Il Kissinger di Arcore
Zvi Shuldiner
Silvio Berlusconi in Israele: sarà interessante vedere dove si collocherà il punto di equilibrio fra le sue parole e la discussione che avrà con un governo israeliano sempre più impegnato ad appesantire le pressioni su un importantissimo partner commerciale dell’Italia qual è l’Iran di Ahmadinejad.
Arriva un vero amico del governo di Israele, come ribadisce in una lunga intervista pubblicata da Haaretz. Uno screditatissimo premier italiano che sarà ricevuto da uno screditatissimo ministro degli esteri israeliano, Avigdor Lieberman, e poi incontrerà a Gerusalemme uno screditato premier israeliano, Benjamin Netanyahu.
Andiamo con ordine. Sono screditati – forse – sulla scena internazionale e in larghi settori dell’opinione pubblica liberale. Ma in realtà arriva qui un popolarissimo premier italiano, di un’Italia in cui si manifestano sintomi espliciti di razzismo e fascismo che hanno portato di recente a diversi incidenti a sfondo xenofobo. Lo riceverà un ministro degli esteri molto popolare e molto razzista che lo condurrà a un molto popolare primo ministro che abbonda in dichiarazioni demagogiche mentre si
fa sempre più grave l’occupazione israeliana, continua la costruzione di insediamenti coloniali e il processo di pace, al di là delle dichiarazioni di facciata, è paralizzato. Arriverà in una Gerusalemme dove il governo israeliano va avanti con la sua politica di spoliazione dei palestinesi che perdono le loro case per far posto ai coloni ultrà.
Nella situazione internazionale assai nebulosa in cui ci troviamo, può essere che Berlusconi appaia come uno statista equilibrato che arriva dopo aver fatto alcune dichiarazioni che di certo non sono piaciute ai suoi amici nel governo israeliano. Berlusconi ha risposto per iscritto alle domande di Haaretz, il più serio e prestigioso quotidiano di Israele. Dopo che sono state pubblicate sul numero di domenica, lunedì il giornale ammoniva il governo israeliano «ad ascoltare i consigli di un amico». Berlusconi arriva preceduto da alcune affermazioni che fanno ricordare i suoi predecessori democristiani e Bettino Craxi.
Mentre la sinistra italiana non è entrata nella storia per la sua politica estera e ha cercato di tergiversare sui problemi reali, la Dc, Craxi e ora Berlusconi si dimostrano più coscienti degli ampi interessi reali dell’Italia in Medio Oriente e per questo, in generale, hanno adottato una politica più equilibrata.
Negli ultimi anni il commercio italiano con l’Iran ha superato gli otto miliardi di euro. Più di mille compagnie italiane fanno affari con la Repubblica islamica, ciò che converte l’Italia nel primo partner commerciale europeo dell’Iran. La Fiat (attraverso la Iveco), l’Eni, l’Ansaldo e molte altre sono una realtà che di certo non può essere trascurata dal capo del governo italiano, che per di più vanta una rapporto molto amichevole con il russo Vladimir Putin, altro esponente di una linea che non è necessariamente quella di Barack Obama nella regione.
Le dichiarazioni di Berlusconi hanno avuto qui una grande ripercussione perché non si è limitato a riferirsi ai palestinese ma ha anche toccato alcune vacche sacre di Israele.
Con grande erudizione Berlusconi cita Kissinger, che disse che la guerra in Medio Oriente non è possibile senza l’Egitto e la pace senza la Siria. Per cui il premier italiano si approssima ai francesi e ai turchi e afferma esplicitamente che per arrivare alla pace siro-israeliana bisogna restituire le alture del Golan alla Siria.
Come se non bastasse, Berlusconi dice agli israeliani, «con una mano sul cuore, come un amico sincero», che la politica di Israele rispetto agli insediamenti è sbagliata e costituisce un serio ostacolo al processo di pace.
In questi giorni tristi per le prospettive di una soluzione pacifica del conflitto, le parole di Berlusconi suonano un poco meglio di quelle, ad esempio, di un Tony Blair. Tuttavia è necessario leggerle in un contesto più generale, pieno di florilegi retorici. Berlusconi, come Blair, vuole mostrare di essere cosciente e impegnato nella grande lotta contro il terrorismo internazionale, di capire il passato e Auschwitz (deve esseresi dimenticato dei suoi positivi commenti sul passato italiano: «con Mussolini non ci furono esecuzioni di ebrei»…, vero, perché il buon Duce li spedì ad Auschwitz).
Berlusconi sembra avere altrettanto bisogno di questa visita in Israele quanto ne aveva a suo tempo Gianfranco Fini. Fini si appoggiò alla visita in Israele per liberarsi del suo passato fascista e recuperare una collocazione internazionale più accettabile. Berlusconi, lo stesso che ha parlato di un Obama «abbronzato», che ha perso ogni credito per via della corruzione e dei presunti vincoli con la mafia, delle note storie sulle sue feste, le prostitute e gli scandali, di un dominio senza precedenti in Occidente sui mezzi di comunicazione, ha forse la necessità di ripulire la sua immagine e crede di poter ottenere in Israele – dove inizierà la sua visita con una puntata a Yad Vashem, il museo dell’olocausto – un visto di buona condotta per poi potersi muovere più a suo agio negli Stati uniti e in una Europa che lo vede più come un pagliaccio molesto che come uno statista rispettabile.
In questi tre giorni di visita, sarà interessante vedere dove si collocherà il punto di equilibrio fra le sue parole di questi ultimi giorni e la discussione che avrà con un governo israeliano sempre più impegnato ad appesantire le pressioni su un importantissimo partner commerciale dell’Italia qual è l’Iran di Ahmadinejad.
Fonte: il Manifesto
2 febbraio 2010