è apparso a tutti il ruolo e la visione della Tv e della RAI in particolare,nella testa di dirigenti aziendali e politici emersi dalla intercettazione tra Saccà e Berlusconi,recentemente pubblicata con grande scandalo da “Repubblica” .SI può discutere molto sulle maglie del segreto istruttorio di una inchiesta della magistratura: ma certamente lo scandalo vero è stato il contenuto di quella intercettazione,il modo con cui è stata trattata la politica,la Rai, gli autori che vi lavorano,chi fa informazione e chi fa la Fiction e, soprattutto,la donna,usata come merce di scambio per particine televisive in cambio di voti contrari al governo nella Camera più alta del paese, il Senato. Ma dietro la brutale rappresentazione di questo mercimonio e modo d’intendere la televisione, c’è anche altro: un grumo di potere e di interessi che governa il sistema di programmazione ,deciso fuori dai centri produttivi, con relative spese e contratti; il sistema dell’Auditel che dirige le offerte al pubblico,unicamente quindi con una logica commerciale mentre la qualità resta, se c’è, sempre in secondo piano; l’acquisto di Format dall’estero o da società specializzate,mortificando quel che resta della creatività interna: il ruolo decisivo dell’informazione televisiva nel dare dell’Italia una immagine troppo spesso deformata e politicamente orientata verso questo o quello schieramento (sempre di più verso uno dei due, a dire il vero).

Tutto questo è molto discutibile in qualsiasi televisione privata o commerciale: ma è inaccettabile in una televisione pubblica,dove il criterio della qualità della produzione e dell’offerta al pubblico dovrebbe essere il cervello ed il motore del lavoro quotidiano.

Eppure, ma forse proprio per questo, esiste oggi la possibilità di mettere in campo quelle forze che vogliono cambiare rotta: dai registi ed autori che hanno visto la deriva della Tv pubblica come pericolosa per il futuro,non solo della produzione cinematografica e di sceneggiati tv,ma per l’intera cultura italiana che modellata dalla televisione, perde di qualità complessiva: dagli autori ed attori di teatro che vedono come il pubblico apprezzi sempre di più il loro lavoro (se è vero come è vero che i biglietti di teatro hanno superato in vendite gli ingressi negli stadi di calcio….),ma che rischiano di vedersi relegati in una nicchia a torto considerata poco attraente perché ritenuta non influente dal punto di vista della formazione della mentalità diffusa: dai giornalisti che non vedono l’informazione uscire dai legami con poteri forti e politica e dall’uso,troppo spesso strumentale, della cronaca nera (ad esempio,ma non solo…) per fini di condizionamento dell’opinione pubblica, un giornalismo troppe volte “guidato” che vuole dettare l’agenda politica sulla base di interessi economici ben precisi: dai rappresentanti di quell’associazionismo di base e dalla “società civile” che vede nell’informazione e nella Tv pubblica il luogo di confronto ,sempre troppo negato, per far crescere quelle iniziative di solidarietà e di civiltà (si pensi solo all’anno peri diritti umani che si è appena aperto…) che possono contrastare la perdita di identità collettiva che avanza nel nostro paese, investendo la scuola e le istituzioni vicine ai cittadini .

Esiste un punto di snodo per il cambiamento culturale in questo paese: la legge Gentiloni, quella sul sistema radiotelevisivo e quella sulla RAI, che arrancano faticosamente nel dibattito parlamentare. E’ a questo appuntamento che registi,autori,attori,associazionismo e giornalisti guardano ora per mettere in campo la loro forza,uniti su obiettivi comuni: per sostenerne l’iter e per evitarne lo snaturamento,per far capire ai legislatori ed al Parlamento che il mondo della cultura vuole vedere un cambiamento all’orizzonte, partendo dalla Rai ,sganciandola dalla politica e legandola di più alla produzione culturale ed ai cittadini che la vedono quotidianamente, alla scuola ed alla rappresentazione della vita quotidiana . Vogliamo raddrizzare la lente sinora deformata,essere specchio reale della società e della “fantasia” di genti diverse e popoli a confronto, non stanza di specchi deformati ad uso del “grande fratello” (quello di Orwell,va da sé…). E per farlo,partendo dagli incontri di questi giorni, vogliamo arrivare ad una piattaforma di pochi ma importanti punti che rilancino la spinta al raggiungimento di questa legge (come chiesto sin dall’inizio da Articolo21 ed altre associazioni), primo passo per un manifesto culturale nuovo dell’Italia. Per questo parleremo alle istituzioni ed al governo,per questo vogliamo organizzare un confronto ampio,pubblico e senza reticenze con governo e forze politiche interessate .

Saremo “il vostro sostegno o il vostro incubo” ha detto (e qui scritto) il regista Daniele Luchetti. E più forte e vasta sarà la platea della cultura che ora parla e spinge, più forte sarà quel sostegno o quell’incubo per chi oggi deve togliere le distorsioni dal nostro sistema informativo e culturale.

Fonte: Articolo21

13/01/2008

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