Il nemico è lo straniero. Sempre. Nel piccolo come nel grande
Daniela de Robert
A Oslo l’esplosione della bomba nel centro della città ha evocato subito il pensiero dell’11 settembre. L’estremismo islamico era arrivato anche nella tranquilla Norvegia, si è pensato.
È successo a Erba, piccolo paese in provincia di Como, nel 2006. Il responsabile di un massacro così orribile non poteva che essere uno straniero. Anche Erika la minorenne che uccise a coltellate la mamma e il fratellino insieme a un amico si è nascosta dietro a questa accusa: Sono entrati in casa dei rapinatori – aveva detto ai vicini di casa dove era fuggita – e avevano un accento straniero. Forse erano albanesi.
Era la soluzione migliore. Il nemico veniva da fuori. La lega organizzò una fiaccolata per il giorno dopo, salvo poi fare marcia indietro quando la verità venne a galla: l’orco, l’assassino non veniva da fuori ma era uno di noi.
A Oslo l’esplosione della bomba nel centro della città ha evocato subito il pensiero dell’11 settembre. L’estremismo islamico era arrivato anche nella tranquilla Norvegia, si è pensato. Punita per la sua partecipazione alla missione Nato in Afghanistan, e ai raid aerei su Tripoli, per la ripubblicazione delle vignette su Maometto che avevano provocato manifestazioni di protesta nel mondo arabo. Lo confermava una rivendicazione di un gruppo jihadista sconosciuto che minacciava l’Europa. Poi c’è stata la strage all’isola di Hutoya, forse presa sottogamba dalla sicurezza troppo impegnata a chiudere le frontiere e a sospendere Schengen per fermare la minaccia straniera. Con l’arresto di Breivik, l’uomo che ha ucciso 85 ragazzi, inseguendoli uno a uno per colpirli, e che ha organizzato anche dell’attentato a Oslo, la verità è emersa nella sua crudezza. Il nemico era uno di noi. Un giovane norvegese, in questo caso. Una persona nata e cresciuta nel ricco paese del Nord Europa. Uno di noi che forse si era alimentato della paura dello straniero, dell’odio verso chi viene a ucciderci, rubarci il lavoro, riempire le nostre scuole con bambini che neanche parlano la nostra lingua.
Come Erika, anche Breivik, ha tentato di far ricadere la colpa sullo straniero. Gli immigrati per i delitti e l’islam per il terrorismo sono i capri espiatori ideali.
La verità che è emersa è difficile da digerire. In fondo, la teoria del conflitto di civiltà è più accettabile. Ma non è così.
Forse dobbiamo reimparare a leggere la realtà, a capire il mondo che ci circonda, le sue dinamiche, le sue paure, i suoi orrori. E forse anche la stampa deve fermarsi a riflettere sul modo in cui racconta i fatti, sugli stereotipi e i pregiudizi di cui è prigioniera, sulle semplificazioni estreme che trasformano in caricatura una realtà ben più complessa di quanto non pensiamo.
Fonte: Articolo21
25 luglio 2011